In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,9 – 13).
Il nome ebraico significa “dono di Dio”, ma Matteo era detto «Il Pubblicano» (Mt 10,3) perché era un esattore delle tasse, sempre seduto al banco delle imposte. Era una figura assai odiata dagli Ebrei perché collaborazionista dei Romani invasori e perché poteva domandare denaro a volontà, purché consegnasse una certa cifra al governatore locale. Era un modo molto tranquillo per arricchirsi rubando. Un proverbio americano dice che l’uomo fa cose buone se non tribola troppo, ragion per cui ci sforziamo di scoprire quali talenti ha un bambino tramite osservazioni, prove, test psicologici. Sarebbe tragico proporre la facoltà di ingegneria a chi non è portato per il calcolo.
Le chiamate di Dio nella Bibbia non seguono questa dinamica. Sono imprevedibili, sembrano non avere motivi psicologici. Matteo non pensava al Regno di Dio: serviva il mondo e i suoi interessi. Quando Gesù gli passò accanto, non si alzò dal suo banchetto, non manifestò alcun interesse per il profeta che gli era vicino. Ma un peccatore non può rimanere in pace: quando vide Gesù, senz’altro fu travolto da un volto e da uno Spirito di verità e libertà. Proprio ciò che a lui mancava. Non ci rendiamo conto di quante persone convertiamo con la nostra presenza di anime inabitate dal Santo Spirito. Solo Lui converte, spesso nel silenzio: a noi serve ed è chiesto, solo di essere un buon seme. Quando meno te lo aspetti, vieni a sapere che sei stato tu a lasciare una santa impronta nel cuore del prossimo.
Santa Brigida riviveva con l’immaginazione le scene del Vangelo. Nelle sue Rivelazioni ci presenta san Matteo che parla della sua vocazione: «In quel momento ho avuto la ferma volontà di non ingannare più nessuno, e ho cercato come liberarmi dalla mia professione per servire con tutto il cuore il Signore. Quando Gesù pronunciò la parola che mi ha chiamato, mi sono sentito bruciare come il fuoco. Il suo discorso era così bello che non ho più pensato alla ricchezza, mi è sembrata paglia. Mi sono commosso fino alle lacrime, ma allo stesso tempo sentivo la gioia che Dio aveva voluto chiamarmi e dare grazia ad un peccatore come me.Quindi andai con il Signore, e tutte le sue parole mi penetravano nel cuore e le gustavo come un cibo dolcissimo». Questo brano illustra quanto afferma Origene delle parole di Cristo: «Sono divine, e quindi hanno il potere e la forza di cambiare colui che le accoglie».
Quando si prega per la conversione dei peccatori, la Chiesa è consapevole della forza di questa preghiera, perché essa è ispirata da Dio. Cristo ascolta anzitutto la preghiera del peccatore che domanda pietà. Come afferma san Giovanni Crisostomo: «è una preghiera che viene ispirata dalla carità, dunque è secondo la volontà del Padre».