Il mondo di oggi ha disperato bisogno di chi sappia amare le persone e testimoniare una libertà autentica, come dice il Papa citando san Giovanni Paolo II
di Michele Brambilla
Con l’udienza del 10 novembre Papa Francesco conclude il ciclo sulla Lettera ai Galati: «su quanti altri contenuti, presenti in questo scritto di san Paolo, si sarebbe potuto riflettere! La Parola di Dio è una sorgente inesauribile. E l’Apostolo in questa Lettera ci ha parlato come evangelizzatore, come teologo e come pastore». Cita in proposito un altro grande teologo dei primi secoli: «il santo vescovo Ignazio di Antiochia ha una bella espressione, quando scrive: “Vi è un solo maestro il quale parlò e ciò che disse fu fatto; ma le cose che egli fece tacendo sono degne del Padre. Chi possiede la parola di Gesù può ascoltare anche il suo silenzio” (Ad Ephesios, 15,1-2)».
Si può dire che san Paolo è riuscito a dare voce anche ai silenzi di Dio. «Le sue intuizioni più originali», infatti, «ci aiutano a scoprire la sconvolgente novità racchiusa nella rivelazione di Gesù Cristo. È stato un vero teologo, che ha contemplato il mistero di Cristo e l’ha trasmesso con la sua intelligenza creativa. Ed è stato anche capace di esercitare la sua missione pastorale nei confronti di una comunità smarrita e confusa» come quella della Galazia, usando di volta in volta il tono appropriato.
Il Papa sottolinea che «Paolo non ha mai pensato a un cristianesimo dai tratti irenici, privo di mordente e di energia, al contrario. Ha difeso la libertà portata da Cristo con una passione che fino ad oggi commuove, soprattutto se pensiamo alle sofferenze e alla solitudine che ha dovuto subire» anche all’interno della Chiesa nascente: «era convinto di avere ricevuto una chiamata a cui solo lui poteva rispondere; e ha voluto spiegare ai Galati che erano anch’essi chiamati a quella libertà, che li affrancava da ogni forma di schiavitù, perché li rendeva eredi della promessa antica e, in Cristo, figli di Dio». La conversione a Cristo inaugura una nuova condizione ontologica, alla quale bisogna rimanere coerenti.
«Al termine di questo itinerario di catechesi, mi pare che possa nascere in noi un duplice atteggiamento. Da una parte», elenca il Pontefice, «l’insegnamento dell’Apostolo genera in noi entusiasmo; ci sentiamo spinti a seguire subito la via della libertà, a “camminare secondo lo Spirito”», ma «dall’altra parte, siamo consapevoli dei nostri limiti, perché tocchiamo con mano ogni giorno quanto facciamo fatica ad essere docili allo Spirito, ad assecondare la sua benefica azione. Allora può sopraggiungere la stanchezza che frena l’entusiasmo». Quando ci si scoraggia, meglio seguire i consigli di sant’Agostino d’Ippona: «la fede di Cristo nel tuo cuore è come Cristo nella barca. Ascolti insulti, ti affatichi, sei sconvolto, e Cristo dorme. Risveglia Cristo, scuoti la tua fede! Persino nel turbamento sei in grado di fare qualcosa. Scuoti la tua fede. Cristo si desti e ti parli… Perciò risveglia Cristo… Credi ciò che è stato detto, e si fa grande bonaccia nel tuo cuore» (Discorsi 163/B6).
Come si ottiene questa “bonaccia”? «Dobbiamo confidare che lo Spirito viene sempre in aiuto alla nostra debolezza e ci concede il sostegno di cui abbiamo bisogno. Dunque, impariamo a invocare più spesso lo Spirito Santo». E come si invoca? «La preghiera allo Spirito Santo è spontanea: deve nascere dal tuo cuore. Tu devi dire nei momenti di difficoltà: “Santo Spirito, vieni”. La parola chiave è questa: “vieni”. Ma devi dirlo tu con il tuo linguaggio, con le tue parole. Vieni, perché sono in difficoltà, vieni perché sono nell’oscurità, nel buio; vieni perché non so cosa fare; vieni perché sto per cadere. Vieni. Vieni». Quasi un canto d’Avvento: l’avvento dello Spirito! «E possiamo portare con noi», suggerisce il Papa, «magari dentro il nostro Vangelo tascabile, la bella preghiera che la Chiesa recita a Pentecoste: “Vieni, Santo Spirito, / manda a noi dal cielo / un raggio della tua luce! / Vieni, padre dei poveri, / vieni, datore dei doni, / vieni, luce dei cuori! / Consolatore perfetto, / ospite dolce dell’anima / dolcissimo sollievo…”. Vieni. E così prosegue, è una preghiera bellissima», perché ci comunica il fuoco eternamente allegro dello Spirito Santo, la fonte della vera libertà, che si esprime nella carità.
Come dice lo stesso Pontefice ai pellegrini polacchi (ricorre in questi giorni l’anniversario dell’indipendenza della Polonia), «ringraziando il Signore per il dono della libertà, ricordiamoci che – come diceva san Giovanni Paolo II – “questa libertà deve essere gestita sulla base dell’amore di Dio, della patria e dei fratelli” (13.11.2002). “Oggi il mondo e la Polonia hanno bisogno di uomini dal cuore grande, che servono con umiltà e amore, che benedicono e non maledicono, che conquistano la terra con la benedizione” (Sopot, 5.06.1999)».
Mercoledì, 10 novembre 2021