In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire» (Lc 12, 8 – 12).
«In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo» (Fil 2,15): sono parole di san Paolo, che esprime l’evidente bellezza della vita dei credenti in Cristo rispetto ad una generazione malvagia. E’ già questa una confessione di fede. In tempo di persecuzione, in cui la fede può costare la vita, la tradizione cristiana è conforme nell’affermare che nessuno è obbligato ad esporsi. Un altro importante scrupolo prudenziale è quello di evitare sempre di cercarsi il martirio del sangue, che potrebbe trasformarsi nel desiderio egoistico di eroismo. Bisogna che Dio stesso, straordinariamente, chiami all’estrema testimonianza, in circostanze che le richiedono, senza mai andarsi a cercare volutamente il martirio. E’ certo, però, che nella vita quotidiana normale non possiamo mai rinnegare la fede. Quando siamo in locali pubblici non è un buon metodo porre in evidenza la propria fede, né insistere su argomenti religiosi innanzi a persone che non li accettano. Sappiamo tutti che si comportano così i membri di alcune sette. Il modo migliore per confessare Cristo, è mostrare uno squisito umanesimo, ricco di virtù e di ottimi esempi lavorativi e familiari.
Rinnegare Cristo è una mancanza molto grave. L’apostolo Pietro lo commise tre volte pubblicamente. Ogni peccato grave rinnega Gesù Cristo, anche se non è commesso con deliberato consenso. E’ come smentire sé stessi, nell’immagine e somiglianza di Dio che portiamo scritta nel cuore. Secondo i Padri della Chiesa, il peccato è anzitutto corruzione della propria personalità e può turbare fino al suicidio. Solo Cristo può pacificare un’esistenza turbata e sconvolta.
Nell’essere riconosciuti innanzi agli angeli, come accenna il Vangelo odierno, diversi autori vedono l’immagine del Giudizio universale, quando il Figlio dell’uomo apparirà appunto tra gli angeli. Il Beato Angelico dipinse questo evento mostrando i beati che ascendono al cielo fra suoni di tromba, festanti, tenendosi per mano. I dannati dipinti a sinistra, invece, scivolano verso l’abisso, voltandosi le spalle. Questa separazione è la prima punizione del peccato, che sempre comporta il perdere una buona relazionalità e porta a solitudine e isolamento, che sono contro natura.
Per misericordia di Dio, le pene sulla terra hanno un potere medicinale, per portare alla riflessione e alla comprensione della bruttezza del peccato. Ci si rimette così nuovamente alla ricerca dell’unione con Colui che unisce la terra e il cielo.