In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute (Lc 13,10 – 17).
Una spina dorsale malata: poteva essere una scoliosi, malattia dello scheletro assai dolorosa. Il Vangelo attribuisce la causa allo spirito del morbo, secondo la cultura del tempo. Questo spirito è in realtà il peccato. Secondo i Padri della scuola antiochena, l’immagine della presenza di Dio nell’uomo è la posizione eretta, cioè da dominatore, all’opposto di quella degli animali. Con il peccato perdiamo questo privilegio, diventiamo succubi di forze negative e soffriamo: chi ha rifiutato di obbedire a Dio si ritrova sottomesso alla debolezza del corpo. E’ sufficiente un mal di testa per impedirci di lavorare, eppure è l’anima che governa il corpo tramite la sua volontà. E’ sufficiente un virus e una struttura meravigliosa come il corpo umano è abbattuto. E’ difficile, di fronte a queste situazioni, convincersi che siamo creati per dominare il cosmo. Pascal diceva: «una goccia d’acqua può ucciderci, e dobbiamo dominare il mare!»
Finché non superiamo lo spirito del morbo, il nostro regno è quello della corruzione. Non è facile mantenersi eretti. Spesso siamo costretti a sottometterci a persone che non apprezziamo. La storia dell’umanità è percorsa da un anelito alla libertà. Scrive Dostoevskij: «se l’uomo si sforza di essere libero, ad ogni passo scopre di essere schiavo».
La libertà che si offre ai cristiani è ben altra cosa. La libertà umana dipende dalla destituzione dei tiranni, dalle leggi giuste, da una buona organizzazione dello stato, dalla formazione. Tutto questo è buono, ma non raggiunge l’anelito del cuore umano. Solo chi si identifica in Cristo fa esperienza della libertà dei figli di Dio. Alle persone sincere si dice che hanno un atteggiamento retto. La sincerità l’apprezza anche il nemico ed è una virtù che cresce da molte radici: spesso è innata. Alla sincerità o alla falsità ci educa l’ambiente in cui viviamo, ma la condizione fondamentale è l’assenza di paura. L’animale che teme l’uomo, lo sfugge; chi ha paura di qualcuno lo evita. Quindi si ha un bel dire: “non avere paura”! Siamo troppo piccoli d’innanzi ai pericoli che ci minacciano. Solo con la fede in Cristo i cristiani si sentono più forti nei confronti di tutto ciò che li circonda. I santi non erano mai in soggezione davanti ai potenti del mondo, parlavano con loro da pari a pari, con sincerità, per non umiliare la Verità.