« Ora invece egli ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco: vengono giorni, dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giuda. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore. E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: “Conosci il Signore!”. Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati. Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima: ma, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a scomparire » (Eb 8,6-13).
L’Antica Alleanza non si è dissolta nella seconda, ma si è “compiuta” e quello che rimane di essa nel popolo di Israele continua ad essere chiamato al compimento. Per questo il rabbino Israel Zolli, che divenne cristiano nel 1945, non diceva di essersi “convertito”, ma di essere “arrivato”.
In Cristo il ponte c’è già, non è da costruire o da ricostruire. Non c’è perché noi, che stiamo camminandovi sopra, siamo bravi, certamente non perché siamo più bravi del popolo dell’Antica Alleanza, ma perché l’ha costruito Dio nel Figlio suo.
Il ponte c’è anche se noi non crediamo, ma non diventa salvezza per noi se noi non lo percorriamo credendo nel Figlio di Dio morto e risorto per noi con una fede viva, cioè « operosa per mezzo della carità » (Gal 5,6).
Camminare sul ponte vuol dire percorrere una vita ad immagine e somiglianza di quella del Figlio di Dio, cioè – in fondo, a modo nostro – la stessa vita di Gesù, che è « la via, la verità e la vita » (Gv 14,6) e quindi una vita con la croce portata per amore.
Non è un ponte lontano e irraggiungibile, perché, pur essendo definitivo, è reso continuamente presente tutte le volte che è celebrata una Messa: è reso presente per noi, perché percorrendolo passiamo dalla terra al cielo.
Questa è infatti la liturgia: il cielo sulla terra, perché dalla terra si possa finalmente raggiungere il cielo. Ciascuno di noi se cammina su questo ponte, diventa in qualche modo ponte anche per gli altri, perché il Signore Gesù, che è il vero ponte, si fa presente nella nostra vita in modo che chi ha a che fare con noi lo possa incontrare.