di Michele Brambilla
«Etsi Deus non daretur»: come se Dio non ci fosse. La famigerata massima illuminista è diventata il modo di vivere di troppi contemporanei, paragonati da Papa Francesco, alla recita dell’Angelus dell’8 luglio, agli abitanti di Nazaret, che nel Vangelo della XIV domenica del Tempo ordinario (cfr. Mc 6, 1-6) si scandalizzano così tanto della sapienza del conterraneo Gesù che Cristo giunge a scagliare contro di loro il celebre proverbio «nemo propheta in patria» (cfr. Mc 6, 4). «Ci domandiamo», dice il Pontefice: «come mai i compaesani di Gesù passano dalla meraviglia all’incredulità? Essi fanno un confronto tra l’umile origine di Gesù e le sue capacità attuali: è un falegname, non ha fatto studi, eppure predica meglio degli scribi e opera miracoli. E invece di aprirsi alla realtà, si scandalizzano. Secondo gli abitanti di Nazaret, Dio è troppo grande per abbassarsi a parlare attraverso un uomo così semplice!». Secondo l’ateo militante del secolo XXI, Dio non deve proprio parlare: i sessantottini scrivevano sui muri «Padre nostro che sei nei cieli…restaci!» poiché per loro era inaccettabile l’idea stessa di Rivelazione.
Dio, invece, in cielo non ci è voluto affatto rimanere. È sceso sulla Terra a proclamare la Sua legge, che è legge di verità e di amore. «Il capovolgimento operato da Gesù impegna i suoi discepoli di ieri e di oggi a una verifica personale e comunitaria. Anche ai nostri giorni infatti può accadere di nutrire pregiudizi che impediscono di cogliere la realtà. Ma il Signore ci invita ad assumere un atteggiamento di ascolto umile e di attesa docile, perché la grazia di Dio spesso si presenta a noi in modi sorprendenti, che non corrispondono alle nostre aspettative». Un monito rivolto quindi anche a chi, inseguendo un’immagine “cristallizzata” della tradizione ecclesiastica, chiude occhi e orecchi di fronte all’azione continua dello Spirito Santo e, come i nemici di Gesù, rischia di togliere l’anima ai precetti divini per circoscrivere arbitrariamente l’opera di Dio. «Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse: si ripetono i gesti e i segni della fede, ma ad essi non corrisponde una reale adesione alla persona di Gesù e al suo Vangelo», né la ricerca di una vera comunione con i fratelli nella fede.
L’uomo occidentale in genere e il cattolico “spaesato” in particolare devono tornare invece ad agire, tenendo conto di un Dio che non solo esiste, ma che infonde la propria grazia pure nell’oggi. «Dio non si conforma ai pregiudizi. Dobbiamo sforzarci di aprire il cuore e la mente, per accogliere la realtà divina che ci viene incontro. Si tratta di avere fede: la mancanza di fede è un ostacolo alla grazia di Dio». Il Papa propone come esempio santa Teresa di Calcutta (1910-97), che «[…] con la preghiera e con il suo operato ha fatto delle meraviglie» nonostante gli ostacoli posti dagli integralisti indù, dai musulmani e persino dai “benpensanti” laicisti, che non sopportavano l’impegno a difesa della vita in ogni suo stadio.
«Chiediamo», quindi, «al Signore, per intercessione della Vergine Maria, di sciogliere la durezza dei cuori e la ristrettezza delle menti, perché siamo aperti alla sua grazia, alla sua verità e alla sua missione di bontà e misericordia, che è indirizzata a tutti, senza alcuna esclusione».
Lunedi, 9 luglio 2018