La parabola del Buon Pastore è un’immagine trasparente della vittoria pasquale di Cristo, che ha dato la vita per tutti. Il popolo di Dio è chiamato nella sua interezza ad essere missionario
di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco al Regina Coeli del 25 aprile, «in questa quarta domenica di Pasqua, detta domenica del Buon Pastore, il Vangelo (Gv 10,11-18) presenta Gesù come il vero pastore, che difende, conosce e ama le sue pecore». Tre azioni fondamentali del Signore nei nostri confronti.
«A Lui, Buon Pastore, si contrappone», dice il Papa, «il “mercenario”, al quale non importano le pecore, perché non sono sue. Fa questo mestiere solo per la paga, e non si preoccupa di difenderle: quando arriva il lupo fugge e le abbandona (Gv 10,12-13). Gesù, invece, pastore vero, ci difende sempre, ci salva in tante situazioni difficili, situazioni pericolose, mediante la luce della sua parola e la forza della sua presenza, che noi sperimentiamo sempre e, se vogliamo ascoltare, tutti i giorni».
«Il secondo aspetto», prosegue il Pontefice, «è che Gesù, pastore buono, conosce – il primo aspetto: difende, il secondo: conosce – le sue pecore e le pecore conoscono Lui». Ci conosce fin dalla Creazione e ci ha introdotti nel mondo allo scopo di essere santi e immacolati al Suo cospetto (Ef 1,4): «come è bello e consolante sapere che Gesù ci conosce ad uno ad uno, che non siamo degli anonimi per Lui, che il nostro nome gli è noto! Per Lui non siamo “massa”, “moltitudine”, no. Siamo persone uniche, ciascuno con la propria storia». Anche per questo il Papa si indigna per l’indifferenza nei confronti dei nuovi naufragi nel Mediterraneo: «centotrenta migranti sono morti in mare. Sono persone, sono vite umane, che per due giorni interi hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non è arrivato».
Il culmine dell’azione di Gesù nei nostri confronti si è toccato nella Pasqua redentrice: «l’amore per le pecore, cioè per ognuno di noi, lo porta a morire sulla croce, perché questa è la volontà del Padre, che nessuno vada perduto». Il Santo Padre puntualizza che «l’amore di Cristo non è selettivo, abbraccia tutti. Ce lo ricorda Lui stesso nel Vangelo di oggi, quando dice: “E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16)». Il “recinto” in questione è il popolo di Israele, che si riteneva il depositario unico della Salvezza. Dio, invece, non fa alcuna preferenza e la Chiesa nascente è sospinta anche verso i pagani.
Il peccato originale riguarda, infatti, l’intera umanità, senza eccezioni. «E la Chiesa», sottolinea il Pontefice, «è chiamata a portare avanti questa missione di Cristo. Oltre a quanti frequentano le nostre comunità, ci sono tante persone, la maggioranza, che lo fanno solo in casi particolari o mai. Ma non per questo non sono figli di Dio: il Padre affida tutti a Gesù Buon Pastore, che per tutti ha dato la vita», e invia noi, sacerdoti e laici, a cercarli per raccoglierli di nuovo nell’unico ovile di Cristo. Il sacerdozio sacramentale è a servizio del sacerdozio battesimale esercitato da tutto il popolo di Dio, pertanto il Papa, nella Giornata mondiale delle vocazioni, invita a pregare perché si moltiplichino i giovani che desiderano servire il Signore consacrandosi a Lui. Il tema della Giornata ruota attorno all’Anno di san Giuseppe, che, in quanto sposo castissimo della Vergine, è un modello perfetto di paternità spirituale per il clero ordinato.
Lunedì, 26 aprile 2021