Per il cattolico è impossibile costruirsi un’identità “contro”. Il Papa si contrappone alla dialettica del dibattito pubblico e piange la morte di un senzatetto nigeriano, deceduto a pochi passi da S. Pietro, con le parole di san Gregorio Magno
di Michele Brambilla
Come afferma Papa Francesco nel corso dell’Angelus del 24 gennaio, «il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,14-20) ci mostra, per così dire, il “passaggio del testimone” da Giovanni Battista a Gesù. Giovanni è stato il suo precursore, gli ha preparato il terreno e gli ha preparato la strada: ora Gesù può iniziare la sua missione e annunciare la salvezza ormai presente», perché è Cristo stesso la Salvezza. «Gesù», puntualizza ancora il Pontefice, «non usava mezze parole. È un messaggio che ci invita a riflettere su due temi essenziali: il tempo e la conversione».
Con Gesù si è nella “pienezza dei tempi”: «in questo testo dell’evangelista Marco, il tempo va inteso come la durata della storia della salvezza operata da Dio; quindi, il tempo “compiuto” è quello in cui questa azione salvifica arriva al suo culmine, alla piena attuazione: è il momento storico in cui Dio ha mandato il Figlio nel mondo e il suo Regno si è fatto più che mai “vicino”. È compiuto il tempo della salvezza perché Gesù è arrivato. Tuttavia», ammonisce il Papa, «la salvezza non è automatica; la salvezza è un dono d’amore e come tale offerto alla libertà umana». Ecco allora il dovere della conversione, cambiare strada rispetto alla mentalità mondana, che penetra anche nella Chiesa: «questo è curioso… Qual è la tua identità? E tante volte sentiamo che si esprime la propria identità in termini di “contro”. È difficile esprimere la propria identità nello spirito del mondo in termini positivi e di salvezza: è contro sé stessi, contro gli altri e contro Dio». Il Pontefice rifiuta, quindi, la dialettica moderna come metodo di analisi e classificazione della realtà: «a tutto ciò si oppone il messaggio di Gesù, che invita a riconoscersi bisognosi di Dio e della sua grazia; ad avere un atteggiamento equilibrato nei confronti dei beni terreni; a essere accoglienti e umili verso tutti; a conoscere e realizzare sé stessi nell’incontro e nel servizio agli altri. Per ciascuno di noi il tempo in cui poter accogliere la redenzione è breve: è la durata della nostra vita in questo mondo», che, rispetto all’eternità, «è breve. Forse sembra lunga… Io ricordo che sono andato a dare i Sacramenti, l’Unzione degli ammalati a un anziano molto buono, molto buono e lui in quel momento, prima di ricevere l’Eucaristia e l’Unzione degli ammalati, mi ha detto questa frase: “Mi è volata la vita”, come per dire: io credevo che fosse eterna, ma… “mi è volata la vita”».
E a proposito di defunti, il Papa esprime tutto il suo cordoglio per la morte, proprio nei pressi del Vaticano, di un clochard nigeriano: «lo scorso 20 gennaio, a pochi metri da Piazza San Pietro, è stato trovato morto a causa del freddo un senzatetto nigeriano di 46 anni, di nome Edwin. La sua vicenda si aggiunge a quella di tanti altri senzatetto recentemente deceduti a Roma nelle stesse drammatiche circostanze. Preghiamo per Edwin. Ci sia di monito quanto detto da san Gregorio Magno, che, dinanzi alla morte per freddo di un mendicante, affermò che quel giorno non si sarebbero celebrate Messe perché era come il Venerdì Santo», secondo la tipica identificazione patristica e medievale del povero con Cristo stesso. Edwin, secondo Francesco, era un “dimenticato” della nostra epoca, pertanto esorta i giornalisti, nella festa del loro patrono san Francesco di Sales (1567-1622), «ad “andare e vedere”, anche là dove nessuno vuole andare, e a testimoniare la verità».
Lunedì, 25 gennaio 2021