di Michele Brambilla
La catechesi di Papa Francesco di mercoledì 14 novembre verte sull’ottavo Comandamento del Decalogo, che come è noto recita: «non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo».
Il Papa chiede: «ma cosa significa dire la verità? Significa essere sinceri? Oppure esatti? In realtà, questo non basta, perché si può essere sinceramente in errore, oppure si può essere precisi nel dettaglio ma non cogliere il senso dell’insieme». C’è un altro caso ancora, sperimentato più volte sia dal Pontefice regnante sia dal suo immediato predecessore sulla propria pelle: «[…] “ho solamente detto la verità!”. Può darsi, ma hai rivelato dei fatti personali o riservati. Quante chiacchiere distruggono la comunione per inopportunità o mancanza di delicatezza!».
La domanda sulla verità emerge con potenza soprattutto nel Vangelo, in circostanze per Gesù molto particolari. «Questa è», dice il Pontefice, «la domanda fatta da Pilato, proprio mentre Gesù, davanti a lui, realizzava l’ottavo comandamento (cfr Gv 18,38). Infatti le parole “Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo” appartengono al linguaggio forense. I Vangeli culminano nel racconto della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù; e questo è il racconto di un processo, dell’esecuzione della sentenza e di una inaudita conseguenza», che contraddice radicalmente la funzione del diritto perché condanna a morte il Legislatore per eccellenza. La Verità, infatti, non è altri che Cristo stesso, e condannarlo alla crocifissione non ha significato altro che ribellarsi alla fonte da cui promana ogni autentica legislazione che voglia essere davvero pro homine.
La verità, però, come dice il proverbio, prima o poi torna a galla, e infatti Cristo è risorto. Riassume quindi il Papa: «la verità trova la sua piena realizzazione nella persona stessa di Gesù (cfr Gv 14,6), nel suo modo di vivere e di morire, frutto della sua relazione con il Padre. Questa esistenza da figli di Dio, Egli, risorto, la dona anche a noi inviando lo Spirito Santo che è Spirito di verità, che attesta al nostro cuore che Dio è nostro Padre (cfr Rm 8,16)».
Se i cristiani sono coloro che, in forza del Battesimo, sono innestati su questa Verità, diventa lecita un’ulteriore domanda, che Francesco pone con molta sincerità. «Domandiamoci: quale verità attestano le opere di noi cristiani, le nostre parole, le nostre scelte? Ognuno può domandarsi: io sono un testimone della verità, o sono più o meno un bugiardo travestito da vero?». Se ne deduce che «in ogni suo atto l’uomo, le persone affermano o negano questa verità. Dalle piccole situazioni quotidiane alle scelte più impegnative. Ma è la stessa logica, sempre».