« Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria”. Io ho risposto: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio”. Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” » (Is 49,1-6).
Chi è il soggetto di questa chiamata di Dio? È una persona singola o una “personalità corporativa” che si identifica con il popolo di Israele? È una questione antica che trova però in questo brano, se lo leggiamo attentamente e – soprattutto – se lo “preghiamo”, gli elementi per una soluzione.
La vocazione è antica, è “eterna”, ma incomincia a manifestarsi dal seno della mamma: « fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome ». È dunque una persona singola. Più avanti però è identificato con Israele («Mio servo tu sei, Israele »), nel senso che il suo compito è quello di perfezionare la vocazione di Israele. Non si limita però a questo.
Sarebbe una cosa troppo piccola limitarsi a riunire Israele (« È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele »). Il suo compito è di unire non solo i due regni separati di Israele e Giuda, non soltanto di riunire finalmente gli ebrei dispersi nella diaspora, ma quello di unire fra di loro e a lui stesso, anzi “in lui” tutti i differenti popoli della terra: « Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra ».
È il mistero dell’unità. Gli uomini una volta erano uniti, poi il loro orgoglio e l’azione del maligno ha seminato in loro la divisione. Dall’episodio della torre di Babele in poi gli uomini si sono divisi, separati e fatti nemici gli agli altri (Gen 11,1-9). Solo in Gesù, per la forza potente del suo sacrificio e della sua vittoriosa resurrezione, possono ritrovare l’unità e la pace.