Et et: si tratta di una caratteristica intrinseca del cristianesimo, che significa tenere insieme le parti di una cosa sola, senza contrapporle dialetticamente. E’ il diavolo che cerca di contrapporre e dividere, le razze, le classi, le nazioni, sfruttando la debolezza dell’uomo dopo il peccato originale e la sua propensione a dialettizzare.
E’ questa la prima cosa che mi ha colpito della prolusione del card. Bassetti al Consiglio permanente della Cei di lunedì 22 gennaio:
«abbiate cura, senza intermittenza, dei poveri e della difesa della vita. Sono due temi speculari, due facce della stessa medaglia, due campi complementari e non scindibili. Non è in alcun modo giustificabile chiudere gli occhi su un aspetto e considerare una parte come il tutto».
Benché pronunciate al termine della prolusione, queste parole sono forse quelle che impegnano maggiormente per il futuro il mondo cattolico italiano. La contrapposizione nasce molti anni fa, dopo il Sessantotto, quando la predilezione per i poveri, certamente evangelica e costante nella storia della Chiesa, venne strappata dal contesto e usata come una «rivendicazione sociale». Il card. Bassetti usa proprio queste parole, come a volere smentire l’interpretazione che invece allora determinò una stagione politica costellata dalla presenza di “cristiani per il socialismo” e che fu all’origine di un fenomeno culturale che tendeva a unire ideologia marxista e cattolicesimo e che diventerà la base del tentativo di “compromesso storico” fra Dc e Pci.
Oggi il mondo è profondamente cambiato. All’epoca delle ideologie è seguita quella del tentativo di modificare l’umano, arrivando all’ideologia del gender. Ma sono rimasti, anzi dopo la crisi del 2008 sono aumentati i poveri. Il Presidente dei vescovi ricorda il dramma della disoccupazione, soprattutto giovanile, («Il lavoro è dunque una priorità ma è soprattutto una vera emergenza sociale. Un’emergenza resa ancora più impellente dai dati relativi alla disoccupazione giovanile»), ma senza dimenticare le famiglie («Un altro dato che inquieta è quello relativo alla condizione di povertà assoluta delle famiglie – si parla di oltre un milione e mezzo – con un aumento di ben il 97% rispetto a dieci anni fa»).
In questo nuovo clima la difesa della vita e della famiglia sono diventate centrali, senza peraltro escludere l’attenzione ai poveri, anzi quell’opzione preferenziale per i poveri che la Chiesa ha sempre praticato.
Et et dunque, stando attenti a non contrapporre né a dialettizzare, come purtroppo avviene.
Naturalmente il card. Bassetti non ha detto solo queste parole. «Ricostruire, ricucire, pacificare» sono le tre parole attorno alle quali ha sviluppato le sue riflessioni: restituire speranza, con riferimento ma non solo ai terremotati, ricucire la comunità ecclesiale e l’Italia divisa da un «rancore sociale» di cui ha parlato anche l’Istat e quindi bisognosa di pacificazione.
A questo proposito il Presidente dei vescovi ha ricordato le leggi razziali del 1938 e l’affermazione del candidato della Lega alla guida della Regione Lombardia che ha espresso il timore della scomparsa della “razza bianca”. Vale la pena ricordare che il razzismo cosiddetto scientifico è una ideologia nata nel pieno della modernità ed è una malattia che colpisce un corpo sociale nella misura in cui quest’ultimo perde la convinzione, dettata dal cristianesimo, circa l’uguale dignità di ogni persona, pur nella sua peculiare unicità. Quindi il razzismo non solo è un’ideologia anticristiana, ma si sviluppò nell’età moderna parallelamente al venire meno del cristianesimo nella vita pubblica delle nazioni. Questo valga anche a fronte di reazioni maliziose e scomposte dopo una frase infelice e fuori contesto. Il problema dell’immigrazione, infatti, viene affrontato nel discorso di Bassetti ricordando che i poveri «appartengono alla Chiesa “per diritto evangelico” come disse Paolo VI nel discorso di apertura della II sessione del Concilio Vaticano II. In virtù di questo “diritto evangelico” – e non certo in nome di una rivendicazione sociale – ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e compassione».
Ultimo tema, le prossime elezioni politiche. La Chiesa non è un partito come ovviamente ricorda il cardinale e si rivolge a tutte le forze politiche non per negoziare ma per dialogare in vista della costruzione del bene comune.
E quando quest’ultimo viene contraddetto, come nel caso della recente approvazione parlamentare della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, la Chiesa italiana non tace e interviene con il Presidente dei suoi vescovi, anche se troppo tardi per cercare di fermare la legge: «ci preoccupa la salvaguardia della speciale relazione tra paziente e medico, la giusta proporzionalità delle cure – che non deve mai dar luogo alla cultura dello scarto –, la possibilità di salvaguardare l’obiezione di coscienza del singolo medico e di evitare il rischio di “aziendalismo” per gli ospedali cattolici».
Marco Invernizzi, 24 gennaio 2018
festa di San Francesco di Sales