di Silvia Scaranari
Oggi nel mondo si vedono ritornare forme di schiavitù che speravamo di aver abbandonato con il “progresso della civiltà”: schiavitù legalizzate di uomini e donne in aree controllate da un islam integralista e jihadista, ma anche forme di schiavitù di donne e bambini costretti a condizioni di vita inumane. Mentre ci deve essere una doverosa protesta verso ogni forma di schiavitù intesa come oppressione di uomini su altri uomini, occorre interrogarsi su cosa sia veramente la libertà.
Esiste certamente una libertà della persona da coercizioni esterne per cui è giusto operare, ma esistono tante forme di schiavitù interiore che dilagano in ogni contesto sociale. Ci sono le prigionie interiori patologiche, come i blocchi psicologici, i complessi, i limiti caratteriali, e, al contrario, persone, come san Massimiliano Kolbe (1894-1941) o il Venerabile François Xavier Nguyên Van Thuân (1928-2002), citati da Papa Francesco nell’udienza generale del 12 settembre, che, pur in carcere, riescono a vivere una libertà luminosa. E allora cosa è veramente la libertà?
La libertà è la possibilità di scegliere ed è il grande dono che Dio ha fatto all’uomo all’atto della creazione, nella consapevolezza che tale dono avrebbe anche potuto essere usato male. Ma la possibilità di scegliere ciò che si desidera rende veramente liberi e felici? Certamente no, e lo ricorda a tutti i fedeli il Pontefice nella nell’udienza generale citata, sottolineando che la «[…] vera libertà è molto di più».
Il Santo Padre aveva già affrontato il tema nel giugno 2013: «Forse si pensa che libertà sia fare tutto ciò che si vuole; oppure avventurarsi in esperienze-limite per provare l’ebbrezza e vincere la noia. Questa non è libertà»: è un’espressione della schiavitù del proprio ego. «L’ego», ha ricordato il Papa nell’udienza del 12 settembre, «può diventare un aguzzino che tortura l’uomo ovunque sia e gli procura la più profonda oppressione, quella che si chiama “peccato”, che non è banale violazione di un codice, ma fallimento dell’esistenza e condizione di schiavi (cfr Gv 8,34). Il peccato è, alla fine, dire e fare ego. “Io voglio fare questo e non mi importa se c’è un limite, se c’è un comandamento, neppure mi importa se c’è l’amore”».
Tutti i vizi umani sono una forma di schiavitù a cui l’uomo si sottopone volontariamente. Il goloso è schiavo del proprio stomaco e del proprio gusto, l’iracondo è schiavo del proprio carattere, il lussurioso è schiavo del proprio piacere e così via. L’egocentrismo è il più crudele fra tutti i padroni.
Al contrario esiste una versione vera della libertà che è ‒ ricordava il santo Padre nel discorso del giugno 2013 ‒ «[…] saper riflettere su quello che facciamo, saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, quelli che sono i comportamenti che fanno crescere, vuol dire scegliere sempre il bene. Noi siamo liberi per il bene. E in questo non abbiate paura di andare controcorrente, anche se non è facile! Essere liberi per scegliere sempre il bene è impegnativo, ma vi renderà persone che hanno la spina dorsale, che sanno affrontare la vita, persone con coraggio e pazienza.
E, quindi, «[…] chi è dunque il vero schiavo? […] Chi non è capace di amare!» perché chi è libero conosce il vero amore che è sempre attenzione verso l’altro, è evitare in ogni modo di far ingiustamente soffrire, è ricordare che “i precetti del Signore fanno gioire il cuore” (sal. 18). Occorre credere con forza che se tra la mia visione della vita e quella indicata dal Signore c’è conflitto sono io che sbaglio, non Lui. Occorre avere il coraggio di vivere fino in fondo la dolce giaculatoria che Gesù ha insegnato a santa Faustina Kowalska “Gesù, confido in Te” facendo tacere il nostro desiderio per seguire la strada della verità e del bene che i Suoi comandamenti indicano.
Solo l’adesione piena al Signore Gesù rende veramente liberi perché Lui «spezza la schiavitù interiore del peccato per rendere l’uomo capace di amare. L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati.» Infatti, solo «la misericordia di Dio ci libera. E quando tu ti incontri con la misericordia di Dio, hai una libertà interiore grande e sei anche capace di trasmetterla. Per questo è tanto importante aprirsi alla misericordia di Dio per non essere schiavi di noi stessi».