La preghiera, come insegna sant’Ignazio, è questione di “militanza”. Significativo l’accostamento che si crea tra l’invito, rivolto in particolare ai cattolici tedeschi, a combattere la «buona battaglia» della fede e la commemorazione delle apparizioni mariane di Fatima. Ricorre anche il 40° anniversario dell’attentato a san Giovanni Paolo II
di Michele Brambilla
Il 12 maggio Papa Francesco esulta all’inizio dell’udienza generale perché riprende a tenerle in presenza. Le vaccinazioni consentono finalmente ai pellegrini italiani, svizzeri e americani di giungere a Roma per ascoltare di persona il Santo Padre, che mette a fuoco il combattimento della preghiera. Come dice infatti il Santo Padre, «nessuno dei grandi oranti che incontriamo nella Bibbia e nella storia della Chiesa ha avuto una preghiera “comoda”. Sì, si può pregare come i pappagalli – bla, bla, bla, bla, bla – ma questa non è preghiera. La preghiera certamente dona una grande pace, ma attraverso un combattimento interiore, a volte duro, che può accompagnare periodi anche lunghi della vita».
Dobbiamo riconoscere che «pregare non è una cosa facile e per questo noi scappiamo dalla preghiera. Ogni volta che vogliamo farlo, subito ci vengono in mente tante altre attività, che in quel momento appaiono più importanti e più urgenti. Questo succede anche a me: vado a pregare un po’ … E no, devo fare questo e l’altro … Noi fuggiamo dalla preghiera, non so perché, ma è così. Quasi sempre, dopo aver rimandato la preghiera, ci accorgiamo che quelle cose non erano affatto essenziali, e che magari abbiamo sprecato del tempo. Il Nemico ci inganna così».
Fuggire dalla preghiera è quindi una tentazione a cui occorre resistere: «chi vuole pregare deve ricordarsi che la fede non è facile, e qualche volta procede in un’oscurità quasi totale, senza punti di riferimento. Ci sono momenti della vita di fede che sono oscuri e per questo qualche Santo li chiama: “La notte oscura”, perché non si sente nulla. Ma io continuo a pregare», perché solo in Dio trovo la forza di oppormi al male. Il Papa elenca una serie di tentazioni che possono sorgere: ci sono i dubbi di fede, ma «i nemici peggiori della preghiera sono però dentro di noi. Il Catechismo li chiama così: “Scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo “molti beni”, delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferimento del nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera” (n. 2728)», il che riporta inevitabilmente alla qualità della nostra fede personale.
Ci sono vari modi per scacciare le tentazioni: «sarebbe interessante passare in rassegna almeno alcuni di questi consigli, perché ciascuno merita di essere approfondito. Ad esempio, gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola sono un libretto di grande sapienza, che insegna a mettere ordine nella propria vita. Fa capire che la vocazione cristiana è militanza, è decisione di stare sotto la bandiera di Gesù Cristo e non sotto quella del diavolo, cercando di fare il bene anche quando ciò diventa difficile». Si potrebbe citare anche un esempio della biografia di sant’Antonio Abate: «anche Sant’Antonio abate, il fondatore del monachesimo cristiano, in Egitto, affrontò momenti terribili, in cui la preghiera si trasformava in dura lotta. Il suo biografo sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, narra che uno degli episodi peggiori capitò al Santo eremita intorno ai trentacinque anni, età di mezzo che per molti comporta una crisi. Antonio fu turbato da quella prova, ma resistette. Quando finalmente tornò il sereno, si rivolse al suo Signore con un tono quasi di rimprovero: “Dov’eri? Perché non sei venuto subito a porre fine alle mie sofferenze?”. E Gesù rispose: “Antonio, io ero là. Ma aspettavo di vederti combattere” (Vita di Antonio, 10)». Il Pontefice narra anche un episodio di cui è a conoscenza, una guarigione miracolosa impetrata dalla Madonna di Lujan, in Argentina, quando Bergoglio viveva in patria: un padre ottenne la guarigione della figlia dopo aver passato tutta la notte davanti alla porta del santuario.
Come dice il proverbio, “aiutati che il Ciel t’aiuta”, perché la cosa peggiore non è essere tentati, ma arrendersi volontariamente alla tentazione: «se in un momento di cecità non riusciamo a scorgere la sua presenza, ci riusciremo in futuro. Capiterà anche a noi di ripetere la stessa frase che disse un giorno il patriarca Giacobbe: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gen 28,16)». Appare molto significativo, dati i sommovimenti che stanno scuotendo la Chiesa cattolica in Germania, l’augurio formulato ai pellegrini di lingua tedesca: «lo Spirito Santo ci guidi nella buona battaglia che dobbiamo combattere», che non è di certo quella per il trionfo delle ideologie mondane. Il 13 maggio si festeggia l’Ascensione secondo il calendario tradizionale, riconosciuto in Germania a livello civile, ma è anche la memoria liturgica della prima apparizione in Cova da Iria: «domani ricordiamo con grande venerazione la Madonna di Fatima! Mettiamoci con fiducia sotto la Sua protezione materna, specialmente quando troviamo difficoltà nella nostra vita di preghiera. Dio vi benedica!». Un accostamento tematico e temporale che chiama davvero in causa il Mistero!
Ai pellegrini polacchi Francesco ricorda le grandi promesse della Vergine, ma anche un avvenimento impresso nella loro e nella nostra storia (13 maggio 1981): «domani ricorre la memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Fatima e anche il 40°anniversario dell’attentato a San Giovanni Paolo II, qui in Piazza. Egli stesso sottolineava con forza che doveva la vita alla Signora di Fatima. Questo evento ci rende consapevoli che la nostra vita e la storia del mondo sono nelle mani di Dio. Al Cuore Immacolato di Maria affidiamo la Chiesa, noi stessi e tutto il mondo. Chiediamo nella preghiera la pace, la fine della pandemia, lo spirito di penitenza e la nostra conversione».
Venerdì, 14 maggio 2021