La presentazione, da parte della diplomazia pontificia, della giornata di preghiera del 1 luglio
di PierLuigi Zoccatelli
Annunciata il 25 giugno con una conferenza stampa presso la Santa Sede, con interventi di S.E. il card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, di S.E. mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, e di S.E. mons. Brian Farrell LC, Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il 1° luglio si tiene in Vaticano una Giornata di riflessione e di preghiera per il Libano sul tema Il Signore Dio ha progetti di pace. Insieme per il Libano.
Come ricordato dal card. Sandri, vice-decano del collegio cardinalizio, in un articolo comparso su L’Osservatore Romano (Camminando insieme, pregando insieme, 25 giugno 2021, pp.2-3), «l’accoglienza mostrata dal Santo Padre Francesco alla proposta di convocare una giornata di riflessione e preghiera sul Libano si colloca entro un percorso di attenzione al Paese dei Cedri che viene da lontano».
In effetti, all’inizio dell’Esortazione Apostolica Una nuova speranza per il Libano, del 10 maggio 1997, san Giovanni Paolo II (1978-2005) scriveva: «Quando convocai una Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi, il 12 giugno 1991, la situazione del Paese era drammatica. Il Libano era stato profondamente scosso in tutte le sue componenti. Ho invitato i cattolici presenti in quella terra ad intraprendere un itinerario di preghiera, di penitenza e di conversione, che permettesse loro di interrogarsi, davanti al Signore, sulla loro fedeltà al Vangelo e sul loro effettivo impegno nella sequela di Cristo. Era necessario che i Pastori e i fedeli, mediante una lucida presa di coscienza compiuta nella fede, discernessero e precisassero meglio le priorità spirituali, pastorali e apostoliche da promuovere nel contesto attuale del Paese.Fin dall’inizio, ho chiesto alle altre Chiese e Comunità ecclesiali di volersi associare a questo sforzo, manifestando l’intenzione ecumenica dell’Assemblea sinodale, poiché la speranza per l’avvenire del Libano è legata pure a quella dell’unità dei cristiani. Era in questione anche la ricostruzione materiale e spirituale del Paese, preoccupazione fondamentale di tutti; e ciò non era possibile che con la partecipazione attiva di tutti gli abitanti».
«Trent’anni fa», ha ricordato il Card. Sandri, «la situazione era drammatica, […] ma sembra di leggere una cronaca dei nostri giorni. La comunità cristiana, in tutte le sue componenti, si interroga, riflette e prega: lo fa nelle persone dei Capi delle rispettive Chiese e Comunità ecclesiali, che vengono a Roma non portando soltanto sé stessi, ma il grido di un popolo, che certamente li accompagna in preghiera».
All’incontro – che inizierà alle 8:30 del mattino presso la residenza Santa Marta, con un saluto di Papa Francesco ai responsabili delle comunità cristiane libanesi e ai membri delle delegazioni, per poi proseguire alle 9.00 con un momento di preghiera presso la Basilica di San Pietro, prima di dare il via a tre sessioni di consultazioni presso il Palazzo Apostolico e terminare alle 18.00 nella medesima basilica con una preghiera ecumenica per la pace – parteciperanno buona parte delle componenti del Cristianesimo orientale: cattolici, ortodossi, armeni e protestanti.
Come ha ricordato l’arcivescovo Gallagher, il Libano va aiutato a «mantenere la sua identità unica, anche per assicurare un Medio Oriente pluralista, tollerante e diversificato», a «riprendersi economicamente e mantenersi fuori dai conflitti regionali», in quanto «rimane l’ultimo baluardo di una democrazia che accoglie, conosce e sperimenta quotidianamente il vivere insieme di comunità etnico-religiose che in diversi altri Paesi non riescono a vivere in pace». Un evento, ha spiegato il presule, che «sorge nel contesto dell’aggravarsi delle vaste crisi» nel Paese dei Cedri, «sia dal punto di vista dell’impasse politica, sia da quello socio-economico e umanitario», al punto che la Santa Sede «è fortemente preoccupata per il collasso del Paese, economico, finanziario, che colpisce in particolar modo la comunità cristiana e l’identità del Libano», dove «è in atto una forte emigrazione dei giovani, soprattutto dei più preparati e della classe media» e «si indebolisce la comunità cristiana, il che rischia di distruggere l’equilibrio interno e la stessa realtà libanese, mettendo ulteriormente a rischio la presenza cristiana in Medio Oriente».
«”Il Papa vuole accendere luci di speranza” – ha dichiarato a proposito della Giornata di riflessione e di preghiera per il Libano del 1° luglio il vescovo maronita Michel Aoun, eparca di Jbeil-Byblos – perché “un incontro di tutti i capi cristiani e una tavola ecumenica sono di grande interesse per il Paese”.La Santa Sede, prosegue il vescovo, “è convinta che il Libano debba essere aiutato” poiché “quanto succede al suo interno è l’eco delle tensioni fra Iran, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita e altri attori della regione e su scala globale. […] Tutti noi– conclude l’eparca – speriamo davvero che la diplomazia vaticana possa aiutare il Libano ed esercitare la giusta pressione per la nascita del tanto atteso nuovo governo, un primo segnale positivo per la nazione e condizione necessaria per l’arrivo di aiuti internazionali”».
Mercoledì, 30 giugno 2021