« Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé” » (Mc 3,20-21).
La reazione dei parenti (zii e cugini più anziani) e quella dei suoi compaesani (Mc 6,1-3) ci fanno comprendere che faticavano a vedere in Gesù predicatore e guaritore la stessa persona che avevano conosciuto da vicino per tanti anni.
Anche Giovanni nota nel suo vangelo che « Neppure i suoi fratelli [parenti] infatti credevano in lui » (Gv 7,5). Alcuni Vangeli apocrifi si sono precipitati ad immaginare un bambino Gesù che faceva miracoli per stupire i suoi compagni di giochi, fabbricando per esempio uccellini con il fango che subito volavano via vivi e vegeti, ma i Vangeli canonici ci descrivono invece un Gesù assolutamente “normale”, così normale da essere frainteso dal parentado e dai compaesani nel suo comportamento pubblico come uno che “è diventato matto”.
I suoi miracoli, nel contesto di questo giudizio, potevano facilmente essere interpretati come opera del Demònio. È un rischio che corre anche uno che si converte a Gesù: molto spesso parenti e amici cercano di distoglierlo da questa “pazzia”. I cristiani orientali conoscono la figura tradizionale del “folle in Cristo”, in russo “jurodivyj”, e molti di costoro sono venerati come santi. Il nostro san Filippo Neri ne è uno splendido esempio occidentale.
Come sempre è opportuno ricordare che i santi non vanno “copiati” (come i compiti a scuola…), ma vanno imitati. Per essere come san Filippo non è necessario girare con la barba fatta a metà o con un cuscino di raso legato in testa a mo’ di cappello, basta amare come lui…
Se amiamo veramente Dio al di sopra di tutto e di tutti e il nostro prossimo come noi stessi ci meriteremo senza troppo sforzo la nomea di “fuori di testa”. Ricordiamoci allora di chi l’ha meritata per primo!