« Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova » (Eb 2,14-18).
Se, quando siamo nella prova, qualcuno ci suggerisce che anche Gesù l’ha subita, subito il “monofisita” e il “doceta” che abita in noi ribatte: “bella forza, lui era Dio”!
Essere cattolici “ortodossi” vuol dire pensare in modo corretto, secondo l’insegnamento della Chiesa, la quale ci insegna che Gesù era vero Dio e “vero uomo”: non ha imparato “per finta”, non è stato messo alla prova “per finta”, non ha pianto e gridato “per finta”.
Dobbiamo mortificare l’eresia doceta che è in noi, professata dal nostro uomo vecchio. Il docetismo è una dottrina eretica sulla vera natura di Cristo. Il suo nome deriva dal verbo greco dokéin, che significa apparire. Essa si riferisce alla convinzione che le sofferenze e l’umanità di Gesù Cristo fossero apparenti e non reali.
Essa ha influenzato anche la concezione di Gesù presente nel Corano (cfr. per es. la sura IV An-Nisa, 157: «non l’hanno né ucciso né crocifisso, ma così parve loro»).
Essa tende ad influenzare anche la nostra concezione di Gesù: la fede, l’obbedienza alla Chiesa, la preghiera ci aiutano a sconfiggerla!
Le eresie più pericolose sono quelle nascoste nel nostro cuore.
Il Verbo eterno di Dio, incarnandosi e vivendo pienamente la nostra vita umana ha sconfitto il Maligno, la morte e il male, in virtù di quella potenza divina, che non ha mai perso, la potenza dell’Amore (cfr. Rm 5,5). Se noi accettiamo liberamente di ri-vivere nella nostra vita la sua stessa vita umana, troviamo in Lui la forza divina di partecipare alla sua stessa vittoria.