Solennità dell’Assunzione della B. V. Maria
(Ap 11, 19a; 12, 1 – 6a.10ab; Sal 44; 1Cor 15, 20 – 27; Lc 1, 39 – 56)
«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» (Lc 1,49) sono tra le parole più grandi della storia umana e ratificano le promesse che Dio fece nell’Eden ai nostri progenitori, dopo il peccato, quando, maledicendo il serpente in presenza di Adamo ed Eva, pronunciò queste parole: «Io porrò inimicizia tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3,15). Questa donna profetica, preannunciata nel paradiso terrestre, è Maria Vergine, la madre di Gesù, che è l’Uomo-Dio. In lei Dio ha realmente compiuto grandi cose. Innanzitutto, ella, per singolare privilegio, fu concepita immune dalla colpa originale e, perciò, proclamata Immacolata da tutta la Chiesa. Successivamente Dio, in vista della sua futura missione di Madre della Chiesa, le concesse di divenire Madre di Gesù pur rimanendo vergine, secondo la profezia di Isaia annunziata al ritroso re Acaz (Is 7,14): «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Alla fine, vinta la morte, Maria venne assunta dagli angeli in cielo: seconda primizia dei risorti dopo Gesù stesso, siede vivente alla destra del Figlio e acclamata Regina del cielo e della terra. Secondo la dottrina della Chiesa cattolica, che si basa su una tradizione accolta anche dalla Chiesa ortodossa bizantina, seppure non dogmaticamente, Maria è entrata nella gloria non solo con il suo spirito, ma anche con il corpo, come primizia, dietro a Cristo, della risurrezione futura (cfr Lumen Gentium). Che cosa Iddio poteva operare di più per lei? E noi, suoi figli, ne siamo lieti e con fede e amore la proclamiamo “beata”, come ella stessa disse profeticamente alla cugina Elisabetta nel suo incontro ad Ain Karim, ora sobborgo di Gerusalemme. Costatando le meraviglie dell’onnipotenza di Dio ella cantò allora: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). L’apogeo della glorificazione di Maria è la sua assunzione al cielo in corpo e anima, avvenuta a Gerusalemme alla conclusione del suo terreno pellegrinaggio, dopo circa trent’anni dall’Ascensione al cielo del suo divino Figlio Gesù. Sul luogo dove la tradizione pone questo ulteriore e stupendo miracolo, sorge fin dai primi secoli un veneratissimo santuario, che ricorda ai fedeli del luogo e ai pellegrini di tutti i tempi lo straordinario prodigio.
In tutte le altre feste noi contempliamo Maria come segno di ciò che la Chiesa deve essere, ma il 15 agosto la contempliamo come preannuncio di ciò che la Chiesa sarà. Maria è il più chiaro esempio e la dimostrazione della verità della parola della Scrittura: «Se partecipiamo alle sue sofferenze, parteciperemo anche alla sua gloria» (Rm 8,17).
Le cose di Dio mettono fretta, anzi, le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle che riguardano il Signore, che sono veramente urgenti per la nostra vita. Maria durante la Visitazione entra nella casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non vi entra da sola. Vi entra portando in grembo il Figlio, che è Dio stesso fatto uomo. Certamente c’è attesa di lei e del suo aiuto in quella casa, ma l’evangelista ci guida a comprendere come questa attesa rimanda ad un’altra, più profonda. Zaccaria ed Elisabetta ed il piccolo Giovanni Battista sono, infatti, il simbolo di tutti i giusti d’Israele, il cui cuore, ricco di speranza, attende la venuta del Messia Salvatore. Ed è lo Spirito Santo ad aprire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscere Maria, la vera Arca dell’Alleanza, la Madre di Dio che viene a visitarla. Lo stesso Spirito Santo, davanti a colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta. Elisabetta esclama: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1,44). Qui l’evangelista Luca usa il termine skirtan, cioè “saltellare”, lo stesso termine che troviamo in una della antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del re Davide davanti all’Arca santa, che entra finalmente a Gerusalemme (2Sam 6,16). Come Davide, Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’Arca della Nuova Alleanza, che è Maria, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre al mondo, condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera della Chiesa – Maria è realmente «causa nostrae laetitiae», l’arca nella quale realmente il Salvatore è presente tra noi. In un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell’amore immenso che Dio ha riservato – certo, in una maniera assolutamente unica e irripetibile – a Maria. Guardiamo a Maria: ella ci apre alla speranza, ad un futuro pieno di gioia, e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere, nella fede, il suo Figlio, non perdere mai l’amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla sua parola, seguirlo ogni giorno, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti. Maria, l’Arca dell’Alleanza che sta nel santuario del Cielo, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra vera casa, la comunione di gioia e di pace con Dio.
Concludo con un pensiero dedicato al centro del culto mariano, che è la Divina maternità, in cui si intrecciano cielo e terra, divino e umano, si celebra Dio stesso che mostra a noi un volto e una storia, ottima cosa per noi, che desideriamo il volto del Padre. Lasciamo parlare l’impressione che Gesù e Maria hanno lasciato nell’animo di uno scrittore ateo, Jean Paul Sartre (1905-80): «Maria avverte nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo bambino ed è Dio. Lo guarda e pensa: questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatto di me, ha i miei occhi, la forma della sua bocca è la forma della mia, mi assomiglia. Nessuna donna ha mai potuto avere in questo modo il suo Dio per sé sola, un Dio bambino che si può prendere fra le braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che ride». Noi, ad una Madre della Chiesa così in confidenza con Dio, possiamo chiedere che tutto il suo Spirito divenga nostro! Che la sua fede, speranza e carità divengano nostre, la sua stessa umiltà e semplicità divengano nostre. Che il suo amore per Dio divenga nostro! Diceva sant’Ambrogio di Milano (340-97): «sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio» (opp. cit. Liturgia ambrosiana delle Ore, vol. VI).
Domenica, 15 agosto 2021