II domenica di Quaresima
(Genesi 22, 1 – 2.9a. 10 – 13. 15 – 18; Rom 8,31b – 34; Mc 9, 2 – 10)
Il brano odierno riguarda la Trasfigurazione del Signore, uno dei tre episodi evangelici in cui si ha una sensibile manifestazione trinitaria. Secondo la tradizione, l’alto monte dove accadde è il Tabor. Erano con Cristo i tre apostoli sempre presenti nei momenti forti di Gesù, cioè Pietro, Giacomo e Giovanni, che poiché dovranno assolvere grandi incarichi ricevono dal Signore una formazione adeguata. Pietro sarà infatti il primo Papa, Giacomo il primo apostolo martire e Giovanni il primo dottore, amico intimo del Salvatore, che custodirà la Vergine Maria dopo l’Ascensione.
Il gruppo stava percorrendo la via verso Gerusalemme, in vista della Passione. Ad un certo punto, il volto di Gesù cominciò a brillare di una luce sfolgorante; apparvero Mosè ed Elia, che parlavano con Lui. Per un momento, la realtà divina del Figlio di Dio, celata sotto la sua umanità, fu come “liberata” e Gesù apparve anche esteriormente quello che è: la Luce del mondo. L’atmosfera fu quella che spesso accade anche oggi quando si è dinnanzi ad un santo: grande serenità e pace. Pietro, non riuscì a tacere e disse: «Signore, è bello per noi stare qui, facciamo tre tende»…Ma in quel momento si formò una nube che li avvolse, e da essa uscì una voce che diceva: «Questi è il mio Figlio prediletto; ascoltatelo!».
Ciò che è bene focalizzare è l’importanza dell’ultima parola, espressa al modo imperativo: «Ascoltatelo!». Con questo ordine, dato ai primi tre discepoli in quel particolare contesto, Dio indica a tutta l’umanità il Maestro definitivo. E’ un imperativo, colmo dell’Amore di Dio, per noi, suoi figli. Nulla di più autoritativo, considerando che l’autorità autentica fornisce sempre un notevole incremento alla vita di chi gli presta obbedienza. E’ quanto accadde ad Abramo, nella prima lettura, il quale, superata la prova nell’offerta del figlio Isacco, venne colmato di benedizioni ma è anche quanto afferma san Paolo nella seconda lettura. Gesù è, e sarà sempre, contatto diretto con la sorgente della vita. Ascoltare Gesù, è tutt’altro che mera obbedienza, è soprattutto grazia, privilegio e dono.
E’ come se ripetesse a tutti: «Io sono via, verità e vita, io sono resurrezione». E’ l’esperienza del cuore credente. Non crediamo nel catechismo o nella Bibbia, ma ciò a cui conducono: la persona vivente di Gesù, e la sua dolcissima presenza nel Santo Spirito di Verità, consolatore ottimo.
Mi capita spesso di riflettere, in occasione delle celebrazioni funebri, sul fatto che da duemila anni nulla di nuovo è stato detto sulla morte, e nulla verrà mai più detto. La tomba rimasta vuota e l’Ascensione di Gesù al Cielo, con il suo vero corpo piagato, esauriscono ogni interrogativo. Nulla di nuovo verrà più detto fino alla fine del tempo. Bisogna ascoltare Lui, affinché anche la nostra tomba rimanga vuota, in vista del Cielo.
Quale meraviglioso ausilio culturale! Ciò che ci distingue dalla bestia è la conoscenza, con cui la fede diventa cultura. La conoscenza sarà sempre scienza, cioè conoscenza giudicata con verità, solo confrontandosi con Gesù. Esente da contraddizione con Lui, il nostro sapere progredisce come capacità di giudizio, retto, veritativo e pacificante. Dal Vangelo scaturisce un’autentica cultura cristiana, garantita dal Suo consiglio.
Dalla saggistica umana cosa è giusto attenderci? Una miglior conoscenza del Signore Gesù e un’altrettanto migliore comprensione di ciò che ha insegnato, ma non certo delle novità aggiuntive a ciò che meditiamo nei grandi eventi della vita del Maestro, enunciati nel Santo Rosario. Dopo 1500 anni di tradizione cattolica, il concilio di Trento dichiarò chiusa la Rivelazione. Nulla verrà più aggiunto al canone biblico, non vi sarà alcun’altra rivelazione, né altri libri ispirati da aggiungere alla Sacra Scrittura. Tutta la fame di verità del cuore umano è saziata ascoltando Lui.
Dove parla Gesù, ieri, oggi e sempre? La coscienza è certamente una porta sulla “dimensione divina” dell’uomo. La sua esistenza prova che non siamo un prodotto della terra, ma veniamo dall’Alto. E’ il santuario dell’anima, il sigillo indelebile impresso da Dio.
«L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il cuore…La coscienza è il nucleo più segreto è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (CCC 1776). La coscienza è il primo di tutti vicari di Cristo (beato J.H.Newman). Ma da sola non basta a se stessa. E’ facile farle dire ciò che piace a noi. Può essere deformata o messa anche a tacere dal nostro egoismo. Ha bisogno, perciò, di essere illuminata e sorretta dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa. Il Vangelo è il luogo per eccellenza dove Gesù parla oggi. Da duemila anni leggiamo un fascicoletto di venti pagine: nessuna noia, né nulla di scontato. Dice sempre ciò che più conviene all’ora presente: ognuno trae, dalla medesima pagina, un santo consiglio che risolve la propria vita in quel momento. E’ Lui che parla, è sempre un canto nuovo e libero. Quando la famiglia si trova a fronteggiare una crisi, un dispiacere grosso, allora ci si accorge che solo le parole del Vangelo sono all’altezza del nostro problema e hanno qualcosa da dirci.
Il luogo ordinario dove Gesù parla è la Chiesa, attraverso la sua Tradizione e il Magistero dei successori degli Apostoli. Ad essi Cristo ha detto: «Chi ascolta voi ascolta me!». Per questo è importante che cerchiamo di conoscere la dottrina della Chiesa, e conoscerla di prima mano, come essa stessa la intende e la propone, non attraverso le varie interpretazioni, spesso distorte e riduttive, dei mass-media.
Certo Dio non parla mediante maghi, indovini, negromanti, enunciatori di oroscopi e messaggi extraterrestri, sedute spiritiche e ogni forma di occultismo: «Non si trovi in mezzo a te che esercita la divinazione, o il sortilegio, o l’augurio, o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti, o gli indovini, né chi interroga i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore» (Dt 18,10-12). Sono tutti modi miseramente umani di relazionarsi con il Mistero! I pagani utilizzavano gli astri, le viscere di animali o il volo degli uccelli per trarre delle indicazioni. Vi erano due classi di sacerdoti che svolgevano solo queste mansioni: gli aruspici e gli àuguri, da cui i nostri verbi “auspicare” e “augurare”. Era un rapporto con la divinità tutt’altro che fondato su una santa obbedienza, sulla fede e sulla carità. Era solo astuzia, per carpire agli dei conoscenza e potere. Con l’espressione imperativa risuonata sul Tabor, «Ascoltatelo», tutto questo ha termine. Nessun strano sotterfugio, nessun tentennamento: per conoscere la volontà del Padre, rivolgiti al tuo Salvatore e domandagli di portare la tua croce, sulla quale anche il male è ordinato alla salvezza. Oggi certi riti pagani sono riemersi, come sempre accade quando diminuisce la fede autentica e aumenta la superstizione. Nell’oroscopo -chi lo usa si “diseduca” – tutto induce a pensare che, nel bene e nel male, la responsabilità non è mai nostra: nulla dipende da un nostro sforzo, dalla nostra applicazione, dalla perseveranza e dallo studio, ma solo da fattori imponderabili. Torna in mente la figura del manzoniano don Ferrante, il quale, convinto che la peste fosse dovuta alla congiunzione di Giove e Saturno, non si cautelò e morì, prendendosela con le stelle (I Promessi Sposi, cap. 37). Le rivelazioni private (messaggi, apparizioni, voci di varia natura) possono essere utilizzate per approfondire la nostra conoscenza di Cristo e della Vergine, ma non sono un fatto ordinario e occorre sempre il giudizio certo della Chiesa. Ad attendere con pazienza non perdiamo nulla, abbiamo già tutto ciò che serve. Dante si esprime a riguardo con queste parole: «Siate, cristiani, a muovervi più gravi: non siate come penna ad ogni vento, e non crediate ch’ogni acqua vi lavi. Avete il novo e l’Vecchio Testamento, e ‘l pastor della Chiesa che vi guida: questo vi basti a vostro salvamento» (Paradiso V, 73-78).
Dio ha detto tutto quanto serve nel Figlio suo, offendiamo Dio se domandiamo nuove rivelazioni, come se l’Incarnazione fosse carente e difettosa. Il Signore persevera nell’ordinare: «Ascoltatelo!», Possiamo così anche noi, con Pietro, Giacomo e Giovanni, discendere dal Monte Tabor e avviarci a Gerusalemme, fin sul Calvario, bevendo con il Signore il calice amaro e dolcissimo della croce e della Risurrezione, con la tranquillità e la forza delle parole della Trasfigurazione: «Questi è il mio figlio prediletto: Ascoltatelo».
Domenica, 28 febbraio 2021