Di Guido Santevecchi da Il Corriere del 26/02/2021
La signora Zhang Rongrong, 34 anni, ha diversi record in Cina. Anzitutto ha avuto sette figli con il marito e per superare la legge, che ancora oggi impedisce di metterne al mondo più di due a coppia, ha dovuto pagare un milione di yuan (130 mila euro) in «tasse di sostegno sociale». Questa imposta, tradotta dal mandarino della burocrazia, significa in realtà una multa la cui entità è spesso arbitrariamente fissata dai funzionari locali. Senza il pagamento, cinque dei sette bambini non avrebbero avuto diritto a documenti di identità, non sarebbero potuti andare a scuola, non avrebbero avuto assistenza sanitaria: in una parola, sarebbero stati condannati alla clandestinità.
Zhang è una imprenditrice del Guangdong, il motore economico della Cina, è proprietaria di un’azienda che produce vestiario e di una gioielleria, e si è potuta permettere «il lusso» di una famiglia numerosa. Ha detto al South China Morning Post che «sette è il numero perfetto» e la differenza di età, il primo ha 14 anni e l’ultimo uno e mezzo, le permette di gestire bene il gruppo. «Quando qualcuno mi chiede se non è troppo faticoso, se non sono esausta, rispondo che per me è come ballare: se ti piace, ti piace anche se ti fa sudare». «Qualcuno dice che è la qualità che conta, non la quantità. Ho pensato anche a questo: i bambini sono sani e felici, hanno sempre qualcuno con cui giocare; con mio marito avevamo fatto i conti prima, sapevamo di potercelo permettere economicamente».
Ha avuto cinque maschi e due femmine, in un Paese come la Cina dove le nascite sono in drammatico calo da anni. Per l’effetto della pianificazione familiare che nel 1979 impose la legge sul figlio unico. Negli anni Settanta le coppie cinesi avevano in media quattro figli e il peso di quelle bocche da sfamare, secondo il Partito-Stato, avrebbe bloccato la grande rincorsa che in quattro decenni ha portato la Cina a diventare una superpotenza economica.
Sui muri delle case di campagna vennero affissi striscioni rossi con la scritta: «Fate meno figli e allevate più maiali». E in quarant’anni i medici statali hanno praticato 336 milioni di aborti e sterilizzato 196 milioni di uomini e donne, oltre ad avere impiantato 403 milioni di spirali intrauterine. Nel 2015, dopo un lungo dibattito politico (non etico) la legge è stata riformata: all’interno del matrimonio si possono avere due bambini. È stato un calcolo economico che ha spinto il governo al contrordine: il numero dei cinesi si è stabilizzato a quota 1,4 miliardi, però nel 2050 un quarto dei cittadini della Repubblica Popolare avranno più di 65 anni e lo Stato non sarà in grado di sostenerli.
Nonostante l’introduzione dell’opzione secondo figlio, le culle sono sempre più vuote. Quattro decenni di repressione hanno inciso sul senso della famiglia. E poi, anche le coppie cinesi fanno i conti con i costi, le difficoltà nel lavoro. Il tasso di natalità è sceso all’1,05%; nel 2019 sono nati 14,65 milioni di bambini, 580.000 meno del 2018: il numero più basso dal 1961, quando il Grande balzo industriale tentato da Mao Zedong aveva sprofondato l’impero nella carestia. Con la popolazione attiva che diminuisce, si restringe il numero dei consumatori, come sanno bene le società occidentali. «Corriamo il rischio di invecchiare prima di diventare ricchi», ha ammesso a novembre Cai Fang, vicepresidente dell’Accademia cinese delle scienze sociali, principale think tank governativo. Ma questo non è il problema della signora Zhang. La super-mamma ora condivide le sue esperienze sui social, ha raggiunto i due milioni di follower e si può considerare una influencer.
Non ci sono altri figli in arrivo, nonostante la signora sia giovane. Nel 2019, dopo l’ultima nascita, il marito ha deciso per la vasectomia.
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