Nel gesto della suora birmana la forza della preghiera illuminata dallo Spirito Santo
di Michele Brambilla
L’udienza di mercoledì 17 marzo illustra la dimensione pneumatologica (derivante, cioè, dallo Spirito Santo) della preghiera cristiana. Come spiega Papa Francesco, «il primo dono di ogni esistenza cristiana è lo Spirito Santo», che riceviamo nel Battesimo. Il Papa puntualizza: «non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale. Lo Spirito è il dono che Gesù aveva promesso di inviarci» ed è disceso effettivamente sugli Apostoli. «Senza lo Spirito», sostiene il Pontefice, «non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio. […] Se possiamo in verità invocare Dio chiamandolo “Abbà – Papà”, è perché in noi abita lo Spirito Santo».
Lo Spirito prega in noi e per noi: «il Catechismo, al riguardo, dice: “Ogni volta che incominciamo a pregare Gesù, è lo Spirito Santo che, con la sua grazia preveniente, ci attira sul cammino della preghiera. Poiché Egli ci insegna a pregare ricordandoci Cristo, come non pregare Lui stesso? Ecco perché la Chiesa ci invita a implorare ogni giorno lo Spirito Santo, soprattutto all’inizio e al termine di qualsiasi azione importante” (n. 2670)». Grazie allo Spirito, infatti, «è aperta la possibilità di incontrare Cristo non soltanto come un personaggio storico. No: Lui attira Cristo nei nostri cuori, è lo Spirito che ci fa incontrare con Cristo. Lui non è distante, lo Spirito è con noi: ancora Gesù educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore». Allora, dice ancora il Papa, «Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra (cfr Lc 12,49), e qual è questo fuoco? È l’amore, l’Amore di Dio, lo Spirito Santo». Francesco fa un esempio molto pratico: «viene in mente l’immagine della lampada accesa accanto al tabernacolo, dove si conserva l’Eucaristia». I cattolici devono essere una lampada sempre accesa per la preghiera e per aiutare il prossimo, secondo il modello del contemplativo in azione.
Condannando la repressione delle manifestazioni in Birmania, il Papa cita non a caso l’esempio di suor Ann Rose Nu Twang, che si è inginocchiata davanti ai militari implorando pietà per i giovani manifestanti. Suor Ann ha opposto l’arma, apparentemente fragile, della preghiera alla violenza fisica perché lo Spirito l’ha educata ad assumere i medesimi sentimenti di Cristo (Fil 2,5). Il Santo Padre, allora, dichiara: «anch’io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico: cessi la violenza! Anch’io stendo le mie braccia e dico: prevalga il dialogo! Il sangue non risolve niente. Prevalga il dialogo».
Il Pontefice lancia un appello in spagnolo anche per il Paraguay, dove si protesta contro gli errori del piano vaccinale steso dal presidente Mario Abdo Benitez: «per intercessione di Nostra Signora dei Miracoli di Caacupé, chiedo al Signore Gesù, Principe della Pace, che si percorra un cammino di dialogo sincero per trovare soluzioni adeguate alle difficoltà attuali, e costruire così insieme la pace tanto desiderata. Ricordiamoci che la violenza è sempre autodistruttiva».
Affida, poi, l’Italia all’intercessione di san Giuseppe, di cui la Chiesa si appresta a celebrare la festa: «rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Dopo domani celebreremo la solennità di san Giuseppe. Mi è particolarmente gradito indicarvi l’esempio di questo grande Santo ed affidare a lui la vostra esistenza. Siate saggi come lui, pronti a comprendere e mettere in pratica il Vangelo».
Giovedì, 18 marzo 2021