In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai datoda fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te». (Gv 17, 1 – 11a)
Nessuno di noi, se dotato di spirito di riflessione, resta impassibile innanzi alla Resurrezione di Cristo, perché è direttamente chiamato in causa lo scopo dell’esistenza terrena. Dove termina la nostra persona fisica? Freddamente in un loculo, o in un’urna cineraria? Nessuno accetta di buon grado un disfacimento finale. Nel Vangelo odierno l’eternità si china a terra, fino ad essere alla nostra portata: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo». E’ una bellissima espressione sintetica di Giovanni, che potrebbe essere posta come principio e fondamento della vita cristiana.
“Conoscere”, nel pensiero ebraico, ha un senso molto più esteso di quanto inteso nella cultura occidentale, dove riguarda una sola attività spirituale umana, cioè quella intellettiva del sapere. Accade quindi di sapere ciò che è bene per noi, ma di non trovare la volontà per farlo.Ne consegue che la vita vissuta è spesso profondamente differente da ciò che pensiamo.
Nella cultura ebraica conoscere la propria moglie significa dire che è stato concepito felicemente un figlio in famiglia. Nel Paradiso terrestre, il mangiare la mela di Adamo ed Eva è detto: «conoscenza del peccato», con le conseguenze terribili che ne sono derivate. La conoscenza è quindi “esperienza totale” e coinvolge intelletto, volontà e sentimento.
Se diciamo allora di conoscere Gesù Cristo, significa che tratteniamo un rapporto di preghiera cuore a cuore con il Salvatore della nostra anima, per cui la vita diviene un cammino verso l’eternità. Per l’intelligenza umana non è facile riflettere sull’eternità. Soltanto nell’eternità si può conoscere la realtà vera, cioè Dio Padre, visto così come Egli è. Ma in Gesù, scopriamo che Dio è un persino un Padre incredibilmente amante dei suoi figli peccatori. Il Suo amore è tale che… scende dalla Sua vertiginosa altezza per mostrarsi a noi con un volto di uomo.
Conoscere Gesù è quindi accogliere l’Emmanuele, il “Dio con noi”, concretamente, senza miti o idealismi. La Sua presenza nella nostra vita rende concretissimo il contatto tra il tempo e l’eternità. Questa è la vita dei figli di Dio, la fede in Gesù: essa porta la persona umana a questa grande gloria.