II domenica del Tempo ordinario
(Is 62, 1 – 5; Sal 95; 1Cor12, 4 – 11; Gv 2, 1 – 11)
Manca il vino della festa anche in una cultura che tende a prescindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnano piuttosto la carenza. Appartiene ad una cultura priva del vino della festa anche l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore. Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: «Qualsiasi cosa vi dica fatela» (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!
Maria ci insegna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la parola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si muta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Cana, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo dell’Eucarestia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e ci trasforma.
Non smarrite l’importanza vitale di questo incontro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi, perché dall’Eucarestia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum Caritatis, nn.71 – 72). E non avrete allora paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo «grande mistero», nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31 – 32). Seguendo l’invito della Vergine Madre – «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» – non vi mancherà il gusto della vera festa e saprete portare il «vino migliore», quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Quando guardiamo le riproduzioni rinascimentali del miracolo di Cana di Galilea, banalità, frivolezza e mondanità si percepiscono subito: tendenze velenose in atto fin da allora, di cui oggi vediamo il frutto maturo. Non indoviniamo facilmente chi vi è rappresentato come personaggio principale: Gesù? Gli sposi? Gli ospiti con il vino? Questa incertezza è caratteristica. Che cosa si considera principale quando si celebra un matrimonio cristiano? I pittori rappresentano con tanta abbondanza di fantasia la tavola imbandita, di solito non dipingono con finezza i volti degli sposi e di Cristo fanno soltanto un donatore di buon vino. Allora la pittura diventa profana e anche la concezione del matrimonio perde di significato: si limita al godimento della tavola, abbandonata non appena uno si sente saziato in abbondanza. C’è una differenza fondamentale tra chi: “va a passeggio accompagnato” e chi è chiamato e mandato nel mondo, a mostrare nel matrimonio lo stesso Amore di Dio, stabile e indissolubile, più forte della morte. Può darsi che vi sia qualche momento faticoso, ma Gesù ci ha mostrato come salire sul Calvario, restando vicino al Padre. Tutti i cristiani sono apostoli, secondo la loro chiamata, inviati da Dio. Se smettono di chiedersi dove devono andare, non seguiranno più Gesù. La sequela di Cristo non si realizza solo con qualche emozione dei sentimenti una volta alla settimana in chiesa. Proprio oggi dobbiamo essere consapevoli che deve penetrare tutta la vita, affinché i credenti siano il sale della terra (cfr Mt 5,13). Nella Chiesa si è sempre sottolineato il celibato, la verginità come sacrificio più perfetto. Forse si parlava poco del sacrificio cristiano che vivono gli sposati. Nel rito bizantino – da circa dieci anni anche in quello cattolico – durante la cerimonia sponsale vengono poste sul capo degli sposi delle corone, che ricordano la corona dei martiri, cioè di coloro che diedero testimonianza a Cristo in mezzo ad un mondo ostile.
Forse mai come oggi l’autentica vita cristiana è un martirio, testimonianza della forza dello Spirito Santo sopra la debolezza della carne. La giusta relazione con il coniuge – conquista quotidiana, mai scontata – avviene solo per mezzo di Gesù Cristo, secondo la dignità della nuova creazione ricevuta nel Battesimo.
Domenica, 16 gennaio 2022