Nota introduttiva a Il caso Venezuela
Continua a essere drammatica la situazione in Venezuela, dove è in corso un conflitto che oppone il governo, sostenuto dall’esercito, al popolo, che si riconosce politicamente nei diversi partiti dell’opposizione e che viene sostenuto e aiutato materialmente soprattutto dalla Chiesa cattolica, da sempre — ma soprattutto in questo particolare momento storico — il vero baricentro della nazione. In qualche modo si sta manifestando una situazione simile a quella della Polonia del 1979, quando un popolo intero accolse entusiasticamente Papa san Giovanni Paolo II (1978-2005) così di fatto isolando il regime comunista, che reagirà con un colpo di Stato nel 1981 mettendo fuorilegge Solidarnosc, il sindacato operaio nato dalla visita pastorale del Pontefice.
Il 5 luglio, in occasione della tradizionale cerimonia per la festa dell’indipendenza del Venezuela, che risale al 1811, centinaia di militanti chavisti hanno invaso la sede dell’Assemblea Nazionale, dove la maggioranza dei parlamentari fanno parte dell’opposizione al governo di Nicolàs Maduro, l’attuale capo dello Stato, successore di Hugo Chavez (1954-2013). Il Presidente di questa Assemblea, Julio Borges, ha letto il manoscritto originale della dichiarazione di indipendenza e subito dopo, quando i giornalisti stavano uscendo dalla sede parlamentare, i militanti chavisti che erano all’esterno hanno sparato razzi traccianti e fumogeni e hanno attaccato fisicamente i parlamentari e i commessi dell’Assemblea Nazionale.
Il 16 luglio si è svolto un referendum popolare indetto dall’Assemblea Nazionale, cioè il Parlamento, per «[…] per chiedere ai cittadini se sono favorevoli o contrari all’organizzazione di un’Assemblea costituente come quella annunciata dal Presidente Maduro» (1) per il 30 luglio, con la quale il governo ha intenzione di modificare la struttura costituzionale del Paese di fatto attribuendo al potere esecutivo un controllo totale del potere legislativo. Oltre sette milioni di venezuelani si sono recati alle urne, anche all’estero, e hanno espresso la loro volontà di non cedere al tentativo del governo di sostituire l’attuale sistema politico rappresentativo con un regime dittatoriale e tendenzialmente totalitario.
Molto determinate e circostanziate le affermazioni del card. Diego Rafael Padrón Sánchez, presidente della Conferenza Episcopale Venezuelana, che ha dichiarato «delinquenziale e, ancor di più, demenziale» l’attacco al Parlamento, mentre ha condannato l’iniziativa del governo di indire un’Assemblea Costituente «senza consultare la libera opinione del popolo in maniera diretta e universale, mediante un previo referendum consultivo» (2), che poi è quello indetto dalle opposizioni per il 16 luglio. Tale Assemblea, ha detto il prelato, «verrà imposta con la forza e i suoi risultati saranno la costituzionalizzazione di una dittatura militare, socialmarxista e comunista, la permanenza illimitata dell’attuale governo al potere, l’annullamento dei poteri pubblici costituiti, specialmente dell’Assemblea nazionale che rappresenta la sovranità popolare, l’aumento della persecuzione e dell’esilio degli oppositori al sistema politico dominante nonché l’ampliamento delle possibilità di esercitare la corruzione per governanti e subordinati» (3).
Nonostante ciò, il 30 luglio hanno avuto luogo, senza la partecipazione delle opposizioni e con evidenti brogli, le votazioni per l’Assemblea Costituente, insediatasi il 4 agosto: un’Assemblea con poteri illimitati e durata sconosciuta, per scrivere una nuova Costituzione e riformare lo Stato, sostituendo di fatto il Parlamento, eletto democraticamente.
Purtroppo, nelle settimane successive, le opposizioni parlamentari hanno accettato di partecipare alle elezioni regionali indette dall’Assemblea Costituente per i prossimi mesi, di fatto legittimandola davanti al Paese e al mondo, dopo che la resistenza popolare nelle piazze aveva indotto diversi Stati americani e non a rifiutarsi di riconoscere il «colpo di Stato» operato dal governo Maduro. Questo cedimento ha demoralizzato i venezuelani che erano scesi in piazza e ha provocato così la cessazione delle proteste pubbliche, almeno fino alla data di chiusura di questo numero di Cristianità.
Note:
(1) L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 7-7-2017.
(2) Ibid., 10/11-7-2017.
(3) Ibidem.