di Michele Brambilla, del 22 gennaio 2018
L’Angelus recitato domenica 21 gennaio da Papa Francesco in Plaza de Armas a Lima, nel corso del viaggio apostolico in Cile e Perù, addita come modelli due santi latinoamericani di primo piano, san Turibio da Mongrovejo (1538-1606) e san Martino de Porres (1579-1639).
Il primo è noto come il “san Carlo delle Americhe” poiché, in quelle terre di allora giovane evangelizzazione, fu l’esecutore perfetto dei decreti del Concilio di Trento (1545-1563), tanto che morì nel corso di una visita pastorale, pratica antica rivitalizzata e rafforzata proprio dalla Riforma cattolica. Il secondo rappresenta la reale situazione di meticciato che si venne a creare nelle colonie ispaniche a differenza di quelle di matrice inglese protestante: era infatti figlio di un nobile spagnolo e di una serva africana trapiantata nel Nuovo Mondo. Entrambi attinsero alla tradizione tomista, uno direttamente (Turibio si formò nell’Università di Salamanca), l’altro attraverso la mediazione dell’ordine religioso scelto (Martino fu fratello coadiutore domenicano).
Le loro reliquie, come quelle di altri santi meno noti, sono conservate nella cattedrale di San Giovanni evangelista a Lima, visitando la quale il Pontefice ricorda che la Chiesa è fondata sulla testimonianza fino al martirio degli Apostoli. Ogni Chiesa locale ha i propri santi, che hanno dato la vita affinché il Vangelo si radicasse in quei luoghi.
Come il Santo Padre ha detto durante la preghiera dell’ora media con le religiose contemplative al santuario del Señor de los Milagros, sempre a Lima, «ascoltiamo le parole di San Paolo, ricordandoci che abbiamo ricevuto lo spirito filiale che ci rende figli di Dio (cfr Rm 8,15-16). Queste poche parole condensano la ricchezza di ogni vocazione cristiana: la gioia di saperci figli» tramite la mediazione dei fratelli e dei particolari carismi donati dallo Spirito, che sono sempre per la missione. I santi insegnano che nel mondo di deve «essere l’amore! È saper stare accanto alla sofferenza di tanti fratelli e dire con il salmista: “Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo” (Sal 117,5)».
Queste esortazioni non riguardano solo i consacrati. Infatti all’Angelus di domenica sono rivolte anche ai laici, che in certi ambienti in cui si trovano a vivere sentono maggiormente la pressione dei poteri mondani. Il Papa sa che «[…] possono venire pensieri negativi», che «[…] ci sono tante situazioni che ci vengono addosso e sembra che noi rimaniamo fuori dal mondo; sembra che ci stiano vincendo. Ma non è così, vero?». Il Signore Gesù ha riportato una vittoria irreversibile sul male e sulla morte, pertanto il cattolico è costitutivamente un uomo di speranza anche mentre la Rivoluzione preme con le sue mille lusinghe.
«Non dimenticatevi dei santi che dal cielo ci accompagnano; rivolgetevi a loro, pregate e non stancatevi di chiedere la loro intercessione. I santi di ieri ma anche di oggi: questa terra ne ha molti, perché è una terra riempita di santità. Cercate l’aiuto, il consiglio di persone che voi sapete sono buone […], perché i loro volti esprimono gioia e pace. Fatevi accompagnare da loro e così andate avanti nel cammino della vita». Il messaggio è rivolto in particolare ai giovani: «non datevi per vinti, non perdete la speranza!». C’è Chi per loro ha già vinto.