di Silvia Scaranari
Il periodo che stiamo vivendo è chiamato dalla Chiesa Cattolica «Tempo pasquale». È il tempo in cui continuiamo a vivere nella gioia della Resurrezione che ci ha liberati dal peccato, offrendoci la possibilità della salvezza eterna. È un periodo propizio alla riflessione sulla vera natura della vita cristiana e proprio per questo il Santo Padre ha iniziato un ciclo di catechesi incentrato sui punti fondamentali dell’essere di Cristo, iniziando dal sacramento del Battesimo.
La vita cristiana non può essere comprata o pretesa, ma si riceve per grazia da Cristo, in virtù dello Spirito Santo, e per questo Papa Francesco, nell’udienza dell’11 aprile, ha sottolineato che «la Pasqua di Cristo, con la sua carica di novità, ci raggiunge attraverso il Battesimo per trasformarci a sua immagine: i battezzati sono di Gesù Cristo, è Lui il Signore della loro esistenza. Il Battesimo è il “fondamento di tutta la vita cristiana” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1213). È il primo dei Sacramenti, in quanto è la porta che permette a Cristo Signore di prendere dimora nella nostra persona e a noi di immergerci nel suo Mistero».
Il Battesimo riporta a un ordine esplicito da parte di Gesù che, prima di salire al Cielo, ha detto: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). È un’immersione nell’acqua per riemergere puri nella luce del Risorto. Quasi in tutte le religioni il passaggio nell’acqua riporta alla purificazione, ma quella del Battesimo cristiano non è l’acqua del Gange o di una qualche fonte speciale: è l’acqua che «[…] dà la vita» ‒ come recita il Credo ‒ perché il celebrante vi ha invocato lo Spirito.
A esso occorre prepararsi e per questo, fin dall’antichità, per gli adulti che desiderano accostarvisi esiste il catecumenato. Questo percorso non può essere però richiesto ai bambini, per cui al loro posto ci sono i genitori che s’impegnano a trasmettere, poco per volta, la luce della fede. Il Papa si chiede retoricamente perché allora battezzare i bambini. Non è forse meglio aspettare l’età adulta? No, perché vorrebbe dire non avere fiducia nello Spirito Santo che entra nel bambino e che lo fa crescere piano piano alla fede. Sottolinea il Papa «[…] chi ha ricevuto il Battesimo e va “cristificato”, assomiglia a Cristo, si trasforma in Cristo e lo rende davvero un altro Cristo».
Nell’udienza di mercoledì 18 aprile, il Pontefice ha voluto richiamare l’attenzione su alcuni gesti ricchi di significato che costituiscono la forma del sacramento. In primo luogo la richiesta del nome, che è importante perché identifica, indica la persona e Dio, che ama ognuno in modo unico, ci chiama per nome.
Il secondo gesto è il segno della croce che il sacerdote, e poi i genitori e i padrini, tracciano sulla fronte del battezzando. «Il segno della croce esprime il sigillo di Cristo su colui che sta per appartenergli e significa la grazia della redenzione che Cristo ci ha acquistata per mezzo della sua croce». Infatti, «cristiani si diventa nella misura in cui la croce si imprime in noi come un marchio “pasquale” (cfr Ap 14,1; 22,4)». Già in altre occasioni il Santo Padre ha sottolineato l’importanza del segno della croce e anche ora chiede con vigore d’insegnare ai bambini a fare bene questo gesto distintivo del cristiano, un segno che dovrebbe accompagnare ogni momento della vita quotidiana. «Fare il segno della croce quando ci svegliamo, prima dei pasti, davanti a un pericolo, a difesa contro il male, la sera prima di dormire, significa dire a noi stessi e agli altri a chi apparteniamo, chi vogliamo essere. Per questo è tanto importante insegnare ai bambini a fare bene il segno della croce. E, come facciamo entrando in chiesa, possiamo farlo anche a casa, conservando in un piccolo vaso adatto un po’ di acqua benedetta – alcune famiglie lo fanno».
L’udienza del 25 aprile estende quindi il discorso alla comunità ecclesiale, perché il sacramento indica sempre l’appartenenza a una realtà più grande. «Al fonte battesimale non si va mai da soli, ma accompagnati dalla preghiera di tutta la Chiesa, come ricordano le litanie dei Santi», perché il Battesimo non è un rito magico, bensì un dono dello Spirito Santo che rende capaci di lottare con le tentazioni del demonio.
Un segno speciale indica questa forza nella lotta: l’unzione con l’olio. Nell’antica Roma, chi lottava nell’arena veniva prima unto con olio per conferire elasticità ai muscoli e rendere più difficile la presa al nemico. «È faticoso combattere contro il male», sottolinea il Papa, «sfuggire ai suoi inganni, riprendere forza dopo una lotta sfiancante, ma dobbiamo sapere che tutta la vita cristiana è un combattimento. Dobbiamo però anche sapere che non siamo soli, che la Madre Chiesa prega affinché i suoi figli, rigenerati nel Battesimo, non soccombano alle insidie del maligno ma le vincano per la potenza della Pasqua di Cristo».
Non è facile vivere, non è facile soprattutto vivere da cristiani in un contesto in cui le virtù sono dileggiate e il cristiano è spesso additato come un fallito. Ma al filosofo nichilista tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), e ai suoi imitatori di oggi, che ancora scrivono “Dio è morto”, si può orgogliosamente cantare nel periodo pasquale “Dio è vivo” poiché «resurrexit sicut dixit» e dunque, con san Paolo, ripetere: «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).