Molti studiosi stanno cercando una risposta al “declino” della presenza pubblica dei cattolici italiani. Ma prendere sul serio le indicazioni del Magistero da Pio XII a Francesco?
di Marco Invernizzi
Quando Antonio Gramsci scrisse nel 1919 «Il cattolicismo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida» disse qualcosa che all’epoca pareva di difficile comprensione, ma che oggi ci aiuta a ricercare le radici storiche del declino dei cattolici in Italia (non solo dei popolari o dei democristiani, che non ci sono più). Il declino è il tema di un libro importante dello storico Andrea Riccardi, che, secondo uno schema oggi sempre meno esplicativo, sarebbe un “progressista”. Il suo libro pone domande importanti, anche se le risposte spesso sono molto opinabili: La Chiesa brucia? Crisi e futuro del cristianesimo (Laterza, 2021). Il testo di Riccardi accompagna la storia del cattolicesimo dalla crisi della Chiesa francese a quella spagnola e tedesca, per quindi soffermarsi in modo particolare sulla situazione della Chiesa in Italia, diversa certamente dalle altre storie europee, ma anch’essa pienamente coinvolta nella domanda che accompagna tutto il testo: «Si tratta di una delle tante crisi che il cristianesimo ha vissuto o di un definitivo declino?».
Intanto bisogna subito sbarazzarsi da una tentazione che sarebbe grave per un cattolico. Le crisi storiche della Chiesa sono appunto storiche, incidono sui fedeli nel senso che possono rendere più difficile il loro cammino verso la Salvezza eterna, ma non dovrebbero intaccare la virtù teologale della speranza.
La constatazione del declino dell’influenza del cristianesimo nella società italiana è emersa con una certa evidenza nel corso della crisi successiva alla diffusione del Covid 19, quando la Chiesa è stata trattata dal governo di allora (durante la prima ondata) come fosse una qualsiasi struttura commerciale o ricreativa. Proprio Riccardi sottolinea questa circostanza, che aiuta a riflettere su come e perché si sia giunti a questa irrilevanza storica di una realtà così importante per la storia italiana come è stata (e in parte continua a essere) la Chiesa italiana.
Infine, un’analoga constatazione di irrilevanza della Chiesa è stata sottolineata a proposito del ddl Zan (cfr «Faggioli, Brunelli e Della Zuanna spiegano perché il mondo cattolico non incide più sulla politica», in Huffington post, 21 luglio). Anche se, in questa occasione, credo sia stata sottovalutata l’influenza avuta dalla Nota verbale della Segreteria di Stato vaticana rivolta al governo italiano per manifestare come il ddl Zan metterebbe in discussione, se convertito in legge, alcuni punti del Concordato.
Ma quello che mi preme oggi è ripercorrere, con altre categorie interpretative, il percorso del declino del cattolicesimo in Italia (e in Europa) percorso da Riccardi (e dai tre cattolici democratici intervistati dall’Huffington post).
- La crisi non nasce dall’interno della Chiesa, ma da una pressione esterna, da un processo rivoluzionario che colpisce alcune istituzioni storiche come la Chiesa, lo Stato e la famiglia, per arrivare dopo il 1968 ad attaccare la persona singola. Soltanto successivamente la crisi penetrerà nella Chiesa favorendo un processo di auto-demolizione, come sottolineò san Paolo VI il 7 dicembre 1968. Il dato è importante perché il modernismo, il cattolicesimo democratico, il clerico-fascismo o il catto-comunismo sono stati tentativi (sbagliati a mio avviso) di rispondere alla crisi della presenza pubblica dei cattolici, ma di una crisi che nasceva all’esterno, per iniziativa di un “nemico” così descritto da Pio XII: «È un “nemico” divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio» (12 ottobre 1952).
- Credo che nessuno intellettualmente onesto fra i cattolici possa ritenere di avere la soluzione “chiavi in mano” per uscire dall’attuale crisi o declino. Chi si rifugia nel passato supposto glorioso della Chiesa non si avvede che la crisi è cominciata in quel passato, che non è riuscito a rispondere adeguatamente alla crisi proveniente dall’esterno. Chi crede che la soluzione stia nel disprezzare il passato della Chiesa dimenticandone i tesori trasmessi fino a oggi, in primis la fede così come è stata rivelata dal Signore Gesù, trasforma il progresso in una ideologia “politicamente corretta”, di completa “mondanizzazione” della fede, per usare le parole di Papa Francesco.
Allora la domanda è: perché non prendere sul serio il Magistero e provare a cercare di applicarlo? Il Magistero dei Papi, da Pio XII a Francesco, insiste nell’invitare pastori e fedeli ad adottare uno stile missionario, cioè a prendere atto che non si esce dalla crisi e non si interrompe il declino dividendoci nell’analisi e nella terapia, ma prendendo atto che una situazione storica di cristianità è terminata e quindi bisogna ritornare a evangelizzare le persone, una per una, ricreando ambienti, cioè micro-cristianità. Significa smettere di contrapporre il passato al presente, quasi come se fosse esistita una situazione ideale per la Chiesa che non avesse bisogno di riforme, e contemporaneamente si deve smettere di avere un atteggiamento di subalternità culturale verso i “potenti del nostro tempo”, una sorta di tributo al politicamente corretto.
Si tratta di trovare il coraggio di dire pubblicamente la verità, con entusiasmo e senza arroganza. Le verità “ultime” certamente, ma anche cercando un giudizio condiviso su quanto avviene nella vita pubblica, alla luce degli insegnamenti del Magistero. L’arcivescovo emerito di Milano, il card. Angelo Scola, diceva al suo clero che sbagliava a non volere affrontare certi temi eticamente sensibili perché i fedeli erano divisi sul punto; così facendo si sarebbero divisi sempre di più. Da questo punto di vista è sconcertante che un sondaggio apparso su la Repubblica del 21 luglio 2021 sostenga che il 45% dei praticanti sia favorevole al ddl Zan: che cosa è stato fatto nelle parrocchie e dai movimenti per trasmettere quanto la Cei ha sostenuto nel documento del 10 giugno 2020 Omofobia: non serve una nuova legge?
Si tratta infine anche di sapere che cosa comunicare. Dal 4 al 24 novembre 1957, l’arcivescovo di Milano, mons. Giovanni Battista Montini, impegnava la propria diocesi nella “grande missione di Milano”. Si svolsero quindicimila tra conferenze e incontri per portare la fede in una città nella quale il futuro Paolo VI aveva colto quanto fosse già avanzato il processo di scristianizzazione (era il 1957!). Non basta annunciare la fede se non segue un’adeguata catechesi e se non si giunge a un giudizio condiviso sul proprio tempo. In pratica, come disse san Giovanni Paolo II, «La sintesi tra cultura e fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede… Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (16 gennaio 1982).
Lunedì, 26 luglio 2021