La Chiesa, come san Giovanni Battista, non smette di chiamare i peccatori a conversione. Il distacco dai beni materiali non è fine a se stesso, ma è in vista del Regno di Dio.
di Michele Brambilla
«Il Vangelo di questa domenica (Mc 1,1-8)», afferma Papa Francesco introducendo l’Angelus del 6 dicembre, «presenta la figura e l’opera di Giovanni il Battista». «Egli», riprende il Pontefice, «indicò ai suoi contemporanei un itinerario di fede simile a quello che l’Avvento propone a noi, che ci prepariamo a ricevere il Signore nel Natale. Questo itinerario di fede è un itinerario di conversione», dal latino cum-vertere, “cambiare direzione”, «e questo è quello che insegnava il Battista, che nel deserto della Giudea “proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Mc 1,4). Ricevere il battesimo era segno esterno e visibile della conversione di coloro che ascoltavano la sua predicazione e si decidevano a fare penitenza. Quel battesimo avveniva con l’immersione nel Giordano, nell’acqua, ma esso risultava inutile, era un segno soltanto e risultava inutile se non c’era la disponibilità a pentirsi e cambiare vita».
Anche il nostro battesimo, benché sia un vero sacramento e abbia il potere di rimettere i peccati (non a caso, nei primi secoli, molti catecumeni cercavano di riceverlo in punto di morte, come fece lo stesso imperatore Costantino nel 337 d.C.), rischia di rimanere inoperoso se non ci instradiamo per davvero sulla via del Vangelo. «La conversione», ammonisce il Santo Padre, «comporta il dolore per i peccati commessi, il desiderio di liberarsene, il proposito di escluderli per sempre dalla propria vita. Per escludere il peccato, bisogna rifiutare anche tutto ciò che è legato ad esso, le cose che sono legate al peccato e cioè bisogna rifiutare la mentalità mondana, la stima eccessiva delle comodità, la stima eccessiva del piacere, del benessere, delle ricchezze. L’esempio di questo distacco ci viene ancora una volta dal Vangelo di oggi nella figura di Giovanni il Battista: un uomo austero, che rinuncia al superfluo e ricerca l’essenziale», affinché i beni materiali non lo distraggano dal quaerere Deum.
Il Papa ricorda ai cattolici, con un paragone un po’ forte, che non bisogna cercare la povertà per la povertà: «l’abbandono delle comodità e della mentalità mondana non è fine a sé stesso, non è un’ascesi solo per fare penitenza: il cristiano non fa “il fachiro”. È un’altra cosa. Non è fine a sé stesso, il distacco, ma è finalizzato al conseguimento di qualcosa di più grande, cioè il regno di Dio, la comunione con Dio, l’amicizia con Dio». La devozione delle famiglie cattoliche si esprime in questi giorni anche nell’allestimento del presepe e dell’albero di Natale: come dice il Pontefice, «facciamo in modo di non fermarci al segno, ma di andare al significato, cioè a Gesù, all’amore di Dio che Lui ci ha rivelato, andare alla bontà infinita che ha fatto risplendere sul mondo. Non c’è pandemia, non c’è crisi che possa spegnere questa luce. Lasciamola entrare nel nostro cuore, e tendiamo la mano a chi ha più bisogno», perché «Dio non è un padre brutto», che vuole il male delle sue creature. Il Signore «è tenero, ci ama tanto, come il buon Pastore, che cerca l’ultima del suo gregge. È amore, e la conversione è questo: una grazia di Dio. Tu incomincia a camminare, perché è Lui che ti muove a camminare, e tu vedrai come Lui arriverà. Prega, cammina e sempre si farà un passo in avanti».
Lunedì, 6 dicembre 2020