Siamo tutti cercati dal Bambinello, compresi coloro che tardano a inseguire la sua stella
di Michele Brambilla
«Oggi, a pochi giorni dal Natale, vorrei rievocare con voi», dice Papa Francesco ai fedeli riuniti in Aula Nervi per l’udienza generale del 22 dicembre, «l’evento da cui non può prescindere la storia: la nascita di Gesù», un evento avvenuto con assoluta certezza in circostanze ben determinate. «Per osservare il decreto dell’imperatore Cesare Augusto, che ordinava di farsi registrare all’anagrafe del proprio paese d’origine, Giuseppe e Maria», come annunciano i Vangeli, «scendono da Nazaret a Betlemme. Appena arrivati, cercano subito un alloggio, perché il parto è imminente; ma purtroppo non lo trovano, e allora Maria è costretta a partorire in una stalla (cfr Lc 2,1-7)».
L’atteggiamento degli albergatori di Betlemme ha il suo significato teologico, inquadrato da due versetti evangelici: «forse fu un’anticipazione di quanto dice l’evangelista Giovanni: “Venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11); e di quello che Gesù stesso dirà: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Lc 9,58)».
Attorno a Gesù accorrono i pastori, rappresentanti di tutti i poveri di Israele (in ebraico: anawim) che attendono la Redenzione, e i Magi, primizia delle genti destinate a costruire una civiltà cristiana. Il Vangelo e la Chiesa non tacciono, però, la triste realtà del rifiuto e dell’incomprensione, ammonendo: «cari fratelli e care sorelle, solo l’umiltà è la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a Lui, ci porta anche all’essenziale della vita, al suo significato più vero, al motivo più affidabile per cui la vita vale la pena di essere vissuta», perché «solo l’umiltà ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta». I Magi, che si potevano annoverare tra i sapienti di questo mondo, si fecero piccoli per incontrare Dio che si fa bambino.
Il Papa ricorda che «ogni uomo, nel profondo del suo cuore, è chiamato a cercare Dio: tutti noi, abbiamo quella inquietudine e il nostro lavoro è non spegnere quella inquietudine, ma lasciarla crescere perché è l’inquietudine di cercare Dio; e, con la sua stessa grazia, può trovarlo. Facciamo nostra la preghiera di Sant’Anselmo (1033-1109): “Signore, insegnami a cercarti. Mostrati, quando ti cerco. Non posso cercarti, se tu non mi insegni; né trovarti, se tu non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti! Che io ti trovi cercandoti e ti ami trovandoti!” (Proslogion, 1)». Tra coloro che il Pontefice annovera tra i cercatori della Luce di Betlemme ci sono certamente i poveri, che per noi sono autentica imago Christi. «E poi, fratelli e sorelle, vorrei accompagnare a Betlemme, come fece la stella con i Magi, tutti coloro che non hanno un’inquietudine religiosa, che non si pongono il problema di Dio, o addirittura combattono la religione, tutti quelli che impropriamente sono denominati atei». Impropriamente perché, in realtà, sono spesso idolatri, sono vittime della propria ignoranza, della cultura dominante, oppure esecrano una caricatura che è lontana anni luce dal Bambino, pertanto «vorrei ripetere loro il messaggio del Concilio Vaticano II: “La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell’uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione. […] La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano” (Gaudium et spes, 21)».
Giovedì, 23 dicembre 2021