di Michele Brambilla
Il Vangelo della IV domenica del Tempo ordinario (cfr. Mc 1, 21-28), con le insistenti domande sulla natura di Cristo, indirizza lo sguardo sul mistero centrale della fede cristiana, mentre la prima lettura (cfr. Dt 18, 15-20) anticipa, rispetto alla forma straordinaria del rito romano, il parallelismo Cristo-Mosè, un tempo assegnato alla IV domenica di Quaresima. Quella corrente sarebbe infatti, secondo il calendario antico, la domenica di Settuagesima, che celebra Cristo “nuovo Adamo” e propone una correlazione numerologica tra i decenni di esilio del popolo ebraico a Babilonia (587-538 a.C.) e i 70 giorni che mancano alla Pasqua.
A ogni modo, l’attenzione si appunta, spiega Papa Francesco all’Angelus di domenica 28 gennaio, proprio su Gesù, che è «[…] presentato come profeta potente in parole e in opere», ricollegandosi a quanto preconizzato dal Deuteronomio: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me» (Dt 18, 15), una espressione da sempre interpretata come un passo cristologico.
Le opere di Cristo manifestano che Egli è ben più di un profeta. Continua infatti il Pontefice: «[…] Gesù si rivela potente anche nelle opere. Nella sinagoga di Cafarnao c’è un uomo posseduto da uno spirito immondo, che si manifesta gridando queste parole: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!» ([Mc 1,] 24). Il diavolo dice la verità: Gesù è venuto per rovinare il diavolo, per rovinare il demonio, per vincerlo. Questo spirito immondo conosce la potenza di Gesù e ne proclama anche la santità». L’esorcismo che segue suscita nei presenti la domanda «ma, chi è mai questo? […] Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (Mc 1, 27). Se l’interrogativo è posto con reale apertura al Mistero, si è nell’anticamera della fede.
Come afferma il Santo Padre, «Gesù ci comunica tutta la luce che illumina le strade, a volte buie, della nostra esistenza; ci comunica anche la forza necessaria per superare le difficoltà, le prove, le tentazioni». Il Papa esemplifica deprecando «[…] la dolorosa notizia della terribile strage terroristica compiuta nella capitale Kabul, con più di cento morti e numerosi feriti». Il terrorismo trova terreno fertile in una società e in una cultura, come quella afgane, che non hanno conosciuto Cristo. «Pensiamo a quale grande grazia è per noi aver conosciuto questo Dio così potente e così buono! Un maestro e un amico, che ci indica la strada e si prende cura di noi, specialmente quando siamo nel bisogno».
Chi non si fonda su Cristo non fa del bene neppure all’uomo, insomma: è un messaggio molto forte, che scende su piazza San Pietro proprio la mattina in cui giunge la tradizionale Carovana della Pace, organizzata dall’Azione Cattolica romana. Spesso anche in molti ambienti cattolici si trasmette un’idea di pace astratta e utopistica. La Madonna sprona, invece, ad ascoltare «[…] la parola più autorevole che ci sia: quella del suo Figlio Gesù, che annuncia il senso della nostra esistenza e ci libera da ogni schiavitù, anche da quella del Maligno», causa di tutte le guerre e di tutte le divisioni.