« In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! » (2Cor 5,20-6,2).
Qui viene svelato un mistero inaudito: il Figlio stesso di Dio si identifica con il peccato degli uomini in modo tale che chi guarda a Lui, chi ha fede viva in lui, cioè chi lo guarda con amore, viene da Lui guarito e salvato.
Qui viene svelato fino a che punto è arrivato l’amore misericordioso infinito di Dio: « Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio » (2Cor 5,21; cfr. Gal 3,13; 1Pt 2,24).
Gesù (evidentemente!) non ha commesso peccato (cfr. 1Gv 3,5; Eb 4,15) ma ha preso su di sé tutte le orribili conseguenze del peccato, si potrebbe dire “l’essenza del peccato” in quanto separazione da Dio, vincendolo e distruggendolo con la forza del suo amore innocente.
Questo è il motivo profondo del suo dolore, ultimamente incomprensibile e irraggiungibile (cfr. Mt 26,38; 27,46; Gv 7,34.36; 8,21-22; 13,33). Ecco perché il cristiano si sforza di non distogliere mai gli occhi da Gesù crocifisso e ama avere sempre la Croce “a portata di sguardo”.