La regalità di Cristo, che rifiuta i segni e gli onori mondani per salvarci con la Verità
di Michele Brambilla
«Il Vangelo della liturgia di oggi, ultima domenica dell’anno liturgico», dice Papa Francesco all’Angelus del 21 novembre, solennità di Cristo Re, «culmina in un’affermazione di Gesù, che dice: “Io sono re” (Gv 18,37)». Affermazione assolutamente veritiera, ma pronunciata in circostanze molto particolari: «Egli pronuncia queste parole davanti a Pilato, mentre la folla grida di condannarlo a morte. Lui dice: “Io sono re”, e la folla grida di condannarlo a morte: bel contrasto! È giunta l’ora cruciale. In precedenza, sembra che Gesù non volesse che la gente lo acclamasse come re», perché in quelle acclamazioni si intuiva un certo messianismo politico, che ricercava solamente l’insurrezione contro l’Impero romano, ma nel momento della Passione Cristo sta per mostrare a tutti cosa sia la vera regalità.
«Il fatto è che la regalità di Gesù è ben diversa da quella mondana», puntualizza il Pontefice: «Egli non viene per dominare, ma per servire. Non arriva con i segni del potere, ma con il potere dei segni», basti pensare ai Sacramenti. Pertanto, «non è rivestito di insegne preziose, ma sta spoglio sulla croce. Ed è proprio nell’iscrizione posta sulla croce che Gesù viene definito “re” (cfr Gv 19,19)». In questo modo, «la sua regalità è davvero al di là dei parametri umani! Potremmo dire che non è re come gli altri, ma è Re per gli altri. Ripensiamo a questo: Cristo, davanti a Pilato, dice di essere re nel momento in cui la folla è contro di Lui, mentre quando lo seguiva e lo acclamava aveva preso le distanze da questa acclamazione. Gesù si dimostra, cioè, sovranamente libero dal desiderio della fama e della gloria terrena», che è una tentazione costante degli uomini.
Francesco invita tutti ad interrogarsi sulle proprie ambizioni e sulle tentazioni riguardanti l’orgoglio, perché «Gesù non soltanto rifugge da ogni ricerca di grandezza terrena, ma rende anche libero e sovrano il cuore di chi lo segue. Egli, cari fratelli e sorelle, ci libera dalla sudditanza del male. Il suo Regno è liberante, non ha nulla di opprimente. Egli tratta ogni discepolo da amico, non da suddito. Cristo, pur essendo al di sopra di tutti i sovrani, non traccia linee di separazione tra sé e gli altri; desidera invece fratelli con cui condividere la sua gioia (cfr Gv 15,11)». E ricorda: «seguendolo non si perde, non si perde nulla, ma si acquista dignità. Perché Cristo non vuole attorno a sé servilismo, ma gente libera. E – chiediamoci ora – da dove nasce la libertà di Gesù? Lo scopriamo tornando alla sua affermazione di fronte a Pilato: “Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità” (Gv 18,37)». Come dice il proverbio, la verità trionfa sempre, specie se si tratta della Verità in persona: «È la sua verità che ci fa liberi (cfr Gv 8,32). Ma la verità di Gesù non è un’idea, qualcosa di astratto: la verità di Gesù è una realtà, è Lui stesso che fa la verità dentro di noi, ci libera dalle finzioni, dalle falsità che abbiamo dentro, dal doppio linguaggio. Stando con Gesù, diventiamo veri», conosciamo la nostra autentica essenza e il nostro destino ultraterreno.
Ecco allora il monito: «certo, con i limiti e i difetti dobbiamo sempre fare i conti: tutti siamo peccatori. Ma, quando si vive sotto la signoria di Gesù, non si diventa corrotti, non si diventa falsi, inclini a coprire la verità. Non si fa doppia vita. Ricordate bene: peccatori sì, siamo tutti, corrotti, mai! Peccatori sì, corrotti mai».
Il Papa sottolinea che «oggi, per la prima volta nella solennità di Cristo Re, in tutte le Chiese particolari si celebra la Giornata Mondiale della Gioventù», in precedenza assegnata alla Domenica delle Palme. «Per questo accanto a me ci sono due giovani di Roma», prosegue il Pontefice, «che rappresentano tutta la gioventù di Roma. Saluto di cuore i ragazzi e le ragazze della nostra Diocesi, e auspico che tutti i giovani del mondo si sentano parte viva della Chiesa, protagonisti della sua missione. Grazie di essere venuti! E non dimenticate», ribadisce, «che regnare è servire. Come era questo? Regnare è servire. Tutti insieme: regnare è servire. Come ci insegna il nostro Re».
Lunedì,22 novembre 2021