Pierre Faillant de Villemarest, Cristianità n. 174 (1989)
Mentre il flagello dilaga e ci si chiede come fronteggiarlo
L’Unione Sovietica e l’«arma della droga»
Da una copiosa documentazione – spesso non segreta, ma semplicemente non utilizzata dai mass media – e da informazioni di prima mano una prospettiva inedita sui circuiti della droga e sulle inequivocabili implicazioni del blocco socialcomunista.
L’Unione Sovietica è direttamente implicata nel traffico internazionale della droga. Il CEI, il Centre Européen d’Information, ne parla da dieci anni e ha raccolto sull’argomento una consistente quantità di materiale documentale. In tutti i paesi dell’Europa Occidentale «si» vogliono denunciare i narcotrafficanti, ma non al punto da dire tutto. Lo stesso silenzio è osservato negli Stati Uniti dove, peraltro, il Congressional Record, la pubblicazione che raccoglie gli atti parlamentari, nel 1987 ha riportato in più occasioni documenti inconfutabili sui legami fra il governo di Mosca e il triangolo dei «baroni» della droga in paesi latinoamericani come la Colombia, il Perù e la Bolivia. Identico silenzio viene osservato nella Repubblica Federale di Germania dove, nel 1984, il conte Hans Huyn, deputato al Bunderstag, documentava il collegamento Mosca-Hanoi-Vientiane-Kabul-Sofia in direzione dell’Europa Occidentale, mentre, dal canto suo, il senatore americano Jesse Helms aveva provato il coordinamento fra le filière europee e quelle dell’America Latina attraverso Cuba.
Prezzi, profitti e reti
Il 29 agosto 1989 i doganieri dell’areoporto di Roissy, in Francia, scoprivano quindici chilogrammi e mezzo di cocaina nei bagagli di un passeggero libanese proveniente dal Brasile, così portando – secondo l’AFP, l’Agence France Presse – a centosessantacinque chilogrammi il volume di cocaina sequestrato in otto mesi nella sola Francia, un quantitativo equivalente a quattrocentonovantacinquemila dosi immissibili sul mercato…
All’origine, in America Latina, preparare un chilo di cocaina costa duecento dollari, ai quali se ne devono aggiungere altri duecento per portarla negli Stati Uniti, più altri mille di «spese», che finiscono nelle tasche dei distributori, in totale millequattrocento dollari. Ebbene, un chilogrammo di cocaina sul mercato americano vale diecimila dollari, e ventiquattromila su quello francese!… Stando così le cose, si capisce come si costruiscano autentiche fortune corrompendo intere popolazioni.
Ma la stampa non richiama il fatto che, nel giugno del 1986, nel porto di Rotterdam, nei Paesi Bassi, sono stati sequestrati duecentoventi chilogrammi di cocaina a bordo di una nave da trasporto sovietica. Il carico proveniva da una zona dell’Afghanistan confinante con il Pakistan e controllata dalgoverno socialcomunista di Kabul. I sovietico-afgani lo avevano trasportato con autocarri in Uzbekistan, inoltrato per ferrovia attraverso l’Unione Sovietica fino a Riga, in Lettonia, dove era stato imbarcato sulla nave di linea in questione… Nel 1987 carichi dello stesso tipo venivano sequestrati contemporaneamente ad Anversa, in Belgio, e a Ottawa, in Canada, all’intemo di container sovietici…
Il circuito «droga-armamenti»
Devo queste informazioni a Lewis A. Tamb, ambasciatore degli Stati Uniti in Colombia dal 1983 al 1986, il quale ha il merito di aver scatenato la guerra contro i narcotrafficanti fornendo al suo governo le prove che operavano in completo coordinamento con il governo della Repubblica di Cuba, e che perciò, nel 1983 e nel 1984, ha subito ben quattro attentati. Quindi la dogana degli Stati Uniti e la CIA, i servizi segreti americani, hanno colto sul fatto numerosi diplomatici cubani, mentre un transfuga importante forniva documenti inequivocabili secondo cui, dal 1979, sotto la supervisione di un ufficiale superiore del KGB, il servizio di spionaggio sovietico, l’asse Mosca-L’Avana aveva inaugurato il sistema «droga-armamenti».
Infatti, Raùl Castro Ruz – il fratello del despota cubano Fidel – affermava davanti alla Commissione speciale cubana che «Cuba può guadagnare dai cinquecentomila ai settecen- tomila dollari per carico di droga inoltrato con battelli e ridistribuito negli Stati Uniti allo scopo di accelerare la disgregazione della società americana».
Dal 1985 il governo degli Stati Uniti chiede l’estradizione del viceammiraglio Aldo Santamaria Cuadrano, incaricato dal 1979 di dirigere questo traffico via mare, mentre il governo cubano la rifiuta. Inoltre, Fidel Castro Ruz ha fatto fucilare numerosi ufficiali superiori – fatta eccezione per uno o due protetti da lui e da suo fratello Raùl –, tutti coinvolti, negli ultimi dieci anni, in precise operazioni settoriali, agli ordini appunto di suo fratello Raùl: in questo modo sono stati eliminati testimoni potenziali, nella misura del possibile liberando i fratelli Castro dalla totale responsabilità e togliendo di torno soggetti «bruciati» dalle indagini statunitensi, alcuni dal 1983, altri dal 1986. E intanto si accredita in tutto il mondo la tesi secondo cui il governo socialcomunista cubano partecipa alla lotta contro la droga!
Invece, proprio socialcomunisti cubani hanno seminato il campo della droga, con i cui profitti è stato parzialmente pagato l’armamento delle guemglie nel periodo dal 1979 al 1981. I guerriglieri dell’M19, il Movimiento 19 Avril, dell’ELN, l’Ejército de Liberacion Nacional, dell’EPL, l’Ejército Popular de Liberaciòn, delleFARC, le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia, in questo paese, i cosiddetti maoisti di SenderoLuminoso in Perù, i sandinisti in Nicaragua, hanno tutti rapporti stretti con i «baroni» del cartello di Medellin e di Cali. Il generale Manuel Antonio Noriega, l’eminenza grigia di Panama, ha avuto parte nei traffici di droga e di armi dal 1980, e, da allora, è passato definitivamente al servizio dei sovietico-cubani, allo stesso modo di Philip Agee, disertore dalla CIA, e di molti altri.
Dalla guerra di Corea alla Repubblica Democratica del Vietnam nel 1963
David C. Jordan, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Perù dal 1984 al 1986 nonché professore all’università statale della Virginia, sulla Strategic Review dell’USSI, l’United States Strategic Institut, segnala l’intesa fra i governi di Cuba, del Nicaragua e di Panama, che definisce «il cervello del KOMINTERN del Terzo Mondo» e che afferma essere strettamente legata ai guerriglieri socialcomunisti in Colombia e in Perù, nonché alle cellule sovversive in Messico, e interdipendente rispetto ai narcotrafficanti.
Si tratta di una storia lunga. Durante la guerra di Corea i servizi segreti sovietici, cercando la ragione del fatto che una straordinaria percentuale di morti americani non presentava ferite ma era defunta per crisi cardiache, dopo autopsie scoprono che il 22% delle reclute si drogava. Sulla base di questo dato, il KGB per quattro anni svolge indagini negli Stati Uniti e in Europa, quindi – con il consenso di Nikita S. Kruscev, nella cui prospettiva era buono e morale tutto quanto affrettava la decomposizione della società americana e del capitalismo – decide di servirsi dell’arma della droga, infiltrando le reti degli spacciatori. Allo stesso modo, l’Unione Sovietica addestra sul suo territorio terroristi, senza chiedere loro di essere marxisti: poi li lascia andare per il mondo, liberi di seminare morte a loro piacimento, salvo svolgere operazioni determinate, teleguidate in settori specifici e in momenti opportuni dai loro ex istruttori. Così, a partire dal 1961, in due sessioni speciali del Patto di Varsavia è stata messa a punto la sistematizzazione della «procedura» di infiltrazione delle reti di spacciatori attraverso i servizi segreti degli Stati satelliti, a cominciare da quelli cecoslovacchi, che venivano avvicinati da Raùl Castro Ruz, nel corso di una visita di lavoro, dal momento che, all’epoca, suo fratello Fidel voleva essere trattato come un alleato dell’Unione Sovietica e non come un suo subordinato, e allo scopo chiedeva sostegno al governo di Praga. Il generale Jan Sejna, numero due dei servizi segreti della Repubblica Socialista Cecoslovacca, assisteva a queste riunioni e nel 1968,transfuga in Occidente, ha rivelato che Nikita S. Kruscev aveva affidato al governo di Praga la funzione d’avanguardia dell’unione Sovietica a Cuba «per injìltrare e per utilizzare le reti della droga latinoamericane», e che la metà degli ufficiali cecoslovacchi inviati da allora nell’isola caraibica era in realtà costituita da sovietici del KGB, appunto incaricati di inquadrare la penetrazione cubana delle reti di droga latinoamericane, per corrompere la gioventù degli Stati Uniti e per guadagnare denaro, pagando con questi redditi gli acquisti e i trasferimenti illegali di tecnologia e coprendo i costi elevatissimi delle forniture di armamenti ai guerriglieri.
Per esempio, già nel 1964 i servizi segreti cecoslovacchi pagavano in questo modo la metà delle loro operazioni di spionaggio, delle quali il 22% era rappresentato dallo spionaggio industriale. Nel 1966, il 70% dei ventidue milioni di dollari a cui ammontavano le loro spese era coperto nel modo indicato, e otto milioni costituiti in riserva. Nel 1967, i cubani assicuravano il governo sovietico che il 90% delle reti di droga latinoamericane era infiltrato e utilizzato quando venivano decise operazioni sul continente.
Quindi, a partire dal 1963, nella Repubblica Democratica del Vietnam, grazie a finanziamenti da parte dell’Unione Sovietica, nascono laboratori per produrre metodicamente droghe, poi fatte passare nella Repubblica del Vietnam del Sud attraverso la Thailandia. Il bersaglio dell’operazione era costituito dall’esercito americano. Questo esperimento dà risultati tanto buoni che – come informa il deputato tedesco occidentale conte Hans Huyn –, nel settembre del 1976, poco più di un anno dopo la «pace in Indocina», il governo sovietico donava trentadue milioni di dollari al Laos, caduto sotto il regime socialcomunista, «per progetti agricoli speciali e per la costruzione di una fabbrica farmaceutica». Il risultato dell’operazione è stato che nel 1976 il Laos produceva centoventisette tonnellate di oppio e nel 1982 seicento tonnellate dello stesso narcotico, da cui venivano ricavate settanta tonnellate di eroina, delle quali il 30% finiva sul mercato del Sud-Est Asiatico e il 70% all’Unione Sovietica per essere spacciata in Europa.
Ma chi si incaricava di questo spaccio?
L’attività era svolta da due ditte bulgare, una delle quali è la Kintex di Sofia: prova ne è che il 16 luglio 1970, la direttiva M-120/00-0050 del KDS, i servizi segreti bulgari, aveva fissato ai dirigenti di queste due ditte il loro piano di lavoro, secondo cui il 60% del materiale ricevuto doveva arrivare nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti attraverso la Turchia, grazie a reti italiane. L’altra ditta si serviva di autotrasporti internazionali.
Dal 1971 – anno in cui è passato in Occidente il colonnello Stefan Sverdlev – era noto alle autorità tedesco-occidentali, francesi e inglesi che la Bulgaria era incaricata dall’Unione Sovietica di questi traffici, e che la filière proveniente dal Laos si univa ad altre reti infiltrate da lunga data dal KGB. Ma l’Occidente ha aperto gli occhi sulla Bulgaria soltanto nel 1981, grazie a un caso accaduto a Trieste, anche sulla base del fatto che Mehemet Alì Agca – uno degli autori dell’attentato contro Papa Giovanni Paolo II – lavorava con queste reti di droga, coperte dalle autorità sovietiche e bulgare.
L’«arma della droga» e chi se ne serve
Non si può non notare che, quando un paese cade sotto controllo sovietico, diventa produttore di droga: è stato il caso del Vietnam, poi del Laos, di Cuba, quindi del Nicaragua… dell’Afghanistan, quattro anni dopo la sua invasione… del Libano, da quando, grazie all’appoggio del governo di Mosca, la valle della Bekaa è caduta sotto la sferza siriana e il capo druso Walid Jumblatt ha così decuplicato la sua fortuna…
La Colombia conta, fra le vittime legate al traffico di droga, 8.935 persone assassinate fra il 1982 e il 1988. Eliminare i «baroni» del cartello della droga non significherà eliminare i traffici se non vengono coinvolti coloro che teleguidano le reti internazionali di essi, con l’accordo oppure senza l’accordo di quanti ne fanno parte, non solamente allo scopo di corrompere le società che non dominano direttamente, ma anche perché il denaro così ottenuto paga nello stesso tempo gli armamenti delle guemglie e la tecnologia comprata illegalmente e trasferita in Unione Sovietica attraverso i suoi Stati satelliti. E relativamente a tutto questo il governo sovietico svolge una funzione di supervisione e assegna i ruoli sul mercato mondiale, abbandonando, se necessario, ogni collaboratore «bruciato».
Pierre Faillant de Villemarest