È davvero straordinario e ricco di spunti il Discorso che Papa Francesco ha tenuto ieri, lunedì 10 gennaio, ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In questa sede non è possibile richiamare né approfondire tutti i temi trattati dal Pontefice nell’intero corposo discorso, bensì solo dare conto di alcuni passaggi particolarmente significativi.
di Francesco Cavallo
La pandemia, i vaccini e la libertà.
Il Pontefice non poteva che toccare per primo il tema della pandemia da Coronavirus che ha sconvolto il mondo e «continua a creare isolamento sociale e a mietere vittime». Partendo dalla constatazione indiscutibile per cui «laddove si è svolta un’efficace campagna vaccinale il rischio di un decorso grave della malattia è diminuito», il Papa ha ancora una volta chiesto di proseguire lo «lo sforzo per immunizzare quanto più possibile la popolazione» mondiale. Ciò che, però, merita di essere sottolineato è il richiamo del Pontefice all’impegno personale in questa direzione: «Tutti abbiamo la responsabilità di aver cura di noi stessi e della nostra salute, il che si traduce anche nel rispetto per la salute di chi ci è vicino. La cura della salute rappresenta un obbligo morale». In tal modo Francesco sembra rammentare a ciascuno di noi la differenza non di poco momento che passa tra l’autodeterminazione e la libertà: mentre la prima riduce tutto all’autonoma e incondizionata volontà del soggetto (con la conseguenza che qualunque scelta e comportamento viene rivendicato come “diritto”e ogni regola o norma avversata come invasione e violazione della libertà e del diritto), la seconda è orientata al Bene e si lascia dirigere dal Bene; Bene che considera anche la dimensione comunitaria e solidale. Papa Francesco invita a recuperare questa dimensione abbandonando i «forti contrasti ideologici», spesso costruiti «su notizie infondate o fatti scarsamente documentati», che recidono «i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose. Proprio la pandemia ci impone, invece, una sorta di “cura di realtà”, che richiede di guardare in faccia al problema e di adottare i rimedi adatti per risolverlo. I vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia».
Usare la ragione e farsi “curare” dalla realtà è, dunque, per il Pontefice, il necessario rimedio al «“relativismo sociale”», espressione interessante e intelligente che definisce l’estensione, all’ambito della quotidianità materiale, di quell’atteggiamento – già diffuso nel campo dottrinale e morale – che nega l’esistenza (e/o la possibilità di conoscenza) della realtà oggettiva.
Anche la politica, però, secondo Francesco deve fare la sua parte recuperando «fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa» in assenza delle quali si «genera confusione, si crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni».
La crisi del multilateralismo e il diritto naturale come antidoto
Riprendendo temi già dell’Enciclica Laudato Si, il Santo Padre ha ancora una volta ricordato che, come stanno insegnando la pandemia e la questione migratoria, «le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali». Tuttavia, osserva che, «a fronte di una maggiore interconnessione dei problemi», stanno aumentando le spinte per una frammentazione delle soluzioni. A questo punto il Papa descrive con grande lucidità e acume la crisi del multilateralismo, denunciandone le cause e individuando le soluzioni.
A base della crisi della diplomazia multilaterale c’è, per Francesco, sì la perdita di credibilità dei sistemi di governo di ogni livello, ma anche la progressiva perdita di spazio della dimensione politica, ovvero il fatto che decisioni importanti vengano assunte da apparati burocratici che non garantiscono alcun negoziato e non riconoscono voce in capitolo a tutti i Paesi: «Tale squilibrio, divenuto oggi drammaticamente evidente, genera disaffezione verso gli organismi internazionali da parte di molti Stati e indebolisce nel suo complesso il sistema multilaterale, rendendolo sempre meno efficace nell‘affrontare le sfide globali».
Ma c’è per Papa Francesco qualcosa di molto più profondo e radicale alla base del deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali. Anzitutto l’essersi diffuso e consolidato «un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell‘umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli»; ma, soprattutto, «una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quellacancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico pericoloso» che vorrebbe rinnegare e riscrivere la storia e la realtà.
E’evidente – spiega il Pontefice – che se la diplomazia multilaterale è impegnata a cancellare anziché valorizzare le identità, le diversità e le sensibilità che contraddistinguono i vari popoli, essa non potrà mai avere quella inclusività necessaria a recuperare credibilità ed efficacia indispensabili per affrontare sfide globali, trovando soluzioni comuni per il bene di tutti pur quando si parte da punti di vista differenti.
Il dialogo, però, per il Pontefice non è il fine, bensì il mezzo «per arrivare a riconoscere ciò che dev‘essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale. Non bisogna mai dimenticare che ci sono alcuni valori permanenti. Non sempre è facile riconoscerli, ma accettarli conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale. Tali valori di base vanno al di là di ogni consenso. Desidero richiamare specialmente il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa».
Il diritto naturale, che esprime principi di “umanesimo perenne”, validi e vivi in ogni tempo e in ogni spazio perché, in verità, costitutivi delle stesse “genti” e delle loro societates, è, dunque, per Papa Francesco non solo qualcosa da riscoprire, ma la base indispensabile, il minimo comune denominatore per l’indispensabile, proficua collaborazione tra popoli e governi.
Martedì, 11 gennaio 2022