Il messaggio della XVI domenica del Tempo ordinario secondo Papa Francesco, che pensa alle alluvioni in Germania e lancia un appello anche per il popolo cubano
di Michele Brambilla
Il 18 luglio l’Angelus di Papa Francesco ritorna in Vaticano. «L’atteggiamento di Gesù, che osserviamo nel Vangelo della liturgia odierna (Mc 6,30-34)», mette immediatamente a fuoco il Pontefice, «ci aiuta a cogliere due aspetti importanti della vita. Il primo è il riposo», che il Signore consiglia persino agli Apostoli. Non si tratta di un riposo dissipativo, quanto di un invito a contemplare l’apostolato compiuto e a valutarlo in profondità: «così facendo, Gesù ci dà un insegnamento prezioso. Anche se gioisce nel vedere i suoi discepoli felici per i prodigi della predicazione, non si dilunga in complimenti e domande, ma si preoccupa della loro stanchezza fisica e interiore. E perché fa questo? Perché li vuole mettere in guardia da un pericolo, che è sempre in agguato anche per noi: il pericolo di lasciarsi prendere dalla frenesia del fare, cadere nella trappola dell’attivismo, dove la cosa più importante sono i risultati che otteniamo e il sentirci protagonisti assoluti», quando invece è sempre Dio ad agire per mezzo nostro.
«Per questo», rimarca il Santo Padre, «Egli invita i suoi a riposare un po’ in disparte, con Lui. Non è solo riposo fisico, è anche riposo del cuore. Perché non basta “staccare la spina”, occorre riposare davvero. E come si fa questo? Per farlo, bisogna ritornare al cuore delle cose: fermarsi, stare in silenzio, pregare, per non passare dalle corse del lavoro alle corse delle ferie. Gesù non si sottraeva ai bisogni della folla, ma ogni giorno, prima di ogni cosa, si ritirava in preghiera, in silenzio, nell’intimità con il Padre. Il suo tenero invito – riposatevi un po’ – dovrebbe accompagnarci: guardiamoci, fratelli e sorelle, dall’efficientismo, fermiamo la corsa frenetica che detta le nostre agende. Impariamo a sostare, a spegnere il telefonino, a contemplare la natura, a rigenerarci nel dialogo con Dio».
Quel che chiede Gesù, quindi, è una ri-centratura: riconoscere il primato di Dio e il nostro stesso bisogno di salvezza. Come ritagliare degli spazi alla contemplazione, se lo stesso Gesù, assieme ai discepoli, è pressato dalle folle? «Ecco il secondo aspetto: la compassione, che è lo stile di Dio. Lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Quante volte nel Vangelo, nella Bibbia, troviamo questa frase: “Ebbe compassione”», sottolinea il Papa. Non c’è contraddizione con quanto detto prima: «infatti, solo il cuore che non si fa rapire dalla fretta è capace di commuoversi, cioè di non lasciarsi prendere da sé stesso e dalle cose da fare e di accorgersi degli altri, delle loro ferite, dei loro bisogni. La compassione nasce dalla contemplazione», cardine di una vera e propria «“ecologia del cuore”», che discerne gli spiriti.
Francesco parla dell’alluvione che in questi giorni ha colpito Germania, Belgio e Olanda: «esprimo la mia vicinanza alle popolazioni di Germania, Belgio e Olanda colpite da catastrofiche alluvioni. Il Signore accolga i defunti e conforti i familiari». Quanto all’ecologia umana, ovvero al modo con il quale l’uomo tratta se stesso e i suoi simili, il Papa accenna ai disordini in Sudafrica, ma soprattutto porge la sua piena solidarietà al popolo cubano, insorto contro il regime comunista a causa della pessima gestione della pandemia, che si aggiunge ai problemi pregressi. Ai cubani il Pontefice dice: «sono anche vicino al caro popolo cubano in questi momenti difficili, in particolare alle famiglie che maggiormente ne soffrono. Prego il Signore che lo aiuti a costruire in pace, dialogo e solidarietà una società sempre più giusta e fraterna. Esorto tutti i cubani ad affidarsi alla materna protezione della Vergine Maria della Carità del Cobre. Ella li accompagnerà in questo cammino». I tanti pellegrini provenienti dall’isola caraibica rispondono alle raccomandazioni del Pontefice acclamandolo e sventolando la bandiera nazionale.
Lunedì, 19 luglio 2021