Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano ad osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisia. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «E’ lecito o no guarire di sabato?» Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole (Lc 14,1- 6).
«Dio ha compassione. Ha compassione per ciascuno di noi, ha compassione dell’umanità e ha mandato suo Figlio per guarirla, per rigenerarla», per rinnovarla, scrive il Santo Padre ne La gioia della misericordia.
«E’ interessante che nella parabola che noi conosciamo del Figliol Prodigo, si dice che quando il Padre – che è una figura di Dio che perdona – vede arrivare suo figlio ebbe compassione. La compassione di Dio non è avere pietà: non ha nulla a che vedere una cosa con l’altra. Posso avere pietà di un cane che sta morendo», ma la compassione di Dio è altro: è mettersi nel problema, mettersi nella situazione dell’altro, con un cuore di Padre. E’ per questo che ha mandato suo Figlio: «Gesù curava la gente, però non è un guaritore. Curava la gente come segno, come segno della compassione di Dio, per salvarla, per rimettere al suo riparo la pecora smarrita che, esempio tutt’altro che casuale, è un animale privo di senso dell’orientamento e non sa mai rientrare da sola all’ovile. Dio ha compassione. Dio ci mette nel suo cuore di Padre, ci mette il suo cuore per ciascuno di noi. E quando Dio perdona, perdona come Padre. Non si dà mai il caso di essere assolto per mancanza i prove, come accade spesso nei tribunali, dove si cozza spesso innanzi alla povertà della giustizia umana. Ci perdona da dentro. Perdona perché si è messo nel cuore di questa persona. Gesù è stato inviato per “ portare la lieta novella, per liberare colui che si sente oppresso», prosegue il Pontefice. Gesù è inviato dal Padre per mettersi in ciascuno di noi, liberandoci dei nostri peccati e dei nostri mali.
E’ quanto fa un sacerdote: commuoversi, impegnarsi nella vita della gente, perché un prete è sacerdote come Gesù è sacerdote. Vive con pieno coinvolgimento tutti i problemi umani, nella piena consapevolezza che non c’è problema che non sia già stato inchiodato sulla croce di Cristo e che non faccia parte dei disegni di salvezza dell’Onnipotente Signore. Verso i farisei, che non hanno alcuna comprensione per le sofferenze di un malato, Gesù è preso dalla sua sacerdotalità, profetica e regale, divorato dall’amore di Dio, interviene come autentico profeta del Regno di Dio, mostra il bene per gli uomini, che era il vero senso della legge di Mosè, e spazza via la malattia dell’uomo sofferente, la quale non ha più alcuna esistenza, come il peccato che umilmente dichiariamo nel Sacramento della Riconciliazione.