Plinio Corrêa de Oliveira, Quaderni di Cristianità, anno I, n. 2, estate 1985
Nei giorni 26 e 27 aprile 1985 si è tenuta a Dallas, nel Texas, una riunione del consiglio direttivo dell’International Policy Forum, una associazione che raccoglie esponenti conservatori anti-socialcomunisti di tutto il mondo e di cui è presidente Morton Blackwell, consigliere speciale per tre anni del presidente Ronald Reagan ed esponente di primo piano della cosiddetta New Right, un movimento che abbraccia uomini politici dei due grandi partiti nordamericani oltre che leader dei più diversi gruppi sociali, e che ha avuto una parte di rilievo nel sostegno alla candidatura Reagan nel 1980.
Il professor Plinio Corrêa de Oliveira, presidente del consiglio nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, TFP, avrebbe dovuto partecipare di persona alla riunione in quanto membro del Board of Governors dell’International Policy Forum. Impossibilitato, ha fatto pervenire una relazione scritta. La traduzione del documento, dalla fotocopia del dattiloscritto originale in portoghese, è di Giovanni Cantoni.
Il titolo è redazionale.
Importanza decisiva delle opzioni religiose nel presente e nel futuro dell’America Meridionale
Salutando cordialmente gli illustri partecipanti all’International Policy Forum a Dallas, e in modo speciale il suo insigne e benemerito presidente Morton Blackwell, manifesto il mio dispiacere per il fatto di trovarmi nella impossibilità — come presidente del consiglio nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, TFP, messo di fronte alla critica congiuntura nazionale occasionata dalla morte del presidente eletto, dr. Tancredo Neves — di esporre personalmente a miei pari alcune considerazioni concernenti l’America Meridionale. Le mando, quindi, per iscritto.
I. L’America Latina nel mondo attuale
Sono convinto che questo grande blocco — per altro inseparabile dal tutto latinoamericano, che comprende anche l’America Centrale e il Messico — ha, nel mondo attuale, un peso molto maggiore di quanto immagina un considerevole numero di europei e di nordamericani, ancora influenzati da cliché e da abitudini mentali obsoleti.
1. Persistenza negativa dei vecchi cliché
Sono lontano dall’essere avversario sistematico di tutti i cliché e di tutte le abitudini mentali. Essi hanno la loro parte benefica nella continuità della elaborazione intellettuale e dell’agire umani.
Ma di quando in quando devono per forza essere aggiornati oppure sostituiti.
Sono certo che, per quanto si riferisce all’America Latina, la necessaria sostituzione — che sia, quindi, più ancora di un semplice aggiornamento — si sta facendo con ritardo.
Questo ritardo si spiega. Infatti l’attenzione dell’uomo contemporaneo è sollecitata in tutte le direzioni da aspetti sempre più gravi della crisi universale dei nostri giorni. Perciò, talora, egli non ha tempo per approfondire le tematiche sudamericane. D’altra parte, le trasmissioni dei mass media, spesso incomplete quanto agli accadimenti latinoamericani, oppure talora unilaterali nella loro valutazione, orientano abitualmente gli spiriti verso semplici elucubrazioni declamatorie, di carattere umanitario, notevolmente inframmezzate da demagogismo.
Senza fare in questa sede un elenco completo dei cliché e delle abitudini mentali concernenti l’America Latina, la cui sostituzione mi sembra necessaria e urgente, dico subito che i tre temi latinoamericani che compaiono con più frequenza nel notiziario internazionale — il problema delle monete delle nazioni dell’area, soprattutto dell’Argentina, del Brasile oppure del Messico; i rischi molto reali che l’occupazione del Nicaragua da parte del comunismo sandinista fa correre alla stabilità dell’America Centrale e dell’America Settentrionale, e lo stato di indigenza in cui versano notevoli settori della popolazione — sono ben lontani dal compendiare in sé tutti i ricchissimi aspetti della realtà in questa area del mondo e nelle nazioni che in essa fioriscono.
2. La faccia positiva della realtà
La realtà, infatti, ha anche un’altra faccia, cioè la faccia positiva. Perché qualcuno se ne renda conto, basta enumerare le risorse incalcolabilmente vaste, sulla terra e nel mare, di quasi tutta la zona, il processo di sviluppo che si va estendendo con passo sempre più celere in aree sempre più estese, in modo da fare già di molte città latinoamericane centri abitati esuberanti, in chiara espansione industriale e commerciale: per esempio, Buenos Aires, Rio de Janeiro, San Paolo e Città del Messico figurano oggi fra le città più importanti del mondo.
Tutto questo progresso si basa su una agricoltura razionalizzata, meccanizzata e in espansione, che sta invadendo vittoriosamente zone in altri tempi dominate in parte dalla apatia e dall’uso di metodi inefficaci e in parte assolutamente non dissodate dall’uomo, in modo tale che si può affermare che, già oggi, il blocco latinoamericano è destinato a costituire una grande potenza con proiezione mondiale e a emergere agli albori del secolo XXI.
3. Un aspetto positivo, di speciale importanza per il futuro: l’unità latinoamericana
Parlo in questo momento dell’America Latina come di un solo blocco, dal punto di vista non soltanto geografico, ma anche etnico, culturale e storico. Il Portogallo, dal quale procede il Brasile, e la Spagna, dalla quale procedono tutte le altre nazioni dell’America Latina, costituiscono in Europa un solo tutto etnico e culturale, con un lungo periodo di passato storico comune. E questo fatto ha influenzato profondamente le colonie americane di queste nazioni, più o meno come la derivazione britannica, etnica e culturale, si fa sentire tanto negli Stati Uniti come nel Canada inglese.
A questo si aggiungono altri validi fattori di concordia. Quasi tutti i paesi latinoamericani dispongono ancora di vasti spazi interni non occupati nei quali espandersi, il che rende non attuali tutte o quasi tutte le questioni di confine tra essi; e le mutue competizioni economiche sono lontane dall’essere acute come quelle fra altre nazioni.
È molto importante notare, inoltre, che tutti i popoli latinoamericani sono cattolici romani, in conseguenza della stessa eredità iberica. Le grandi correnti immigratorie del secolo XIX sono state costituite, in modo molto rilevante, da popoli cattolici, come gli italiani e i siro-libanesi, del che, a sua volta, ha beneficiato l’unità religiosa del blocco.
Così si può affermare come motto latinoamericano — con enfasi oratoria un poco esagerata — il principio «tutto ci unisce e niente ci divide»; il che, in ogni caso, si potrebbe dire molto difficilmente, con uguale aderenza alla realtà, di altre grandi aree della terra.
È importante aggiungere che questo carattere cattolico romano si è conservato in America Latina con un tono specificamente iberico di profondo attaccamento alla Santa Sede e alle autorità ecclesiastiche locali.
Ecco dunque esposte alcune fra le principali ragioni per le quali è importante per lo studioso di problemi contemporanei conoscere la posizione latinoamericana davanti all’alternativa comunismo-anticomunismo.
II. A partire dagli anni Quaranta i metodi di espansione comunista si sono modificati
1. Le vie di espansione del comunismo fino agli anni Quaranta
Da Marx fino agli anni Quaranta, quando è terminata la seconda guerra mondiale, il comunismo si è servito di due vie di espansione più o meno simultanee:
a. il proselitismo dottrinale, consistente nella propaganda aperta e chiara della critica di Marx al sistema capitalistico e del regime socio-economico — totalitario e finalmente anarchico — da lui propugnato;
b. l’assalto al potere con la violenza, concretizzata ora in attentati terroristici contro individui, ora in rivoluzioni sociali. Tutto questo destò come contraccolpo una «reazione uguale e in senso contrario», dal momento che in questi termini si può qualificare, in un certo modo, la revanche nazionalsocialista e fascista.
2. La tattica comunista dopo la seconda guerra mondiale
Dopo la seconda guerra mondiale, la tattica comunista ha subito importanti modificazioni:
a. assume molto maggiore importanza la espansione imperialistica, non soltanto bellica ma, in modo sempre più rilevante, anche politica, economica e culturale;
b. quanto alla espansione bellica, essa continua a svolgere un ruolo considerevole, ma, nella misura del possibile, ha dissimulato il suo carattere di «crociata contro la Croce» con motivazioni «patriottiche» geopolitiche, economiche e di altro tipo;
c. il proselitismo ideologico esplicito continua, ma un poco attenuato. In generale, i popoli liberi si manifestano immuni a esso;
d. le ideologie vicine al comunismo, nelle quali questo si incuba per circolare più facilmente, assumono una importanza preponderante nell’azione proselitistica, che usa le correnti «vicine» servendosi del loro carattere proselitistico propedeutico, soggiacente e implicito. Alla propaganda comunista esplicita — alla quale la grande maggioranza delle popolazioni si mostra sempre più avversa — sarà poi più facile reclutare le persone preparate in questo modo;
e. la tattica di infiltrazione nelle organizzazioni non comuniste diventa sempre più sofisticata e viene applicata molto ampiamente, con l’aiuto degli «utili idioti» e dei «compagni di strada» e con la utilizzazione di artifici come la «tattica del salame», la «caduta delle barriere ideologiche» e la «distensione»;
f. «utili idioti» e «compagni di strada», dislocati artatamente in posti e in ambienti direttivi della società borghese, svolgono talora, accanto a una azione proselitistica difficilmente valutabile, anche un’altra forma di attività. Sia in settori politici che militari, universitari, propagandistici, religiosi o altri, riescono a mettere in circolazione, in momenti decisivi, «informazioni» e «consigli» insidiosamente adattati alle convenienze di Mosca, a suggerire manovre che ridondino in un insuccesso per il mondo libero oppure a trasmettere alle comparse comuniste la conoscenza di fatti importanti;
g. la pressione di certi ambienti propagandistici e politici di sinistra e, benché meno frequentemente, di certe personalità oppure di certe correnti che affermano contraddittoriamente di essere di centro o di destra, porta gli Stati e le economie pubbliche e private ad assumere, con gradualità sempre più rapida, forme più statalistiche, con cui si vanno avvicinando sempre di più al capitalismo di Stato integrale.
Nasce a questo modo la «guerra psicologica» rivoluzionaria, cioè al servizio della rivoluzione comunista mondiale, che abbraccia anche, inoltre, molti altri aspetti che non posso enumerare in questa occasione.
III. Gli ambienti e i temi religiosi nella «guerra psicologica» rivoluzionaria in America Latina
Gli ambienti e i temi religiosi — come pure gli aspetti religiosi e morali di certi temi non intrinsecamente religiosi — hanno, nell’America Meridionale — come, in genere, in America Latina —, una importanza considerevolmente molto maggiore che in altre parti del mondo. E questo accade specialmente trattando della opzione comunismo-anticomunismo. Perciò uno dei principali impegni dell’espansionismo comunista consiste, dai lontani anni Quaranta — e anche dalla metà degli anni Trenta — nella infiltrazione ideologica dei settori religiosi. Si può dire che, una volta eventualmente coronata da successo questa infiltrazione, il comunismo avrà ipso facto vinta la battaglia.
Per comprendere adeguatamente questa realtà è necessario liberare la tematica da certe nozioni errate in quanto contengono soltanto parti della realtà e che vengono inculcate come se contenessero la realtà intera:
1. Cattiva distribuzione della ricchezza: vecchio cliché della propaganda comunista
La prima di esse è quella secondo cui, nell’America Meridionale come nell’America Centrale e in Messico, la cattiva distribuzione della ricchezza avrebbe creato una struttura economica mostruosa, nella quale un polo sarebbe costituito da alcune poche fortune da nababbo e l’altro polo dalla moltitudine affamata. Non esisterebbero le categorie sociali intermedie, e perciò vi sarebbe una continua frizione fra i due poli, generatrice di attriti che attualmente sarebbero pronti a degenerare in una lotta di classe spontanea e incontenibile; e in una rivoluzione sociale. Insomma, questo quadro brutalmente semplicistico e privo di sfumature — benché in qualche misura reale — costituisce generalmente una monotona ripetizione dei cliché propagandistici che nel 1917 servirono per spiegare al mondo attonito la rivoluzione comunista in Russia.
Questo quadro, nel quale il fattore economico è presentato come l’unico motore della rivoluzione sociale, lascia così trasparire l’influenza della ideologia comunista, secondo la quale l’economia è, in ultima analisi, l’unica e decisiva molla della storia.
2. La gerarchia ecclesiastica, il «V Potere»
Bisogna ora mettere in rapporto con questo quadro le considerazioni religiose.
È certamente vero che, fatta eccezione per l’Argentina, che mantiene un regime di unione fra la Chiesa cattolica e lo Stato, d’altronde soprattutto simbolico e quasi completamente privo di conseguenze giuridiche, tutte le altre nazioni sudamericane sono ufficialmente laiche.
Ma questo non impedisce che, in tutte, l’influenza della Chiesa cattolica sia in un certo senso tanto ampiamente preponderante che la gerarchia ecclesiastica costituisce, in ciascuna di queste repubbliche, il «V Potere». Secondo questa enumerazione, l’esecutivo sarebbe il primo, il legislativo il secondo e il giudiziario il terzo Potere dello Stato. Il macrocapitalismo propagandistico costituirebbe il quarto Potere, localizzato nella sfera privata; e la gerarchia ecclesiastica — pure situata nella sfera privata, secondo i dettami dello Stato laico — sarebbe il quinto Potere.
Nell’America Meridionale, questi poteri sono sempre vissuti in pace gli uni con gli altri. Le loro rispettive influenze si compensano in modo tale che a nessuno tocca una preponderanza sistematica e invariabile. Questa preponderanza si disloca discretamente da un Potere a un altro a seconda delle circostanze, ed è sempre esercitata dal Potere preponderante, relativamente agli altri Poteri, con moderazione.
3. I tre Poteri dello Stato di fronte al comunismo
I tre Poteri dello Stato sono stati usati talora a favore e talora contro la conquista della opinione pubblica e dello Stato da parte del comunismo. Non soltanto il Cile di Allende ma — osservando le cose in profondità — anche il Perù di Velasco Alvarado e la Bolivia, in diversi periodi della storia contemporanea, hanno avuto poteri pubblici — I, II e III — utilizzati per modellare lo Stato e la società — e, per mezzo di essi, anche la opinione pubblica — in un senso fortemente incline al comunismo. Ma, fino a questo momento, la cosa ha dato pochi risultati. Infatti, il IV e il V Potere hanno indubbiamente aiutato la propensione comunista dei Poteri dello Stato, ma, per ragioni congiunturali reali, il IV e il V Potere hanno ritenuto necessario, in questi paesi, non impegnarsi in modo totale, aperto ed enfatico a favore del comunismo. Il Potere pubblico ha percorso allora una grande parte della sua traiettoria non accompagnato dalla copertura aperta di questi Poteri. Ha così tentato di fare «il passo più lungo della gamba» con una politica riformistica; ed è caduto durante il percorso.
In Brasile e in Cile, al contrario, i Poteri dello Stato sono stati ampiamente utilizzati per l’azione anticomunista.
4. In Brasile l’episcopato si è chiuso a qualsiasi collaborazione con l’azione anticomunista dello Stato
Nel primo di questi paesi, l’episcopato — il più numeroso del mondo, attualmente con 368 vescovi — si è chiuso a qualsiasi collaborazione con l’azione anticomunista dello Stato. Grande parte dei dirigenti del V Potere ha favorito discretamente — e in alcuni casi molto indiscretamente — la guerra psicologica rivoluzionaria mossa da un’ala dei comunisti, cioè non dal Partito Comunista del Brasile, PC do B — violento, terroristico e duramente represso dalla polizia —, bensì dal Partito Comunista Brasiliano, PCB — pacifico, ideologico, proselitistico —, largamente infiltrato negli ambienti intellettuali, compresi seminari cattolici, e negli ambienti snob di certa alta e media borghesia; e infiltrato anche — non lo si sottolineerà mai sufficientemente — nelle équipe di collaboratori e di redattori della grande stampa, come fra gli artisti, gli attori e i presentatori della radio e della televisione, e negli ambienti teatrali. Il Partito Comunista Brasiliano ha goduto, sotto il regime militare, di una libertà pressoché completa.
5. La forza veramente decisiva del movimento riformistico è, in Brasile, la gerarchia ecclesiastica
Le forze comuniste hanno così svolto una funzione di rappresentanza nel corso del processo di «apertura»: insisto sulla parola «di rappresentanza» per indicare che questa funzione è stata gonfiata oltre il reale da parte dei mass media. Entrambi i partiti comunisti vengono attualmente utilizzati come spauracchio dai comunisti e dai loro seguaci socialisti per fare immaginare ai proprietari di terre, di imprese industriali e commerciali e di immobili urbani, che in breve tempo saranno inghiottiti dalla violenza comunista, se non accetteranno «riforme sociali» urgenti, che lasceranno mutilato, privo di intrinseco equilibrio e quindi traballante l’istituto della proprietà privata.
La grande, l’unica forza veramente decisiva di questo movimento riformistico, che per altro si va diffondendo in tutto il paese — e che, se avrà successo, lo lascerà concretamente a pochi passi dal regime socio-economico comunista — è il V Potere. La gerarchia ecclesiastica ha dato un forte impulso al movimento riformistico.
Come vedremo poi, allo scopo non è mancata la collaborazione degli altri quattro Poteri, anche sotto il regime militare, durante il quale il numero delle imprese statali e parastatali è praticamente quintuplicato. Infatti, se alla fine degli anni Cinquanta il numero delle imprese controllate dallo Stato era 121, alla fine degli anni Settanta, che coincide con la chiusura del mandato del presidente Geisel (1974-1979), questo numero ammontava a 560.
Al momento attuale, il crollo del Brasile verso un regime socialista «avanzatissimo», fortemente incline al comunismo, riceve un sostanziale impulso dalla sinistra cattolica; e proprio per questo dipende fondamentalmente dal seguente quesito:
– Fino a che punto la immensa maggioranza cattolica si lascerà guidare in questa direzione dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani, la CNBB (cfr. più oltre IV, 4)?
6. Brasile e Cile: diversità di atteggiamenti di fronte alla gerarchia ecclesiastica
In Cile, le linee generali del quadro sono state ampiamente analoghe a quelle del Brasile. Tuttavia, in mezzo ad altri seri elementi di diversificazione che distinguono la enorme repubblica atlantica dalla nazione cilena, con un così esteso litorale sul Pacifico, importa notare una diversità fondamentale.
Il regime militare brasiliano ha evitato — perfino con panico — qualunque attrito globale con la Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani, e si è limitato alle frizioni che la imprudenza di questo oppure di quel vescovo o sacerdote, individualmente considerato, rendeva inevitabili.
In Cile, il regime militare, più chiaroveggente, non si è ritirato di fronte alla necessità di affrontare attriti globali con la Conferenza Episcopale Cilena, la CECH, e, d’altro canto, la libertà che dà alla linea culturale e «pacifica» del comunismo cileno è minore. Questo fatto ha limitato, in qualche misura, la guerra psicologica rivoluzionaria in quel paese, offrendo al regime militare condizioni per una durata che, a quanto pare al momento, può essere lunga; e creando condizioni affinché, a un determinato momento, un ritorno del paese a un regime retto da civili avvenga in una situazione in cui questo possa difendersi da sé stesso, e in modo efficace, contro il comunismo.
7. Anche in Paraguay la collaborazione dello Stato con il IV e il V Potere si sta deteriorando
Del Paraguay, dove pure è vigente un regime militare, i mezzi di comunicazione sociale trattano poco; e, per parte mia, non sono a tale punto informato sulla situazione interna di quel paese da sentirmi spinto a dire qualcosa su di esso. Posso soltanto affermare che la collaborazione dello Stato con il IV e con il V Potere si sta gradualmente deteriorando, il che forse porterà a problemi analoghi a quelli che si sono delineati in Brasile e in Cile.
Ma il corso eventuale degli accadimenti in Paraguay è profondamente condizionato dallo stato di salute dell’anziano presidente della Repubblica, generale Stroessner, il cui prestigio personale nel paese è tanto grande da costituire di per sé un grave impedimento per ogni soprassalto di opposizione.
IV. Il futuro. Fattori religiosi
In possesso di questi dati, rimane ora da lanciare uno sguardo interrogativo sull’attualità: che domani ci prepara?
Naturalmente, conosco meglio i fatti che accadono nel mio paese. Quindi, in ciò che vengo a dire, faccio riferimento specialmente a esso.
Ma conosco quanto basta della realtà sudamericana per affermare che, in linea generale, per gli altri paesi di questo subcontinente il quadro è lo stesso.
Devo avvertire preliminarmente che comincerò a fare riferimento al «politicizzato», usando il termine in un senso particolare, cioè per designare la qualità di chi è culturalmente abilitato a considerare l’interesse collettivo, tanto nel suo aspetto d’insieme, come nei suoi fattori principali; ancora di più, a osservare i rapporti tra il bene comune e il bene individuale, e a valutare debitamente il primato misurato e armonioso di quello su questo.
A rigore, la politicizzazione così intesa può concernere tanto la società temporale, lo Stato, quanto la società spirituale, la Chiesa. L’individuo completamente politicizzato sarà allora quello che possiede la capacità di conoscere e di valutare adeguatamente il bene comune dell’una e dell’altra società.
Parlerò anche di «coscientizzazione» nel senso di uno stadio preliminare della politicizzazione. Coscientizzato sarà l’individuo che ha preso «coscienza» delle sue necessità e dei suoi diritti — reali oppure fittizi — individuali, anche nella misura in cui questi esistono pure per moltitudini, e costituiscono così problemi della polis. L’individuo pienamente coscientizzato è ipso facto politicizzato.
1. Cattolici politicizzati: progressisti, conserva tori e reazionari
In questo senso, i cattolici politicizzati formano, all’interno della chiesa, una minoranza divisa. Gli uni si dicono progressisti: per loro il progresso consiste in una marcia della Chiesa — e, pari passu, della società temporale — verso una uguaglianza sempre più accentuata; più specificamente nella Chiesa tra vescovi, chierici e laici, e in una concomitante erosione del prestigio dei poteri del Papato. Nella sfera temporale questi politicizzati tendono analogamente verso una società sempre più ugualitaria, il cui termine finale sarebbe l’autogestione completamente orizzontalizzata e ugualitaria, preconizzata da Marx come tappa successiva al capitalismo di Stato.
Simmetricamente vi sono, negli ambienti cattolici, i politicizzati che si dichiarano conservatori, che in materia spirituale non vogliono andare oltre le riforme del Concilio Vaticano II. Nella sfera temporale tendono frequentemente alla conservazione della società attuale, forse parcamente riformata in un punto oppure in un altro.
Infine, vi sono i cattolici reazionari, nostalgici della situazione religiosa come si è conservata fino al pontificato di Pio XII. Nella sfera temporale, non è raro che desiderino l’abolizione delle socializzazioni e delle leggi ugualitarie promulgate a partire dagli anni Quaranta fino a ora.
2. Distribuzione disuguale tra progressisti, conservatori e reazionari nel clero e nel laicato
Il grosso dell’episcopato, del clero e dei religiosi si divide, benché in modo molto disuguale, in queste tre correnti, cioè i progressisti sono una minoranza decisa e attiva, i conservatori una maggioranza indecisa e indolente, e i reazionari quasi non esistono.
Nel laicato, tuttavia, la situazione è sensibilmente diversa.
Infatti, i progressisti laici costituiscono una minoranza in proporzione molto inferiore a quella che si trova nel clero, e i suoi componenti sono meno risoluti.
Al contrario, i conservatori sono molto più numerosi nel laicato e ancora più irresoluti; e i reazionari un poco più numerosi e, soprattutto, molto più decisi.
I conservatori nel clero e nel laicato, pacati per indole e quasi per definizione, si manifestano poco. Il loro peso, per altro principalmente statico, è considerevole. Progressisti e reazionari polemizzano molto fra di loro. Li muove molto meno la speranza di conquistare adepti nel campo opposto che quella di attirare, con il clamore della polemica, l’attenzione e la simpatia di nuovi adepti in quella autentica «terra di nessuno» costituita dal settore conservatore.
Quest’ultimo è costituito, nella sua grande maggioranza, da persone scarsamente politicizzate, quando non completamente spoliticizzate.
La loro posizione è molto meno una convinzione pensata che una tradizione, una abitudine alla quale aderiscono dal profondo dell’anima.
3. Peso del fattore religioso nella determinazione degli orientamenti dell’America Meridionale
Proprio per questo le minoranze progressista e reazionaria stanno gradatamente guadagnando terreno nella maggioranza conservatrice. Quale di esse vincerà la battaglia? Le potenze, i mezzi di azione e le tattiche degli uni e degli altri sono tanto disuguali che la lotta tra gli uni e gli altri ricorda un poco quella del gladiatore con il tridente e lo scudo contro il gladiatore con l’elmo, la corazza, lo scudo e la spada corta.
In ogni modo, il successo finale apparterrà a chi sarà riuscito a incorporare a sé la parte più influente, più dinamica e maggiore dei conservatori.
Gli orientamenti possibili della opinione cattolica in Brasile e, mutatis mutandis, negli altri paesi dell’America Meridionale si possono prevedere secondo questi dati poco chiari.
Orientamenti della opinione cattolica? Sì, ma è come dire di tutto il Brasile oppure di ciascuna delle altre nazioni dell’area. Infatti, nel subcontinente, la maggioranza cattolica si identifica (cfr. I, 3) quasi completamente con la nazione.
Il futuro dell’America Meridionale si sta dunque decidendo, nel momento attuale, in funzione del dibattito all’interno della Chiesa. Se la maggioranza cattolica propenderà, in nome della fede, verso l’ugualitarismo teologico e socio-economico, l’America Meridionale sarà comunista. Se, in nome della fede, resisterà a questo ugualitarismo, essa sarà contraria al comunismo.
Faccio notare di passaggio che, nel primo caso, essa sarà anti-nordamericana, e che le sue dodici nazioni saranno così completamente fantocci di Mosca quanto la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria, la Cuba di Fidel Castro oppure il Nicaragua di Ortega, per citare soltanto alcune fra le infelici nazioni sotto il giogo comunista.
Così, l’America Meridionale può essere paragonata — dal punto di vista nordamericano — a un gigantesco pendolo con 260 milioni di abitanti, con 17,8 milioni di chilometri quadrati e con potenzialità economiche e strategiche incalcolabili, che oscilla tra Mosca e Washington.
Questa oscillazione, di portata internazionale, politica e socio-economica enorme, non determinerà il suo punto di stasi per la semplice influenza del fattore religioso (cfr. III, 2): conviene ripeterlo.
Ma, a mio modo di vedere, questo fattore avrà, nel processo di opzione che questa oscillazione simboleggia, la funzione chiave che in questo lavoro mi sto sforzando di descrivere concatenatamente.
4. Le due immagini della Chiesa tra le quali il cattolico conservatore è chiamato a optare
In quali termini logici e psicologici si pone, allora, per il cattolico conservatore, la opzione che deve fare?
A causa della sua formazione religiosa, e soprattutto a causa del tratto iberico di essa (cfr. 1, 3), egli non cercherà di risolvere il problema secondo le sue semplici preferenze personali, ma vorrà sapere, anzitutto, con chi si schiera la gerarchia della Chiesa.
Perciò, nella sua interiorità, dovrà optare tra due immagini della Chiesa:
a. quella che vede nella continuità maestosa e scintillante della dottrina socioeconomica della Chiesa da san Pietro a Pio XII, e che lo inviterà a interpretare gli insegnamenti e la condotta del Vaticano e del Concilio in questa luce;
b. e, d’altra parte, l’immagine «ringiovanita», rinnovata oppure innovata, più del futuro che del presente, che gli viene descritta da quanti cercano di interpretare tutto quanto la Chiesa sta insegnando e sta facendo, a partire da Giovanni XXIII — compreso il Concilio — secondo il senso progressistico, interpretando anche, in questo senso, perfino gli insegnamenti della Chiesa anteriormente al Medioevo.
Quest’ultima concezione presenta i periodi medioevale e tridentino come religiosamente falliti e decadenti, il che atterrisce i conservatori.
Allo stesso modo atterriscono i conservatori alcune critiche di certi reazionari alla Chiesa del Vaticano II e all’era postconciliare.
Tutto quanto sto affermando a proposito della tematica politica e socio-economica si può dire ugualmente o a maggiore titolo della teologia e della morale — permissivismo contro fedeltà alla legge di Dio e alla Chiesa —, come pure della liturgia, della esegesi, e così via. Ma, per la natura del mio lavoro, tengo presente soltanto il terreno socio-economico.
5. Nell’ordine concreto spetta a Giovanni Paolo II il grande ruolo nella opzione dei conservatori
Tra i cattolici è ridotto il numero dei sedevacantisti, cioè di coloro che — forse più numerosi di quanto molti pensano — negano l’autenticità di Giovanni XXIII e dei suoi successori; e, quindi, è poco probabile che essi esercitino una influenza molto rilevante in questa tragica opzione dei cattolici conservatori.
E resta così evidente che, nell’ordine concreto dei fatti, spetta a Giovanni Paolo II il grande ruolo in questa opzione dei conservatori. In via di principio, sembra che le cose andranno come lui vorrà.
6. Non è facile prevedere in quale misura l’attuale Pontefice farà uso delle sue prerogative
Ma la realtà può non essere assolutamente questa o può almeno non essere completamente questa.
Infatti, considerate le cose solamente sul piano umano, sono innumerevoli — soprattutto nelle epoche di confusione e di convulsione — i fattori che possono portare un Papa a non dire oppure a non fare qualcosa oppure molto di quanto vorrebbe. Basta ricordare, in questo senso, i casi di Pio VI e di Pio VII, che hanno retto la Chiesa successivamente durante la Rivoluzione francese e nell’età napoleonica. Così — e anche prestando, molto di buon grado, i dovuti omaggi ai saggi e opportuni insegnamenti di Giovanni Paolo II, dati da lui direttamente oppure attraverso il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger — non è per niente facile prevedere in quale misura l’attuale Pontefice vorrà fare uso delle sue prerogative in questo enorme crocevia storico in cui si trova l’America Meridionale; questo crocevia, a partire dal quale i suoi passi non potranno probabilmente portare con sé un mondo organizzato e unito, ma, forse, porteranno con sé, in determinate circostanze, frammenti decisivi del nostro mondo attuale, profondamente turbato e radicalmente diviso.
Comunque vadano le cose, chi potrà calcolare il numero delle pressioni contrastanti alle quali, di fronte a questo problema — e per parlare soltanto di questo! —, è sottoposto un Papa? Pressioni … Si frulla di pressioni alcune delle quali la virtù cristiana comanda di prendere in considerazione e altre di sfidare con fede e con fiducia in Dio, come se non valessero nulla. Con quali grazie abbondanti o sovrabbondanti la Provvidenza divina, che ama sempre la santa Chiesa, assisterà il Papa a ogni passo? Come reagirà in ogni momento il libero arbitrio del Pontefice?
Si tratta di augusti e sublimi misteri, che non ci è dato sondare.
È assolutamente vero che non succede niente al mondo senza il comando oppure senza il permesso di Dio, dal momento che neppure un uccellino cade senza che lo voglia, e perfino i capelli del nostro capo sono contati (cfr. Mt. 10, 29-30).
Ma è anche assolutamente certo che, per disegni insondabili della sapienza e della bontà di Dio, possono accadere, nel corso della storia della Chiesa, come già è accaduto nel suo passato, tanto disastri imprevedibili che terrorizzano, quanto trionfi che sorprendono e illuminano anche gli spiriti più critici.
È certo che, nell’ordine delle realtà attuali nell’America Meridionale e in tutta l’America Latina, la lotta dottrinale tra cattolici progressisti e reazionari, e l’atteggiamento dei conservatori di fronte a questa lotta, si rivela, sulla base di una analisi accurata del panorama attuale, rivestita di una importanza capitale.
Questo mi è parso utile sottoporre alla attenzione dei partecipanti a codesto importante incontro.
V. Visione d’insieme
La presente visione d’insieme si compone di asserzioni delle quali alcune sono generalmente note, altre non le sono, e contrastano a tale punto con vecchi cliché consacrati, che richiederebbero di essere dimostrate. Tuttavia, come suole accadere con le visioni d’insieme molto vaste, esse corrono il rischio di assumere proporzioni da enciclopedia, se ci si inoltra in tali dimostrazioni.
Queste visioni d’insieme, però, possono essere utili a lettori che posseggano sul tema in questione dati frammentari, caotici e forse perfino contraddittori. Esse possono aiutarli a situarsi in una posizione a partire dalla quale questi elementi sparsi possono diventare spiegabili e coerenti.
Perciò, una visione d’insieme può servire da stimolo per la riflessione, per l’analisi e per la sintesi che il lettore desidera normalmente operare; e può stimolare la ricerca di nuovi dati, che adesso ha modo di inquadrare all’interno di un tutto ben concatenato.
Per concludere, mi piace dire che ho presente il fatto che questo convegno si svolge in America Settentrionale, per iniziativa e con l’accoglienza fraterna di nostri comuni amici della New Right, a tanti titoli benemeriti del loro paese e perciò anche dell’Occidente e del mondo intero, e principalmente degli innumerevoli uomini e donne non comunisti che trascinano una esistenza penosa nelle nazioni-carcere situate oltre la cortina di ferro, oppure localizzate in tanti altri punti della terra. Infine benemeriti anche, per tutto questo, dei preziosi resti di civiltà cristiana che ancora si trovano sparsi nel mondo.
Sono brasiliano e sudamericano. Parlando di problemi della mia patria e dei paesi vicini e fratelli, il mio sguardo si è spinto, più di una volta, verso l’America Centrale e verso il Messico, ugualmente fratelli benché non vicini. Infatti, noi delle tre Americhe siamo tutti fratelli. Perché, concludendo questo lavoro, il mio sguardo non si deve quindi spingere, fraternamente, verso le terre che si stendono oltre la divisione costituita dal Rio Grande?
Metto di cuore le riflessioni qui contenute nelle mani dei nordamericani e dei canadesi presenti al convegno. Chi sa se il quadro delineato in questo lavoro, per le analogie e le diversità che presenta in rapporto a quanto accade nei paesi settentrionali del nostro continente, li possa aiutare in qualche misura nella elaborazione delle loro tematiche nazionali? Quanto mi allieta la prospettiva che possa essere loro utile!
Esso sarà vantaggioso, in un modo o in un altro, anche per le nazioni della nostra amata e gloriosa Europa, nelle mani dei cui rappresentanti pure depongo questo lavoro, mentre li saluto con sentimenti di calorosa simpatia.
Plinio Corrêa de Oliveira