di Michele Brambilla
Durante la Messa del giorno di Pasqua, il 1° aprile, Papa Francesco ha abbandonato il testo scritto per svolgere una omelia a braccio, che segue lo schema tipicamente gesuita dei “tre punti”.
Il primo è che «[…] il nostro Dio è il Dio delle sorprese» fin dalla creazione: le pie donne, il primo giorno dopo il sabato, si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù e si trovano davanti all’annuncio che rivoluziona davvero la storia: il Signore è risorto!
La resurrezione di Cristo ‒ questo è il secondo punto ‒ è l’evento centrale della fede cristiana e «le sorprese di Dio ci mettono in cammino, subito, senza aspettare». Chi se la prende un po’ con calma è l’apostolo Tommaso, ma «[…] il Signore è buono, lo aspetta con amore»: anche lui si trasformerà in missionario instancabile.
Il terzo e ultimo punto è una domanda: «E io?». Cosa possono fare i credenti di fronte alla Risurrezione? Potrebbero per esempio riconsiderare il mondo alla luce del progetto di Dio e trasformare l’annuncio pasquale nel lievito di un’umanità nuova, come hanno fatto gli apostoli in ogni angolo della Terra che hanno raggiunto.
Ecco allora il Pontefice rinnovare, dalla loggia centrale di San Pietro, il rito della benedizione Urbi et Orbi, che vuole proprio essere un augurio rigenerante rivolto persino alle nazioni più sperdute e disastrate. Spiccano i riferimenti alla Siria, «[…] la cui popolazione è stremata da una guerra che non vede fine», al Medioriente («frutti di riconciliazione invochiamo per la Terra Santa, […] affinché il dialogo e il rispetto reciproco prevalgano sulle divisioni e sulla violenza. Possano i nostri fratelli in Cristo, che non di rado subiscono soprusi e persecuzioni, essere testimoni luminosi del Risorto e della vittoria del bene sul male») e al Venezuela, il cui popolo «[…] vive in una specie di “terra straniera” nel suo stesso Paese» perché il regime socialcomunista soffoca ogni libertà.
Pensando a un altro Paese comunista, la Corea del Nord, il Papa formula i migliori auspici affinché «[…] i colloqui in corso promuovano l’armonia e la pacificazione della regione. Coloro che hanno responsabilità dirette agiscano con saggezza e discernimento per promuovere il bene del popolo coreano e costruire rapporti di fiducia in seno alla comunità internazionale».
In generale «frutti di saggezza invochiamo per coloro che in tutto il mondo hanno responsabilità politiche, perché rispettino sempre la dignità umana, si adoperino con dedizione a servizio del bene comune e assicurino sviluppo e sicurezza ai propri cittadini».