Tran Duc Tuong, Quaderni di Cristianità, anno I, n. 2, estate 1985
A Torino, il 1° maggio 1985, si è svolto un convegno internazionale sul tema Le Resistenze dimenticate, promosso da Alleanza Cattolica e dalla CIRPO-Italia, la Conferenza Internazionale delle Resistenze nei Paesi Occupati, con la collaborazione della CIRPO-France (cfr. Cristianità, anno XIII, n. 121, maggio 1985). Al convegno è intervenuto il dottor Tran Duc Tuong, esponente della Resistenza vietnamita e rappresentante in Europa del Fronte Nazionale Unito per la Liberazione del Vietnam, il FNULV. La relazione è stata tradotta dalla fotocopia del dattiloscritto originale in francese da Massimo Granata. Il titolo è redazionale.
A dieci anni dalla caduta di Saigon: il Vietnam sotto il dominio comunista
Da quando il Vietnam è caduto completamente nelle mani dei comunisti, sono già trascorsi dieci anni. Non vi starò a raccontare, in questa sede, la dolorosa caduta della città di Saigon e, con essa, di tutto il Vietnam; d’altronde, essa è stata descritta all’epoca, sia bene che male, dai mass media. Vorrei portare a conoscenza della gente nel corso di questo intervento quanto è successo nel paese dopo che tutti i reporter occidentali furono pregati di riattraversare la frontiera, e dopo la calata della cortina di bambù su tutto il territorio del Vietnam.
Mi propongo quindi, in una prima parte, di descrivere la instaurazione e l’applicazione del sistema comunista in tutto il paese e, nella seconda parte, la reazione della popolazione nella sua firma passiva, poi nella sua forma attiva, che è la resistenza armata contro il regime. Cercherò, concludendo, di mettere in rilievo la volontà e la speranza del nostro popolo di liberare il Vietnam dal giogo crudele del comunismo.
A. La instaurazione e l’applicazione del comunismo
Dieci anni or sono, infrangendo gli accordi di Parigi appena firmati nel 1973, come in precedenza tutti gli altri, il potere comunista di Hanoi lanciò una offensiva militare contro il Sud-Vietnam e lo soggiogò con la forza, mettendo il mondo intero davanti al fatto compiuto.
Non era assolutamente una rivolta popolare contro un governo corrotto sostenuto dall’imperialismo americano, come pretendeva la propaganda comunista ripresa fedelmente dalla grande stampa del tempo. Si trattava di una invasione armata condotta da unità intere dell’esercito regolare di Hanoi. Sfidando la opinione pubblica, gli invasori non si diedero neppure la pena di camuffare la identità di queste unità: i carri armati, gli autocarri, i pezzi di artiglieria pesante portavano ancora gli stemmi e i numeri di matricola originali. Le truppe entravano in Saigon vestendo le uniformi dell’esercito regolare di Hanoi. La campagna finale diretta a soggiogare il Sud portava il nome del capo dello Stato del Nord, Ho Chi Minh, ed era organizzata e condotta dall’ufficio politico e dallo stato maggiore generale con sede a Hanoi.
Il 30 aprile 1975 la città di Saigon cadde e con essa tutto il Sud-Vietnam.
Subito i comunisti misero in opera le misure più barbare per vendicarsi dei componenti dell’amministrazione del Sud, sia civili che militari, e per imporre il loro sistema totalitario. Questo sistema mira, per mezzo del terrore e della intimidazione, della lotta di classe e dell’esproprio dei beni del popolo, a creare una società di miserabili e di affamati completamente alla mercè dello Stato.
I. Il terrore e la intimidazione
Come truppe di occupazione, i comunisti decretarono la legge marziale su tutto il territorio. Ovunque si potevano vedere innumerevoli esecuzioni sommarie; i tristemente celebri «tribunali del popolo» — davanti ai quali non era riconosciuto alcun diritto di difesa — erano riuniti a ogni angolo di strada per giudicare i cosiddetti reazionari, che erano soltanto, il più delle volte, degli innocenti.
All’indomani del loro arrivo, i comunisti convocarono circa un milione di persone per procedere alla loro rieducazione per un periodo della durata di un mese oppure di una settimana, a seconda dei casi. Bene! Questo periodo non era mai di una settimana né di un mese. Anche nel momento in cui vi parlo migliaia di persone sono ancora detenute in questi gulag, non avendo ancora finito il loro mese di rieducazione.
Chi erano le persone che dovettero «beneficiare» di questa rieducazione? La propaganda comunista, ripresa ancora una volta da certa stampa occidentale, li descriveva come criminali di guerra, mostri, aguzzini, boia sanguinari … Menzogne! Fra di loro vi erano soltanto militari e funzionari legati direttamente alla precedente amministrazione, ma vi si potevano trovare in un numero incalcolabile sacerdoti, bonzi, religiosi, rappresentanti locali e regionali, uomini politici, intellettuali, artisti, scrittori, studenti …
Cosa significa il termine «rieducazione» nella terminologia comunista? Questa formula di avanguardia dei codici penali dei paesi civili, che vuole che la prigione non debba più essere un luogo di pena ma di rieducazione, ha tutt’altro significato sotto il regime marxista-leninista. Infatti, come hanno ben detto Aleksandr Solgenitzin e Ginetta Sagan [1], si tratta del peggiore degli inferni, dove si applicano tutti i metodi derivati dal materialismo dialettico allo scopo di schiacciarvi e di annientarvi completamente.
La rieducazione nei campi di concentramento comporta così due fasi principali:
– In un primo tempo, mediante la fame e il lavoro estenuante e anche pericoloso, i comunisti mirano a spezzare ogni resistenza fisica. È l’applicazione a rovescio della formula «mens sana in corpore sano».
– La seconda fase è più scientifica, basata sui principi della psicologia applicati per spogliare l’individuo di tutto il patrimonio morale e intellettuale precedentemente acquisito e per dotarlo di concetti marxisti-leninisti, e soprattutto per creare in lui un numero molto elevato di riflessi condizionati, che lo costringano a pensare e ad agire sempre secondo le linee fissate dal partito comunista. Questa seconda fase è costituita da torture morali che consistono nell’isolamento, nella paura e nel lavaggio del cervello.
I detenuti non erano i soli a subire questo trattamento disumano e crudele. Anche la loro famiglia era soggetta a misure di rappresaglia e di discriminazione. Sono state numerose quelle espulse dalle loro case e obbligate a trasferirsi nelle tristemente celebri Nuove Zone Economiche. Quelle che si ostinavano a restare nelle città per non perdere il contatto con i detenuti dovevano vivere sui marciapiedi come mendicanti e non avevano alcun diritto di fruire della razione alimentare distribuita dalla organizzazione di quartiere, delle cure mediche e della frequenza scolastica per i loro figli.
Il potere ha creato una tale psicosi che nelle famiglie si finisce per diffidare gli uni degli altri. Quelli che sono stati rilasciati dai gulag, vivono in una insicurezza permanente. La paura di essere arrestati di nuovo, spinta all’estremo, può annientarli e indurli ad arrendersi. Una forza di polizia di trentamila uomini, trenta volte più numerosa che sotto il precedente regime — che pure era accusato di essere un regime poliziesco — viene spiegata per mantenere la cosiddetta dittatura del proletariato nella sola città di Saigon.
II. La lotta di classe e l’esproprio
Dal momento del loro arrivo nel Sud-Vietnam i comunisti presero immediatamente possesso delle fabbriche, delle imprese commerciali, delle banche e delle aziende agricole. Bloccarono tutti i depositi bancari dei privati, e fecero l’inventario di tutti i beni personali nell’ambito di ciascun nucleo famigliare.
Nel corso della repressione numerosi proprietari, dirigenti d’impresa, dirigenti industriali e commercianti furono imprigionati perché appartenenti alla classe dei capitalisti affaristi. Il potere volle scatenare una lotta di classe violenta e sanguinosa come quella degli anni Cinquanta al Nord, ma non riuscì a mobilitare la popolazione a causa di una certa resistenza passiva che cominciò a svilupparsi. Per questo, in occasione delle tre campagne contro i cosiddetti capitalisti, erano soprattutto gli uomini della polizia, della milizia e i commissari politici del partito che operavano.
Senza avvertire, al mattino presto, gli agenti comunisti fecero irruzione, su tutto il territorio del Vietnam, nelle case prese di mira per inventariare tutti i beni e obbligare i proprietari a donarli alla «Rivoluzione». Queste famiglie erano poi costrette a lasciare le città per raggiungere, anch’esse, le Nuove Zone Economiche. In campagna, i contadini che possedevano un pezzetto di terra erano considerati come proprietari e dovevano subire lo stesso trattamento.
Cosa sono le Nuove Zone Economiche? Per ingannare la opinione pubblica, con il pretesto che durante la guerra troppi avevano abbandonato la campagna per rifugiarsi nelle città e che bisognava farveli ritornare per assicurare la produzione agricola, il quarto congresso generale del partito, nel 1976, decise la realizzazione di tali zone. In teoria, il partito promise alla popolazione che doveva trasferirvisi una casa, attrezzi da lavoro e un aiuto economico per almeno sei mesi. In realtà, non fece nulla. Le persone sono mandate allo sbaraglio all’interno di regioni paludose oppure in piena boscaglia, senza alcun aiuto né considerazione per le condizioni assolutamente incompatibili con la vita umana, e a maggiore ragione con la produzione di qualsiasi cosa.
Infatti, si tratta soltanto di gulag camuffati, per martirizzare fino alla morte una categoria di persone che il partito vuole eliminare. Il film Boat people di Ann Hui descrive alcuni degli aspetti atroci connessi con la vita in queste zone.
Allo scopo di procedere all’esproprio totale del popolo, per due volte successive il regime impose il cambio dei biglietti di banca. Venivano emessi nuovi biglietti di banca e in dodici ore, dalle 8 del mattino alle 8 di sera, avreste dovuto cambiare tutto il denaro contante in vostro possesso. Indipendentemente dalla cifra da voi consegnala all’ufficio di cambio del quartiere, vi veniva restituito, al massimo, l’equivalente di centomila lire per famiglia. Il resto dei vostri soldi veniva depositato presso la Cassa di Risparmio dello Stato e vi veniva rilasciala una ricevuta che indicava un deposito «volontario». Ritirare questo denaro non vi comportava difficoltà particolari. Era sufficiente:
1. Avere un motivo valido quale un matrimonio, una malattia o un decesso … in famiglia;
2. Presentare una richiesta scritta al vostro capo dipartimento e attendere l’autorizzazione:
3. Andare alla banca che vi avrebbe dato il vostro denaro dopo un lasso di tempo più o meno lungo a seconda che il denaro liquido fosse disponibile o meno per i privati. Questo lasso di tempo poteva durare da tre giorni a un mese.
Il partito comunista vietnamita si è imposto attraverso lo Stato come padrone assoluto del paese. Non sopporta di dividere questo potere con nessuno, né sul piano materiale né su quello morale. Questo spiga le misure disposte dal regime nei diversi ambiti, che ora prenderemo successivamente in esame.
* Sul piano religioso, il potere non sopporta assolutamente che le autorità delle diverse religioni abbiano influenze sui loro adepti. Questo spiega la pioggia di misure persecutorie su tutte le religioni, in particolare sulla Chiesa cattolica con la chiusura di tutti i seminari, la chiusura di numerose chiese e luoghi di pellegrinaggio, la restrizione ovvero la proibizione degli spostamenti delle autorità religiose e la proibizione di nuove ordinazioni sacerdotali senza l’assenso del potere: dal 1975 vi sono state soltanto sette ordinazioni. Il potere organizza sempre, in concomitanza con l’orario della messa, incontri o riunioni ai quali è obbligatoria la presenza. Recentemente, nel dicembre del 1984, il regime di Hanoi, con la collaborazione di un piccolo numero di preti detti progressisti, ha creato, malgrado la disapprovazione dei fedeli e del clero, l’abbozzo di una Chiesa sedicente patriottica e indipendente da Roma. Benché la libertà religiosa sia riconosciuta dalla Costituzione di questo regime, in realtà essa è molto relativa per non dire assente.
* Sul piano culturale, sappiate che dalla presa del potere da parte dei comunisti non esistono più scuole libere, poiché la funzione educativa è riservata esclusivamente al partito. Immediatamente dopo la caduta del Sud-Vietnam i comunisti confiscarono tutte le scuole private sia laiche che religiose e misero alla porta gli insegnanti per sostituirli con membri del partito, il più delle volte incompetenti.
Nel programma è stata inserita una nuova materia: la «politica». Essa è obbligatoria, viene insegnata fino dalle classi elementari, sostituisce la letteratura nelle medie e la filosofia nelle superiori. La storia del paese e del mondo viene deformata per servire alla propaganda e agli interessi del comunismo.
Lo spirito di discriminazione e di segregazione è stato introdotto anche negli ambienti scolastici. Esistono, allo stato attuale delle cose, diciassette categorie di studenti e di esaminandi. Se è sufficiente ai figli dei quadri — che costituiscono la categoria 1 — una votazione di 2,5 su 20 per conseguire il diploma, per gli alunni delle ultime categorie non esiste alcuna speranza di entrare alla università se non ottenendo la massima votazione.
Il partito, per mezzo dello Stato, si è assicurato il monopolio assoluto della informazione e dello spettacolo. Infatti, secondo la concezione socialcomunista, lo schermo, il teatro, i media … costituiscono gli strumenti di educazione della massa. Sappiate anche che prima del 1975 esistevano 57 giornali e riviste che costituivano la stampa libera del Sud-Vietnam e che oggi non ne esiste più nessuno.
I valori tradizionali, così accuratamente conservati di generazione in generazione e che hanno permesso alla stirpe di sopravvivere malgrado i tentativi di sterminio, vengono distrutti e sostituiti da abitudini nuove, completamente estranee, se non contrarie al costume vietnamita. Le più notevoli sono, malgrado le loro denominazioni progressistiche, la menzogna, il tradimento, la ingratitudine, la calunnia …
* Sul piano economico, secondo gli studi degli organismi competenti, il Vietnam attuale si pone tra i paesi più poveri della terra. Questa situazione disastrosa deriva sostanzialmente dalla natura stessa del comunismo. La lotta di classe e l’avidità di potere spingono i comunisti a inserire alla guida delle imprese, degli uffici, delle fabbriche solo membri del partito totalmente incompetenti o ignoranti, provenienti dalla classe operaia o contadina. Gli intellettuali e gli specialisti sono mandati nei gulag
ovvero nelle Nuove Zone Economiche per garantire la produzione.
La incompetenza e l’ignoranza più totale nella gestione e nella condotta dell’economia si riscontrano anche al livello più elevato, cioè nell’ufficio politico di Hanoi, dal momento che nessuno dei suoi quindici membri ha avuto una formazione di carattere economico.
A questi errori fondamentali bisogna aggiungere che questo paese, in cui non si mangia a sufficienza, mantiene un esercito enorme di oltre un milione di uomini. Questo esercito, considerato il quarto del mondo e nutrito senza produrre nulla, deve compiere la sua missione internazionale, agli ordini di Mosca, occupando il Laos e la Cambogia.
Ad accentuare vieppiù la povertà del paese si assomma un altro fattore: sono debiti contratti da Hanoi con l’URSS e con i paesi dell’Est durante la guerra di invasione del Sud-Vietnam, debiti che i comunisti vietnamiti sono obbligati a pagare estorcendo alla popolazione i suoi averi e il frutto del suo lavoro ed esportando i suoi figli in Siberia e nei paesi socialcomunisti come mano d’opera a buon mercato.
* Per quanto riguarda la gioventù, sappiate che nessuno, se non lo Stato, ha il diritto di occuparsene. Ciò è prescritto da una legge attualmente in vigore in Vietnam. È il settore in cui il partito si mostra particolarmente intransigente. Le vecchie organizzazioni dei giovani come gli scout e le associazioni giovanili confessionali devono sciogliersi per lasciare il posto alle nuove organizzazioni conosciute con i nomi di «piccoli saggi nipoti dello zio Ho» per i bambini e «Gioventù comunista» per gli adolescenti. Il partito sfrutta e abusa della innocenza e del patriottismo dei bambini, un patriottismo spinto fino al fanatismo, e li incita a spiare e a denunciare non solo i vicini, ma anche i membri della propria famiglia.
* Sul piano della sanità pubblica, si può notare la mancanza di medicine negli ospedali e nei dispensari. Questa mancanza è dovuta principalmente al fatto che il potere rifiuta di importarle. La sola fonte di approvvigionamento in questo campo è costituita dai pacchi inviati dai vietnamiti di oltremare alle loro famiglie. Negli ospedali le cure a base di vegetali e di radici sono prestate gratuitamente, a condizione che si provveda personalmente al proprio nutrimento. Solo i quadri del partito hanno diritto ad accedere agli ospedali moderni e fruiscono perciò di cure sofisticate con medicinali di qualità.
* Sul piano delle libertà fondamentali, bisogna dire subito che attualmente non ne esiste nessuna:
– Libertà di espressione: nessuna! Infatti, è formalmente proibito criticare il potere o il partito comunista, pena l’essere accusati di essere contro-rivoluzionari oppure reazionari. Le prigioni e i campi di rieducazione ne sono pieni. Inoltre, tutti i mezzi di espressione e di informazione sono nelle mani del partito, l’ascolto di emittenti straniere come la BBC o la VOA è considerato un crimine grave.
– Possibilità di difesa di fronte alla legge: nessuna! Infatti, non esistono avvocati privati. È divertente segnalare che in Vietnam, oggi, non vi è nemmeno una facoltà di diritto. I tribunali designano d’ufficio dei sedicenti avvocati che perorano la causa dell’accusa e chiedono soltanto grazia per l’accusato …
– Libertà di riunione: nessuna! Infatti, con il pretesto di mantenere l’ordine e la sicurezza politica, il potere tollera soltanto determinate cerimonie religiose oppure riunioni ristrette in occasione di matrimoni o di funerali, sempre sotto la sorveglianza della polizia.
– Libertà di spostamento: nessuna! Infatti, per recarsi da un posto all’altro, bisogna sempre avere un lasciapassare e un permesso scritto per la esportazione della propria razione alimentare unitamente a una autorizzazione a portare questa razione con sé. È naturalmente molto difficile espletare tutte queste formalità.
– Libertà di religione: nessuna! Infatti, come si è detto prima, il potere cerca con tutti i mezzi da una parte di scoraggiare i fedeli dal recarsi nei luoghi di culto e, d’altra parte, di impedire i contatti tra i fedeli e il loro clero.
– Libertà di vita privata: nessuna! Infatti, il partito, con la calunnia e con la delazione, non ha scrupolo alcuno di violare la intimità dei nuclei famigliari e la vita privata delle persone. La censura insolente della corrispondenza ne è un esempio.
In una tale società, voluta dal potere comunista del nostro paese, di quali diritti gode il popolo vietnamita? Di nessuno, se non del diritto di vegetare nella dipendenza completa di fronte all’onnipotente partito comunista. L’uomo è in questo modo spogliato, a vantaggio dello Stato e del partito, di tutti i suoi beni, di tutti i suoi diritti, di tutte le sue libertà: in una parola, di tutta la sua dignità umana.
Quali sono le reazioni da parte della popolazione vietnamita, che vive questa esperienza quotidiana e forzata del comunismo? Sono di due tipi: passive e attive, e costituiranno l’oggetto della seconda parte della nostra esposizione.
B. Reazioni della popolazione contro il regime
I. Reazioni passive
A partire dall’indomani dell’arrivo dei comunisti nel Sud-Vietnam, la disillusione era totale. Nella misura in cui procedeva la instaurazione e l’applicazione del sistema comunista, la disillusione diventava un malcontento generale. Il mugugno è durato dieci anni ed è attualmente diffuso a ogni livello della società vietnamita. Il malcontento si manifestava anzitutto in modo discreto, con barzellette diffuse tra la popolazione, quindi diventava sempre più manifesto con una mancanza di collaborazione in tutti i campi.
1. Nelle fabbriche e nelle imprese gli operai, con una paga miserabile — equivalente a trentamila lire mensili al cambio ufficiale — lavorano al rallentatore. Tutti devono avere un secondo lavoro in proprio: gli uni trafficano al mercato nero, altri allevano di nascosto un maiale o dei polli nel loro stesso appartamento.
2. In campagna i contadini hanno opposto un rifiuto unanime alla integrazione nelle cooperative, che sono tutte nelle mani del partito. Nel Nord, dove il comunismo è stato imposto da più di trent’anni e dove le cooperative erano obbligatorie, i contadini non hanno ancora cessato di tenere il muso: quasi sempre il rendimento dei loro orti è il doppio se non il triplo di quello dei campi delle cooperative. La ragione è semplice: lo Stato, e quindi il partito, dopo il raccolto si impadronisce di tutto e lascia soltanto una razione da fame ai coltivatori sulla base del numero dei giorni di lavoro prestati secondo un sistema di controllo assolutamente irrazionale.
3. Le banche, tutte nazionalizzate, sono vuote poiché nessuno attualmente in Vietnam osa depositarvi il proprio denaro. Recentemente il governo ha emesso dei «buoni del tesoro», obbligando la gente a comperarne. Un quantitativo fisso viene distribuito a ogni famiglia ogni mese. Bisogna aggiungere che il ricevimento di un pacco dono o di un vaglia dall’estero comporta automaticamente l’acquisto obbligatorio di questi «buoni». Molti hanno accettato di lasciare le città oppure di respingere il pacco pur di non dovere acquistare questi ridicoli pezzi di carta.
4. Per protesta contro il sistema di insegnamento comunista molte famiglie si sono rifiutate di mandare a scuola i loro figli.
5. In alcune città, nelle quali il potere non osa ancora procedere alla persecuzione religiosa a causa della presenza di stranieri, le chiese sono piene di gente. Non tutti sono cattolici, ma vi si recano per manifestare la loro opposizione e la loro resistenza al sistema.
6. Quasi un milione di vietnamiti, che hanno lasciato il paese come boat people — fra i quali numerosi intellettuali e tecnici —, hanno creato un’autentica emorragia di materia grigia per il potere comunista, senza contare lo smascheramento e la denuncia delle ipocrisie del regime provocati dalla loro partenza. Si deve segnalare che, nel corso della nostra storia vecchia di quattromila anni, abbiamo conosciuti periodi molto oscuri di occupazione straniera e anche di carestia con la uccisione di milioni di persone, ma non si era mai visto un tale esodo.
II. Reazioni attive. Resistenza armata
Parallelamente alla resistenza passiva da parte della popolazione, si sono sviluppate vere e proprie sacche di resistenza armata contro il regime comunista.
Infatti, a partire dai primi giorni dopo l’arrivo dei comunisti nel Sud-Vietnam, certe unità dell’esercito rifiutarono di deporre le armi e si diedero alla macchia. Nella stessa città di Saigon ci si ricorda l’assalto lanciato dai comunisti contro la chiesa di San Vincenzo, con l’arresto e la condanna di padre Nguyen Quang Minh e di altri membri della Resistenza. Interi battaglioni della setta buddista Hoa-Hao si sono trincerati sulla montagna a sud-ovest di Saigon. Gruppi armati delle minoranze etniche, noti con il nome di FULRO — Fronte Unito di Liberazione delle Razze Oppresse —, operano sugli altipiani centrali del Vietnam. Con il tempo, ufficiali e civili evasi oppure rilasciati dai gulag, hanno raggiunto questi gruppi preesistenti o hanno organizzato nuove sacche di resistenza.
Questo è un punto fondamentale, su cui merita si insista, poiché la esistenza di questa resistenza armata a partire dal 1975 dimostra che se abbiamo perduto una battaglia, nel corso di quell’anno, con la caduta del governo, della capitale e di tutte le città, ciò che rimaneva dell’esercito ha sempre continuato a combattere.
La resistenza armata spontanea ha incontrato difficoltà insormontabili, cioè una mancanza totale di direzione strategica centrale, di supporto logistico, di coordinazione e di informazione. Tuttavia la popolazione e i resistenti hanno conservato la fiducia e attendono il ritorno in forze dei vietnamiti profughi all’estero, con gli aiuti dei popoli amanti della libertà di tutto il mondo, per unirsi a loro nella lotta comune al fine di liberare il paese dal giogo comunista.
Per rispondere alle aspirazioni e alla aspettativa del nostro popolo; per fornire alla Resistenza un comando strategico nella lotta; per realizzare insieme al popolo la liberazione del paese dal giogo crudele del potere comunista, il 30 aprile 1980 è nato il Fronte Nazionale Unito di Liberazione del Vietnam.
Sfidando mille difficoltà, da tutti i continenti, volontari combattenti sono ritornati nel paese. Il contatto tra queste forze e quelle dell’interno si è stabilito senza alcun ritardo e la proclamazione solenne del programma politico l’8 marzo 1982 è stata una prima vittoria della Resistenza.
Il programma fissa chiaramente il nostro obiettivo: riunire tutte le forze della Resistenza per liberare il popolo mediante il rovesciamento del regime dispotico comunista di Hanoi e contribuire a riportare la pace in questa regione del mondo.
Il programma definisce anche i due aspetti del problema vietnamita: l’aspetto puramente vietnamita e l’aspetto internazionale del problema.
1. L’aspetto vietnamita del problema
I nemici del nostro popolo sono il potere comunista disumano di Hanoi e i suoi padroni sovietici. Essi hanno trasformato dall’oggi al domani il nostro paese in una gigantesca prigione e i 50 milioni di vietnamiti sono diventati 50 milioni di carcerati che hanno perso ogni libertà e sono ridotti allo stato di animali.
Liberare il nostro popolo da questo sistema di dominio disumano costituisce per noi un dovere sacro. Nessun altro popolo può farlo al nostro posto. Continuando le millenarie tradizioni di pace e di libertà di un popolo, possiamo assicurare il mondo intero che non seminiamo la guerra là dove non esiste. Eredi di esperienze preziose dei nostri avi, che a più riprese respinsero gli invasori con i loro mezzi, sapremo mostrarci degni e capaci di liberarci da soli dal flagello che attualmente subiamo.
Dove vi è oppressione, vi sarà resistenza! Noi abbiamo compreso che la guerra contro il comunismo come è stata condotta nel passato non è riuscita nel suo scopo; al contrario, ci è costata molto cara. Il Fronte Nazionale Unito di Liberazione, avendo il solo intento di servire l’interesse del nostro popolo liberandolo dai comunisti vietnamiti, saprà trarre le sue forze dal popolo e dirigerlo al momento di una insurrezione generale. Le unità armate del Fronte costituiranno una forza di sostegno e di protezione di questo gigantesco movimento popolare.
Comprendendo perfettamente l’obiettivo del fronte, ovunque andiamo, la nostra popolazione ci ha accolti, ci ha nascosti al nemico, ci ha nutriti, ci ha fornito informazioni e ci ha dato i suoi figli per aumentare le nostre truppe. Più di 40 organizzazioni di resistenza, isolate nel paese, si sono unite al Fronte e i nostri quadri continuano a infiltrarsi ogni giorno più profondamente negli agglomerati popolari.
Abbiamo invitato quanti pensavano di lasciare il paese ad abbandonare il loro tentativo e a rimanere per combattere e per obbligare la minoranza che ci opprime a scomparire.
Abbiamo invitato i membri dell’esercito comunista a pentirsi dei loro errori e a venire nei ranghi dei liberatori del popolo.
Abbiamo invitato tutta la popolazione a tenersi pronta per il segnale della sollevazione generale, quando verrà dato dal Fronte.
Abbiamo sottoposto al popolo vietnamita il nostro piano di ricostruzione di un Vietnam ripulito dal comunismo sotto ogni suo aspetto, dove la libertà, la dignità umana e i diritti dell’uomo saranno perfettamente rispettati.
Animati da una viva fiducia nell’avvenire, assieme al nostro popolo la cui forza è invincibile, sicuri che il potere dispotico di Hanoi, al soldo di Mosca, è entrato in un processo di autodistruzione a causa della corruzione e della demoralizzazione delle sue truppe, abbiamo la chiave per dare una soluzione all’aspetto puramente vietnamita del problema del nostro paese.
2. L’aspetto internazionale del problema
Il potere comunista attualmente vigente in Vietnam, dipendendo a ogni riguardo dai suoi padroni sovietici, ha portato il Vietnam a giocare un ruolo pericoloso nell’Asia sud-orientale. Agli ordini di Mosca, ha fatto la guerra a tutti i paesi vicini occupando il Laos, invadendo la Cambogia, attaccando le regioni di frontiera della Thailandia e provocando continuamente la Cina.
Qualcuno ha detto che il comunismo vietnamita è il più virulento poiché non si ferma in Indocina e poiché il suo potenziale espansionistico è molto grande. Il pericolo di una guerra di sovversione peserà sempre sui paesi dell’ASEAN fintanto che il potere comunista di Hanoi sarà vigente.
L’uso incontrollato da parte dei sovietici delle basi aeronavali lasciate dagli Stati Uniti dopo l’ultima guerra è una minaccia pericolosa per l’equilibrio delle forze nel Pacifico e nell’Oceano Indiano.
Gli accordi di Parigi, firmati nel gennaio del 1973 da molte grandi potenze per garantire la pace, la libertà e la integrità del territorio vietnamita, ricordano il dovere e la responsabilità di questi paesi verso il nostro popolo.
Abbiamo invitato tutti i paesi e tutti i popoli amanti delle libertà e della pace nel mondo a collaborare con la nostra lotta per riportare la pace e la prosperità nella regione. Non vogliamo condurre una lotta solitaria, ma non temiamo di dovere combattere da soli per un certo periodo di tempo!
Fino a oggi, nessun paese ha ancora pensato di rispondere all’appello disperato del nostro popolo, nessun paese ha pensato di assumere la responsabilità di risolvere con noi l’aspetto internazionale del problema vietnamita. È una triste realtà che si debba constatare una certa indifferenza, sempre condannabile davanti a tante sofferenze, a tanti sacrifici sopportati da un popolo, a partire dai primi giorni della seconda guerra mondiale, che si può dire non sia ancora finita in questo angolo del mondo!
In poco tempo e nei limiti di una conferenza è impossibile trattare tutti i problemi. Mi permetto solamente di trasmettere a tutti gli uomini e a tutte le donne che lottano per la libertà e la dignità dei popoli il messaggio scritto con il sangue e con le lacrime dei vietnamiti: la libertà e la dignità umana sono veramente le cose più preziose del mondo; cercate di conservarle e di proteggerle come le pupille dei vostri occhi.
Siamo certi che siete con noi nella nostra lotta contro la tirannide e contro il totalitarismo, per liberare gli oppressi e per ridare loro la libertà e la pace. Ci aspettiamo da voi un sostegno morale, una partecipazione attiva alla conquista dei cuori di tutti gli uomini e di tutte le donne di buona volontà per la difesa della nostra causa.
Il popolo vietnamita è sicuro che con il suo eroismo e con i suoi sacrifici, sostenuto dalla solidarietà dei popoli tutti del mondo intero, giungerà a liberarsi per godere della libertà e della pace.
Tran Duc Tuong
(1) Ginetta Sagan è, con Stephen Denney, autrice del rapporto Violations of human righs in Socialistic Republic of Vietnam. April 30, 1975 – April 30, 1983, Aurora Foundation, Atherton (CA) 1983. Basato su questo rapporto, cfr. MARIO VILLANI, I campi di «rieducazione» nel Vietnam sotto il giogo comunistico, in Cristianità, anno XII, n. 105, gennaio 1984 (ndr).