«Guardarsi dagli ipocriti e guardare alla povera vedova», dice il Papa
di Michele Brambilla
Come mette in evidenza Papa Francesco nel discorso per l’Angelus del 7 novembre, «la scena descritta dal Vangelo della liturgia odierna si svolge all’interno del Tempio di Gerusalemme. Gesù guarda, guarda ciò che succede in questo luogo, il più sacro di tutti, e vede come gli scribi amino passeggiare per essere notati, salutati, riveriti, e per avere posti d’onore» proprio lì dove dovrebbe regnare solo il Padre, ma vede anche una povera vedova, che dona al Signore tutto quello che ha per sopravvivere. Cristo segue l’avvicendarsi dei personaggi con gli occhi, «ed è proprio questo verbo – “guardare” – che riassume il suo insegnamento: da chi vive la fede con doppiezza, come quegli scribi, “dobbiamo guardarci” per non diventare come loro; mentre la vedova dobbiamo “guardarla” per prenderla come modello. Soffermiamoci su questo: guardarsi dagli ipocriti e guardare alla povera vedova».
I primi, gli ipocriti, sono “fulminati” spietatamente: «quegli scribi coprivano, con il nome di Dio, la propria vanagloria e, ancora peggio, usavano la religione per curare i loro affari, abusando della loro autorità e sfruttando i poveri. Qui vediamo quell’atteggiamento così brutto che anche oggi vediamo in tanti posti, in tanti luoghi, il clericalismo, questo essere sopra gli umili, sfruttarli, “bastonarli”, sentirsi perfetti. Questo» ancora oggi «è il male del clericalismo. È un monito per ogni tempo e per tutti, Chiesa e società: mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri, mai guadagnare sulla pelle dei più deboli», ammonisce il Papa.
L’ipocrisia è una grave malattia dell’anima, «e per guarire da questa malattia, Gesù ci invita a guardare alla povera vedova. Il Signore denuncia lo sfruttamento verso questa donna che, per fare l’offerta, deve tornare a casa priva persino del poco che ha per vivere. Quanto è importante liberare il sacro dai legami con il denaro! Già Gesù lo aveva detto, in un altro posto: non si può servire due padroni», né farli convivere sotto lo stesso tetto (sacro). Si conferma, così, la sapienza antica, che distingueva tra sacer e pro-fanum, cioè “davanti (nel senso di “al di là”) all’area sacra”. I templi greco-romani prevedevano una scalinata di accesso e un porticato, sotto il quale avvenivano i sacrifici, mentre la cella con la statua della divinità era riservata ai sacerdoti. Questo era ancora più cogente nel Tempio di Gerusalemme, nel quale abitava il Dio vivo e vero: i cortili erano ben due, e i “gentili”, ovvero i pagani, potevano svolgere i propri traffici solo in quello più esterno, mentre nel Sancta Sanctorum poteva entrare solo il sommo sacerdote giudaico, per di più poche volte l’anno.
Ora la lotta spirituale si sposta all’interno dello stesso individuo, che deve decidersi per Dio: «o tu servi Dio – e noi pensiamo che dica “o il diavolo”, no – o Dio o il denaro. È un padrone, e Gesù dice che non dobbiamo servirlo. Ma, allo stesso tempo, Gesù loda il fatto che questa vedova getta nel tesoro tutto ciò che ha. Non le rimane niente, ma trova in Dio il suo tutto».
Solo Dio ci dà il centuplo quaggiù e l’eternità. Lo compresero i martiri cristiani di ogni secolo: «ieri a Manresa, in Spagna, sono stati proclamati Beati tre martiri della fede, appartenenti all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini: Benet de Santa Coloma de Gramenet, Josep Oriol de Barcelona e Domènech de Sant Pere de Riudebitlles. Furono uccisi nel periodo della persecuzione religiosa del secolo scorso in Spagna, dimostrando di essere miti e coraggiosi testimoni di Cristo». Il Papa prega anche per le sofferenze attuali dell’Etiopia, nazione dalla ricca tradizione cristiana.
Lunedì, 8 novembre 2021