IV domenica del Tempo ordinario
(Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30)
Il brano odierno ci lascia colmi di perplessità di fronte al comportamento, apparentemente contradittorio, dei concittadini di Gesù. Da una parte sono meravigliati per le parole di grazia che escono dalla sua bocca; dall’altra rimangono increduli di fronte a uno di loro che proclama di essere l’Unto del Signore. Proprio nel suo villaggio natale Gesù si trova innanzi al dilemma che d’ora in poi attraverserà tutta la storia umana. Gli uomini non hanno difficoltà a riconoscere la straordinaria grandezza umana di Gesù. Chi, se lo guarda senza pregiudizi, non è colpito dalla sua sapienza, dalla sua bontà e dalla sua nobiltà d’animo? Anche gli abitanti di Nazareth furono impressionati dal fascino del loro concittadino. Quando però Gesù si propone nella sua dimensione divina, chiedendo la fede e l’adorazione, ecco che scatta implacabile la molla del rifiuto.
C’è una resistenza del cuore umano di fronte al mistero della persona di Gesù che non va sottovalutata. Lo si accetta come uomo, ma lo si respinge come Dio. Lo stesso accade per la Chiesa, che è il prolungamento di Gesù nella storia. La si stima come istituzione umana, ma la si contesta nella sua dimensione divina. Il mistero dell’Incarnazione di Dio, che è il cuore del Cristianesimo, trova un’opposizione sorda e tenace nel cuore di molti uomini. Secondo il vecchio catechismo, uno dei peccati contro lo Spirito Santo è l’invidia per la grazia altrui. Quando una persona, che condivide le miserie e i limiti della nostra vita quotidiana, riceve da Dio delle grazie particolari, noi facciamo fatica ad accettarlo. Nel fondo del nostro cuore mormoriamo: “Perché lui e io no?”. Il cuore umano si lascia sopraffare dall’invidia, quando vede un suo simile che è fatto oggetto di predilezione. Gli uomini non accettano facilmente che uno che é come loro si ponga al di sopra e si proclami loro Dio e Redentore. L’affermazione di Gesù di essere l’unico Salvatore non cessa di suscitare le più aspre reazioni. Il veleno dell’orgoglio acceca gli ascoltatori. Essi non comprendono l’umiltà di Dio, il quale si è spogliato dello splendore della sua divinità per diventare un nostro fratello, che condivide le debolezze della nostra umanità. Comprendere l’infinita umiltà del tuo Creatore è una delle più grandi grazie del cammino spirituale, che non devi stancarti di chiedere.
L’invidia ha causato i più grandi delitti compiuti fra le creature. Tale fu infatti il peccato di Satana, che non sopportava lo stato di eccellenza in cui erano stati collocati i progenitori. Caino non uccise forse Abele perché i suoi sacrifici erano meno accetti a Dio di quelli di suo fratello? L’invidia della grazia altrui scatena irrefrenabili impulsi omicidi nel cuore dell’uomo. La divinità di Cristo è stata mal sopportata dai suoi contemporanei e lo è tutt’ora, anche dagli uomini del nostro tempo. Fino alla conclusione della storia una parte dell’umanità, istigata segretamente dal maligno, non accetterà di riconoscere Gesù come Signore e Dio, e combatterà la Chiesa per cancellarne il ricordo. Gli abitanti di Nazareth, dopo aver ammirato la sapienza e la grazia di Gesù, dinanzi alla sua pretesa di essere il Messia promesso lo trascinano sul ciglio del monte, su cui era costruita la città, per gettarlo giù nel precipizio. Se vogliamo renderci conto a che punto siamo del nostro percorso cristiano, chiediamoci anzitutto chi è per noi Gesù Cristo. Da quando Dio si è fatto uomo, ogni esistenza umana è posta davanti a Lui. Perfino i non cristiani che non lo conoscono decidono del loro destino eterno accogliendo o respingendo nell’intimo del loro cuore la grazia della salvezza, che a tutti viene offerta da Cristo.
Non si ritenga cristiano chi crede vagamente in Dio. E’ davanti a Gesù che dobbiamo piegare le ginocchia. E’ Lui che dobbiamo accogliere nella nostra vita. Possiamo oggi chiederci se ci siamo mai veramente posti innanzi a Lui, guardandolo veramente negli occhi. Forse scopriamo che, per tanti aspetti della nostra vita, non ci siamo mai confrontati con Lui, pur avendo Egli bussato più volte alla nostra porta. Lo scopo degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio di Loyola è, appunto, quello di fare deserto e tabula rasa anche delle scelte che daremmo più scontate nella nostra vita. Tutto nella nostra vita necessita di essere confermato, perdonato e perfezionato dal consiglio salvifico del nostro Salvatore.
Domenica, 30 gennaio 2022