di Michele Brambilla
Se la I domenica di Avvento ha invitato il popolo di Dio alla vigilanza e alla preghiera, la II, che ha al centro la figura di san Giovanni Battista, offre un modello concreto per «[…] dare sostanza a tale attesa», come sottolinea Papa Francesco alla recita dell’Angelus del 9 dicembre. L’Avvento, pur non essendo un tempo di lutto come la Quaresima, rimane ugualmente un tempo di penitenza, durante il quale siamo chiamati a convertirci. «Per descrivere la missione del Battista», afferma il Pontefice, «l’evangelista Luca raccoglie l’antica profezia di Isaia, che dice così: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato” (cfr. Lc 3,4-5)».
I dirupi di cui il Battista parla sono quelli interiori creati dal peccato, che ha “increspato” la “pianura” della vita, al centro della quale corre la strada che conduce al Signore. Il Papa ricorda che il peccato lede sempre delle relazioni: «Anzitutto siamo chiamati a bonificare gli avvallamenti prodotti dalla freddezza e dall’indifferenza, aprendoci agli altri con gli stessi sentimenti di Gesù, cioè con quella cordialità e attenzione fraterna che si fa carico delle necessità del prossimo». Per instaurare un vero atteggiamento di dialogo occorre moderare specialmente il motore dell’orgoglio. «Quanta gente, forse senza accorgersene», spiega il Santo Padre, «è superba, è aspra, non ha quel rapporto di cordialità. Occorre superare questo compiendo gesti concreti di riconciliazione con i nostri fratelli, di richiesta di perdono delle nostre colpe. Non è facile riconciliarsi. Si pensa sempre: “chi fa il primo passo?”. Il Signore ci aiuta in questo, se abbiamo buona volontà. La conversione, infatti, è completa se conduce a riconoscere umilmente i nostri sbagli, le nostre infedeltà, inadempienze».
Abbassando il livello del proprio orgoglio, ribadisce Francesco, «il credente è colui che, attraverso il suo farsi vicino al fratello, come Giovanni il Battista apre strade nel deserto, cioè indica prospettive di speranza anche in quei contesti esistenziali impervi, segnati dal fallimento e dalla sconfitta. Non possiamo arrenderci di fronte alle situazioni negative di chiusura e di rifiuto; non dobbiamo lasciarci assoggettare dalla mentalità del mondo, perché il centro della nostra vita è Gesù e la sua parola di luce, di amore, di consolazione».
Giovanni, pur essendo «il più grande tra i nati da donna» (cfr. Mt 11,11), si ridusse a vivere come un eremita che si vestiva di pelli di animali selvatici e mangiava quanto riusciva a raccogliere nei paraggi. «La purezza del suo annuncio, il suo coraggio nel proclamare la verità riuscirono a risvegliare le attese e le speranze del Messia che erano da tempo assopite. Anche oggi, i discepoli di Gesù sono chiamati ad essere suoi umili ma coraggiosi testimoni per riaccendere la speranza, per far comprendere che, nonostante tutto, il regno di Dio continua a costruirsi giorno per giorno con la potenza dello Spirito Santo».