Articolo di Alfredo Mantovano, da Il Tempo, del 13 agosto 2018. Foto di redazione
Saremo pure immersi nel secolarismo più penetrante, ma che alla vigilia di Ferragosto decine di migliaia di giovani giungano a Roma dall’Italia e dal mondo, e trascorrano due giornate nell’afa più intensa per incontrare un Signore di 80 anni vestito di bianco che li striglia a dovere non è cosa da poco. Il Papa non ha fatto sconti: all’Angelus di ieri ha ricordato a quei giovani la loro natura di esseri “dinamici, appassionati e coraggiosi”, il contrario di “indifferenza, apatia, e tiepidezza”. Al Circo Massimo ha parlato di quanto sia “triste vedere i giovani sul divano, guardando come passa la vita davanti a loro. (…) che cosa brutta, un giovane in pensione!” I settantamila della veglia non si sono riuniti per essere blanditi, ma perché trovano in Cristo, attraverso l’insegnamento del Vicario in terra, la risposta a una domanda di significato. Non fanno parte di una ong: non avrebbero affrontato i sacrifici del pellegrinaggio romano per mostrare un vago solidarismo e condividere qualche slogan generico. Quel viaggio è uno dei tanti simboli dell’incontro con Colui che è risorto – Papa Francesco si è soffermato su questo nell’ultima parte dell’incontro di sabato sera -, e che per questo da senso alla vita. Chi ha responsabilità educative potrà anche far finta di nulla; ma prima di lanciarsi in ricerche ed esegesi sulla gioventù sbandata e immatura, consideri quanto vale il richiamo forte a essere sé stessi. I ventenni confluiti nella Capitale nell’ultimo fine settimana non sono marziani: vivono nelle loro città, diocesi, comunità, luoghi di studio e di lavoro. Sono una ricchezza attiva e dinamica, anche per un corpo sociale italiano ed europeo che appare stanco, indolente, incapace di scelte coraggiose. Riflettere sul valore civile della risposta di fede non significa confondere piani distinti; vuol dire cogliere la non lieve differenza fra la barca di Pietro e una onlus.