di Michele Brambilla
Chi o che cosa cerca il fedele quando va a Messa? Una semplice commemorazione, che svolge principalmente la funzione di raduno assembleare di una comunità di seguaci o davvero «il Pane della vita e il Calice della salvezza» (preghiera eucaristica II)? È la domanda centrale della XX domenica del Tempo ordinario.
Papa Francesco mette a fuoco, prima della recita dell’Angelus del 19 agosto, proprio la substantia dell’Eucaristia. «Il brano evangelico di questa domenica (cfr Gv 6,51-58) ci introduce nella seconda parte del discorso che fece Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo aver sfamato una grande folla con cinque pani e due pesci: la moltiplicazione dei pani. Egli si presenta come “il pane vivo disceso dal cielo”, il pane che dà la vita eterna, e aggiunge: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (v. 51)».
Parole fin da subito dirompenti («“Come può costui darci la sua carne da mangiare?” (v. 52)»), ma che troveranno un’esplicazione completa solo durante la Passione del Signore, quando le frasi pronunciate da Gesù sul pane azzimo e sul vino rituale della cena pasquale ebraica, per Lui l’Ultima Cena, anticiperanno davanti agli occhi sorpresi degli Apostoli la kenosis (“abbassamento”) che ogni abitante di Gerusalemme potrà contemplare apertamente il giorno dopo, sul Golgota. La Croce, che il Sacramento dell’Eucaristia ripresenta in forma incruenta, è pietra di scandalo oggi come allora. «Quando il segno del pane condiviso porta al suo significato vero, cioè il dono di sé fino al sacrificio, emerge l’incomprensione, emerge addirittura il rifiuto di Colui che poco prima si voleva portare in trionfo. Ricordiamoci che Gesù ha dovuto nascondersi perché volevano farlo re», re secondo gli uomini e non secondo il senso della Sua vera regalità divina.
Cristo regna dal legno (inno Vexilla Regis, strofa 4) e dona a tutti il Suo corpo e il Suo sangue. La Sua è una donazione totale. «Carne e sangue nel linguaggio biblico esprimono l’umanità concreta. La gente e gli stessi discepoli intuiscono che Gesù li invita ad entrare in comunione con Lui, a “mangiare” Lui, la sua umanità, per condividere con Lui il dono della vita per il mondo». Lo “scopo” di ogni Messa non è altro che questo. «Questo pane di vita, sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, viene a noi donato gratuitamente nella mensa dell’Eucaristia. Attorno all’altare troviamo ciò che ci sfama e ci disseta spiritualmente oggi e per l’eternità». Non solo: «Ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa, in un certo senso, anticipiamo il cielo sulla terra, perché dal cibo eucaristico, il Corpo e il Sangue di Gesù, impariamo cos’è la vita eterna. Essa è vivere per il Signore: “colui che mangia me vivrà per me” (v. 57), dice il Signore».
Occorre quindi che il cattolico si rechi a Messa tutte le volte che ne abbia possibilità, poiché ne va della salvezza eterna. «L’Eucaristia ci plasma perché non viviamo solo per noi stessi, ma per il Signore e per i fratelli. La felicità e l’eternità della vita dipendono dalla nostra capacità di rendere fecondo l’amore evangelico che riceviamo nell’Eucaristia». Cessare di andare a Messa si porta dietro di sé, inevitabilmente, un calo in tutti gli altri “parametri” della vita cristiana, fenomeno visibilissimo nei ragazzi che prendono questa decisione dopo la Cresima. «La Vergine Maria sostenga il nostro proposito di fare comunione con Gesù Cristo, nutrendoci della sua Eucaristia, per diventare a nostra volta pane spezzato per i fratelli» e commensali di Dio dopo la morte naturale.