Pregare, dice il Papa, è sempre un atto ecclesiale, perché «la Chiesa, in tutte le sue membra, ha la missione di praticare la preghiera di intercessione» nei confronti di tutta l’umanità
di Michele Brambilla
Papa Francesco sottolinea, all’inizio dell’udienza generale del 16 dicembre, che «chi prega non lascia mai il mondo alle sue spalle. Se la preghiera non raccoglie le gioie e i dolori, le speranze e le angosce dell’umanità, diventa un’attività “decorativa”, un atteggiamento superficiale, da teatro, un atteggiamento intimistico». Certo, «tutti abbiamo bisogno di intimità» quando preghiamo, «ma questo non vuol dire evadere dalla realtà. Nella preghiera, Dio “ci prende, ci benedice, e poi ci spezza e ci dà”, per la fame di tutti. Ogni cristiano è chiamato a diventare, nelle mani di Dio, pane spezzato e condiviso. Cioè una preghiera concreta, che non sia una fuga» dalla realtà quotidiana o dalle persone che ci circondano. «Così gli uomini e le donne di preghiera cercano la solitudine e il silenzio, non per non essere infastiditi, ma per ascoltare meglio la voce di Dio. A volte si ritirano dal mondo, nel segreto della propria camera, come raccomandava Gesù (cfr Mt 6,6), ma, ovunque siano, tengono sempre spalancata la porta del loro cuore» alle esigenze spirituali dei loro conoscenti, anche se peccatori e/o lontani dalla fede.
Come «il Catechismo scrive: “Intercedere, chiedere in favore di un altro […] è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio” (n. 2635). Questo», afferma il Pontefice, «è bellissimo. Quando preghiamo siamo in sintonia con la misericordia di Dio: misericordia nei confronti dei nostri peccati – che è misericordioso con noi – ma anche misericordia verso tutti coloro che hanno chiesto di pregare per loro». Infatti «alla preghiera sta a cuore l’uomo. Semplicemente l’uomo» nella sua interezza, in quanto creatura di Dio. «Chi non ama il fratello non prega seriamente. […] Quando un credente, mosso dallo Spirito Santo, prega per i peccatori, non fa selezioni, non emette giudizi di condanna: prega per tutti», dice ancora il Santo Padre. Tutti abbiamo qualcosa per cui chiedere perdono al Signore, «perciò una preghiera che possiamo rivolgere a Dio è questa: “Signore, nessun vivente davanti a Te è giusto” (cfr Sal 143,2)».
Il mondo va avanti grazie ad un’umile catena di oranti che non “insegue” le prime pagine dei giornali. Pregare, però, è sempre un atto comunitario. I sacerdoti pregano incessantemente per il loro popolo: un buon parroco «persevera nel servizio di pastore anche nei confronti di chi lo porta a sporcarsi le mani; non chiude il cuore davanti a chi magari lo ha fatto soffrire». Il Papa ricorda che «la Chiesa, in tutte le sue membra, ha la missione di praticare la preghiera di intercessione, intercede per gli altri. In particolare, ne ha il dovere chiunque sia posto in un ruolo di responsabilità: genitori, educatori, ministri ordinati, superiori di comunità… Come Abramo e Mosè, a volte devono “difendere” davanti a Dio le persone loro affidate. In realtà», precisa il Pontefice, «si tratta di guardarle con gli occhi e il cuore di Dio, con la sua stessa invincibile compassione e tenerezza». Ecco allora l’invito a pregare con tenerezza per gli altri, in questo Natale particolare: «vorrei esortare tutti ad “affrettare il passo” verso il Natale, quello vero, cioè la nascita di Gesù Cristo. Quest’anno ci attendono restrizioni e disagi; ma pensiamo al Natale della Vergine Maria e di San Giuseppe: non furono rose e fiori» neppure allora!
Giovedì, 17 dicembre 2020