Marco Invernizzi, Cristianità n. 404 (2020)
Il dibattito sull’interpretazione del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) e sulla sua importanza nella vita della Chiesa si è recentemente arricchito di un intervento del card. Walter Brandmüller, che ha ricordato una verità tanto elementare quanto poco tenuta in considerazione, cioè che il Vaticano II è il ventunesimo concilio della storia della Chiesa, niente di più ma neanche niente di meno. Si può partire da qui per spiegare l’attenzione che Alleanza Cattolica ha sempre dato a quello che è stato definito come l’avvenimento più importante della storia della Chiesa del secolo XX. Esso non è stato il super-concilio che ha annientato i venti concili precedenti, come vorrebbero alcuni (1), né può essere giudicato un concilio inutile e dannoso, come vorrebbero altri (2), da dimenticare il prima possibile.
Sul concilio si dovrebbe sempre fare riferimento ai documenti, che pochi hanno letto veramente nel corso dei cinquantacinque anni successivi alla fine dei lavori conciliari. Potranno piacere o meno, ma questi documenti fanno parte a pieno titolo del Magistero della Chiesa, come spiega Papa san Giovanni XXIII (1958-1963) nel discorso che apre il concilio: «Nell’indire questa grandiosa assemblea, il più recente e umile Successore del Principe degli Apostoli, che vi parla, si è proposto di riaffermare ancora una volta il Magistero Ecclesiastico, che non viene mai meno e perdura sino alla fine dei tempi; Magistero che con questo Concilio si presenta in modo straordinario a tutti gli uomini che sono nel mondo, tenendo conto delle deviazioni, delle esigenze, delle opportunità dell’età contemporanea» (3).
Il Concilio Vaticano II ha presente che soltanto la verità cattolica può salvare gli uomini dall’odio che impedisce la pace e condurli alla vita eterna: «Questa sollecitudine della Chiesa nel promuovere e tutelare la verità deriva dal fatto che, secondo il piano di Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm, 2,4), senza l’aiuto dell’intera dottrina rivelata gli uomini non possono pervenire ad una assoluta e saldissima unità degli animi, cui sono collegate la vera pace e l’eterna salvezza» (4).
Tuttavia, il concilio non venne convocato per affrontare qualche tema inerente alla dottrina, ma per trovare il modo migliore per comunicarla all’uomo contemporaneo, che aveva già voltato le spalle al messaggio di Cristo. Da qui l’indole missionaria del Vaticano II, che ha voluto riformare la Chiesa nella continuità della sua tradizione, come spiegheranno i pontefici post-conciliari, da san Paolo VI (1963-1978) a san Giovanni Paolo II (1978-2005), a Benedetto XVI (2005-2013) e infine a Papa Francesco. Una continuità che si è sempre sforzata di correggere coloro che non compresero la natura riformatrice del concilio così come coloro che vollero dargli una lettura rivoluzionaria in rottura con la storia bimillenaria della Chiesa e con i precedenti venti concili universali: «Questo si propone il Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale, mentre raccoglie insieme le migliori energie della Chiesa e si sforza con zelo di far accogliere dagli uomini più favorevolmente l’annunzio della salvezza, quasi prepara e consolida la via per realizzare quell’unità del genere umano, che è come il necessario fondamento, perché la Città terrena si organizzi a somiglianza della Città celeste “il cui re è la verità, la cui legge è la carità, la cui grandezza è l’eternità”» (5).
I testi che pubblichiamo — sia quello del card. Brandmüller sia quello dell’arcivescovo Agostino Marchetto nell’intervista di Stefano Nitoglia — vanno in questa direzione. Speriamo così di contribuire a far comprendere che, mentre i cattolici si dividono sull’interpretazione di un concilio che li vuole missionari e apostoli nei confronti dei loro contemporanei, questi ultimi continuano a subire il fascino degli errori che la modernità e la post-modernità si portano dietro, insieme a mille altre contraddizioni. Nessuno è più in pericolo di colui che non se ne rende conto. E allora, chi veramente pensa di amare il prossimo si preoccupi di cercarlo e aiutarlo a trovare la Verità che salva, attingendo alla sapienza bimillenaria della Chiesa che si esprime anche tramite il suo Magistero autentico.
Note:
1) «La verità è che questo particolare concilio non ha affatto definito alcun dogma e deliberatamente ha scelto di rimanere su un livello modesto, come concilio soltanto pastorale; ma molti lo trattano come se si fosse trasformato in una specie di superdogma che toglie l’importanza di tutto il resto» (Joseph Ratzinger, Indirizzo alla Conferenza episcopale cilena, del 13-7-1988, cit. in Pietro Cantoni, Il Magistero contestato, in Cristianità, anno XVII, n. 174, ottobre 1989, pp. 7-14 [p. 13, nota 24]).
2) «[…] quell’assise andrebbe dimenticata “in quanto tale e in blocco”» (mons. Carlo Maria Viganò, Lettera a Sandro Magister, del 3-6-2020 pubblicata sul blog di Sandro Magister Settimo Cielo).
3) Giovanni XXIII, Discorso «Gaudet mater Ecclesia» nella solenne apertura del concilio (Sessione I), dell’11-10-1962, n. 2.2.
4) Ibid., n. 8.1.
5) Ibid., n. 8.4.