Breve itinerario dell’iconografia angeologica dalle origini dell’era cristiana fino ai nostri giorni.
di Mario Vitali
Rappresentare visibilmente ciò che non è visibile con gli occhi della carne è sempre stata una delle grandi prove a cui l’arte si è sottoposta. Da sempre gli Angeli, per natura creature immateriali, puri spiriti, hanno rappresentato uno dei grandi temi dell’arte. Fin dalle origini del cristianesimo, dall’epoca paleocristiana passando poi per l’epoca bizantina e ancora per quella medievale e, poi, al rinascimento e al barocco fino ai giorni nostri, gli angeli ricorrono abitualmente nelle espressioni dell’arte. Tuttavia non si pensi che la loro presenza si restringa al solo ambito della cultura cristiana, essa ricorre abitualmente anche nelle altre culture di ispirazione tradizionale.
La parola Angelo trae origine dalla parola greca (ánghelos), ovvero messaggero, servitore. Gli Angeli sono messaggeri e servitori di Dio che “vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10) Esseri intelligenti dotati di volontà propria, sono creature personali che superano in perfezione tutte le altre creature visibili “Io vi dico, tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni, eppure il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui” (Lc 7, 28).
La rappresentazione degli Angeli si è differenziata nel corso del tempo subendo le influenze e influenzando a sua volta il clima culturale e spirituale delle diverse aree e ed epoche della storia.
Ma è soprattutto nell’ambito della cristianità orientale che gli angeli raggiungono pienamente ciò che devono significare poiché, come afferma il filosofo dell’arte Pavel Nikolaevič Evdokimov (1901-1970) “gli angeli esprimono la funzione simbolica per eccellenza” (“La conoscenza di Dio secondo la tradizione orientale” Edizioni Paoline 1969 pag. 131).
L’icona è la manifestazione della tradizione greco-bizantina che costituisce l’espressione del sentimento religioso ed estetico della cristianità orientale. Essa è la manifestazione più tipica dell’arte sacra che non si definisce solo nel suo aspetto contenutistico ma anche dal linguaggio formale. In questo senso l’arte sacra si distingue da quella naturalistica dove i contenuti religiosi diventano pretesti figurativi. L’arte sacra contiene in se stessa la presenza di ciò che rappresenta, collega il visibile con l’invisibile. In questa prospettiva l’angelo diventa portatore di un messaggio che illumina un mistero.
Nelle icone l’oro è simbolo della luce sovraceleste di Dio, le ombre sono assenti perché esse sono proiezioni di corpi materiali mentre le immagini degli angeli appartengono al mondo della pienezza spirituale.
Le pieghe delle vesti non provengono dal movimento fisico ma dal ritmo spirituale. I volti dominano tutta la composizione, i grandi occhi fissi sembrano vedere al di là dei limiti della realtà terrena. Le labbra sottili sono prive dei segni della sensualità, sembrano fatte per cantare le lodi.
L’arte sacra è estranea dalla ricerca della “originalità”, i suoi modelli si ripetono, ma bastano pochi variazioni cariche di significato spirituale perché l’opera sia una nuova opera, ben lontano da quella mediocrità che con sconfinata presunzione pretende di violare ogni norma dell’arte.
Spesso l’artista che si accinge a comporre la sua opera si ritira, anche per tempi prolungati, nella preghiera come i monaci degli ordini contemplativi, una ascesi per esprime l’opera che diventa contemplazione.
Non si può neppure scordare l’iconografia occidentale degli Angeli. Basti ricordare, fra gli altri, l’opera di Giovanni da Fiesole, conosciuto come Beato Angelico (1395-1455), al quale venne attribuito il nome con cui è universalmente conosciuto proprio in omaggio alla sua vita ascetica e per le rappresentazioni angeliche delle sua opere, di Giotto da Bondone (1267-1337) e tanti altri artisti. Le stupende opere del Duomo di Monreale e della Cappella Palatina a Palermo, gli affreschi e i mosaici della Basilica di San Marco a Venezia.
Nel corso del tempo si possono enumerare diversi tipi di iconografie degli Angeli.
Nell’epoca paleocristiana (fino a fine IV sec.) non si aveva ancora una iconografia o un modello di riferimento per gli Angeli. Solo successivamente si andarono delineando i differenti modelli, dagli Angeli annunziatori, come quelli che splendono nella Pala di San Marco a Firenze o quelli dipinti da Giotto nella Cappella degli Scrovegni; gli Angeli militari, il più famoso dei quali è San Michele Arcangelo, raffigurato con la lorica romana nella basilica di sant’Apollinare a Ravenna, o il dipinto di Jacomart Baço, raffigurante San Michele in battaglia presso la Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia.
L’essere spirituale appare poi legato al vento e abita nei cieli, ecco gli Angeli nuvola, come rappresentati da Giotto (1267-1337) nell’affresco chiamato “Lamentazione sul Cristo morto” situata nella Cappella degli Scrovegni a Padova o da Pietro Lorenzetti (1280-1348) nella “Crocifissione” ad Assisi.
Successivamente le figure degli Angeli vengono ridotte a quelle dei frivoli putti o amorini, sebbene rappresentati da grandi maestri come Melozzo da Forlì (1438-1494) o da Raffaello Sanzio (1483-1520), per giungere infine alle figure indeterminate o deformate espresse dall’arte contemporanea che distruggono la figura angelica della Cristianità.
L’itinerario mostra come la pratica ascetica sveglia nell’uomo la sensibilità soprannaturale che lo porta a intuire la bellezza del creato che non vediamo con gli occhi carnali e ci fa udire il fruscio delle ali degli Angeli che sono accanto a noi permettendoci di rivedere e di raffigurare nuovamente le loro bellezze celesti.
Sabato, 20 marzo 2021