« Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: “Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte » (Mc 1,40-45).
La lebbra può essere ormai considerata come una malattia sostanzialmente vinta nei nostri paesi sviluppati. Anche se rimane ancora tanto da fare in altre aree culturali, come ci ha insegnato con il suo generoso impegno e la sua schietta denuncia il grande Raoul Follerau (1903-1977). Non mancano però anche da noi stati patologici che conducono ad un terribile isolamento, come l’AIDS e la depressione. La lebbra è una malattia che deturpa orribilmente la persona e porta con sé un rifiuto della convivenza civile. Essa è come l’espressione corporea di quell’intimo sentimento di impurità che accompagna l’esperienza dell’uomo caduto nel peccato.
Il peccato spesso causa un senso intimo di vergogna e di indegnità, di cui spesso la persona non è neppure cosciente, o addirittura respinge da sé con un ostentato atteggiamento di indifferenza o di esasperato “orgoglio”. Il lebbroso qui ricorre a Gesù chiedendogli non di essere guarito, ma “purificato”, di poter cioè finalmente essere sottratto all’isolamento a cui lo condanna l’impurità legale ed essere infine accolto nella comunità di coloro che possono lodare Dio. L’intima vergogna prodotta dal peccato, produce infatti un sentimento di abbandono. Il peccatore si sente isolato da Dio, impossibilitato a rivolgersi a lui.
Il Demonio utilizza gli stati patologici dell’uomo, sia fisici che psicologici, per convincerlo che Dio lo ha abbandonato, che non ha senso che lui si rivolga a Dio, perché ne è assolutamente ed evidentemente indegno. Lo porta così al rifiuto di Dio, alla rabbia nei confronti di Dio e di quelli che credono in lui, che interpreta astutamente come un rifiuto da parte di Dio, una rabbia di Dio nei confronti di lui peccatore. Dio lo considera uno “scarto”, come lo considerano gli altri uomini e come lui stesso si considera… In realtà Dio ama gli “scarti” (« Ne ebbe compassione »), anzi è venuto in questo mondo proprio per loro. Aiutiamo i peccatori a pregare, convincendoli che non è vero che ne sono incapaci. Risvegliamo in loro il desiderio nascosto di farlo, quel desiderio che Satana si sforza di soffocare. In fondo anche qui diventa evidente che ogni annuncio del Vangelo è un esorcismo…
Facciamoci portatori della Misericordia di Gesù; portatori convinti, perché l’abbiamo sperimentata e continuiamo a sperimentarla nella nostra vita. Chi accoglie la Misericordia, non può non annunciarla gioiosamente agli altri. « […] egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia » (Tt 3,5).