Il Papa ricorda che è necessario pregare per l’unità perché «ci accorgiamo che non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi» a causa del peccato
di Michele Brambilla
Quando Papa Francesco si rivolge ai fedeli cattolici il 20 gennaio, in occasione dell’udienza del mercoledì, ricorda loro che si è nel pieno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: «infatti, la settimana che va dal 18 al 25 gennaio è dedicata in particolare a questo, a invocare da Dio il dono dell’unità per superare lo scandalo delle divisioni tra i credenti in Gesù. Egli, dopo l’Ultima Cena, ha pregato per i suoi, “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21)». Il Papa rammenta che «è la sua preghiera prima della Passione, potremmo dire il suo testamento spirituale. Notiamo, però, che il Signore non ha comandato ai discepoli l’unità. Nemmeno ha tenuto loro un discorso per motivarne l’esigenza. No, ha pregato il Padre per noi, perché fossimo una cosa sola. Ciò significa che non bastiamo noi, con le nostre forze», a mantenere unita la Chiesa, «l’unità è anzitutto un dono, è una grazia da chiedere con la preghiera».
Il Pontefice ricorda che «ciascuno di noi ne ha bisogno. Infatti, ci accorgiamo che non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi», in interiore homine. «Anche l’apostolo Paolo sentiva dentro di sé un conflitto lacerante: volere il bene ed essere inclinato al male (cfr Rm 7,19). Aveva così colto che la radice di tante divisioni che ci sono attorno a noi – tra le persone, in famiglia, nella società, tra i popoli e pure tra i credenti – è dentro di noi» e si chiama peccato. Il Santo Padre cita in proposito la costituzione conciliare Gaudium et Spes: «il Concilio Vaticano II afferma che “gli squilibri di cui soffre il mondo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. […] Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società” (Gaudium et spes, 10)». Se la radice delle discordie è il peccato, bisogna invocare Colui che è senza peccato e ci costituisce in unità in quel Corpo mistico che è la Chiesa: «questo vale prima di tutto per i cristiani: l’unità può giungere solo come frutto della preghiera. Gli sforzi diplomatici e i dialoghi accademici non bastano. Gesù lo sapeva e ci ha aperto la via, pregando». La liturgia cattolica è sempre partecipazione alla preghiera che Cristo eleva incessantemente davanti al Padre a nostro favore.
Il Papa ammonisce: «in questo tempo di gravi disagi è ancora più necessaria la preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti. È urgente accantonare i particolarismi per favorire il bene comune, e per questo è fondamentale il nostro buon esempio: è essenziale che i cristiani proseguano il cammino verso l’unità piena, visibile». Questo significa anche lottare, «sì, lottare, perché il nostro nemico, il diavolo, come dice la parola stessa, è il divisore. Gesù chiede l’unità nello Spirito Santo, a fare unità. Il diavolo sempre divide, perché è conveniente per lui dividere», come suggerisce la celebre esortazione latina divide et impera. L’umanità dovrebbe ritrovare la sua unità almeno davanti ad alcuni problemi specifici. Il Pontefice esulta perché «dopodomani, venerdì 22 gennaio, entrerà in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni, il cui utilizzo ha un impatto indiscriminato, colpisce in breve tempo una grande quantità di persone e provoca danni all’ambiente di lunghissima durata. Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno».
Giovedì, 21 gennaio 2021