Il significato del verbo “benedire” è “dire-bene”: Dio ha pronunciato la sua benedizione sul mondo fin dalla creazione, ed è un dono che non viene meno neppure davanti al peccato dell’uomo. Un’udienza che ricorda come il Signore cerchi sempre ogni spiraglio per infondere la sua Grazia nel cuore di ogni uomo e indurlo alla conversione e quindi alla pace del cuore.
di Michele Brambilla
«Oggi», afferma Papa Francesco all’inizio dell’udienza generale del 2 dicembre, «ci soffermiamo su una dimensione essenziale della preghiera: la benedizione». Come si legge nella Bibbia, «nei racconti della creazione (cfr Gn 1-2) Dio continuamente benedice la vita, sempre. Benedice gli animali (Gn 1,22), benedice l’uomo e la donna (Gn 1,28), infine benedice il sabato, giorno del riposo e del godimento di tutta la creazione (Gn 2,3)». Il mondo, quindi, è benedetto dal Signore fin dalle origini, ma anche gli uomini possono benedire: «Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio».
Il verbo latino benedicere è scomponibile in due parti: l’avverbio “bene” e il verbo “dicere” (dire). «All’inizio del mondo», ripete il Pontefice, «c’è dunque Dio che “dice-bene”, bene-dice, dice-bene. Egli vede che ogni opera delle sue mani è buona e bella, e quando arriva all’uomo, e la creazione si compie, riconosce che è “molto buona” (Gn 1,31)», ma «da lì a poco quella bellezza che Dio ha impresso nella sua opera si altererà, e l’essere umano diventerà una creatura degenere, capace di diffondere nel mondo il male e la morte». Il Papa ricorda, in proposito, l’atroce martirio a cui furono sottoposte, il 2 dicembre 1980, Mariknoll Ita Ford, Maura Clarke, Dorothy Kazel, tutte suore missionarie americane, e la consacrata laica Jean Donovan nella temperie della guerra civile in El Salvador (1979-92).
Il peccato e la morte non riescono, però, ad avere nel mondo l’ultima parola, perché «la grande benedizione di Dio è Gesù Cristo, è il gran dono di Dio, il suo Figlio» venuto nel mondo a redimerlo con la Sua morte e risurrezione. Il Papa cita il cantico di Ef 1,3-6: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato». La vittoria pasquale di Cristo fa si che «non c’è peccato che possa cancellare completamente l’immagine del Cristo presente in ciascuno di noi. Nessun peccato può cancellare quell’immagine che Dio ha dato a noi. L’immagine di Cristo. La può deturpare, ma non sottrarla alla misericordia di Dio», che è più forte di ogni male.
«Un peccatore può», forse, «rimanere nei suoi errori per tanto tempo, ma Dio pazienta fino all’ultimo, sperando che alla fine quel cuore si apra e cambi. Dio è come un buon padre e come una buona madre, anche Lui è una buona madre: non smettono mai di amare il loro figlio, per quanto possa sbagliare, sempre». Il Papa pensa alle madri che attendono pazientemente di incontrare il proprio figlio in carcere: «tante mamme in fila per entrare e vedere il loro figlio carcerato: non smettono di amare il figlio e loro sanno che la gente che passa nel bus pensa “Ah, questa è la mamma del carcerato”. Eppure non hanno vergogna di questo, o meglio, hanno vergogna ma vanno avanti, perché è più importante il figlio della vergogna». Dio non si vergogna mai di noi, ci aspetta sempre per donarci, ancora una volta, la benedizione originaria.
Giovedì, 3 dicembre 2020