« Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto » (Is 65,17-21).
Già in precedenza il profeta aveva affermato a nome di Dio: « Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa » (43,19).
A causa del peccato il mondo è diventato vecchio e stantìo. La puzza e il fetore si è diffuso. L’acqua non c’è più e quando c’è è imbevibile. Il cielo è sempre coperto e la luce che lascia trasparire è fioca e sinistra.
Tolkien ci ha dato una splendida descrizione fantastica della terra senza Dio: la terra di Mordor. Dio da tempo (fin da subito, cfr. Gen 3,15) ha dato inizio al processo che porta alla salvezza dell’uomo. Di “tutto” l’uomo, quindi al rinnovamento del mondo, perché l’uomo e il mondo sono soggetti ad uno stesso destino: « la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio » (Rm 8,21). « Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia » (2Pt 3,13); « E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più » (Ap 21,1).
Perché non ci accorgiamo della presenza di questo “germoglio”? Di questo nuovo inizio? Perché non ascoltiamo con pazienza e continuità la parola del Signore che ci aiuta a scrutare la nostra vita per vedere e riconoscere in noi e attorno a noi le meraviglie che Dio sta operando.
Non pregando, o pregando solo con le labbra e non con il cuore, o non pregando con umiltà, pazienza e perseveranza, diamo retta alle suggestioni del mondo e del maligno che ci parlano il linguaggio dello scoraggiamento e dell’avvilimento.